Aprilia (azienda)

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Citazioni su Aprilia, azienda motociclistica italiana.

Citazioni[modifica]

  • È vero che il modo più veloce per aumentare il know how aziendale è andare a pescare professionalità in casa d'altri, perché sono le persone che trasferiscono le proprie conoscenze; me ne occuperò di sicuro, ma devo stare attento perché a Noale c'è una cultura molto legata al territorio. Qui nei reparti si parla veneto, non italiano, e vuol dire molte cose, che vanno studiate attentamente. Noale non c'entra nulla con la Motor Valley, eppure qui si è creata una cultura da zero, e qui è rimasta. Secondo me questa è una risorsa: se l'azienda iniziò a vincere partendo da qui, deve ricominciare da qui. (Massimo Rivola)
  • Mi sono imbattuto in una moto a 12 anni e ho capito subito che non sarei più sceso dalla sella. L'ho scritto anche in un tema: la traccia chiedeva cosa avremmo fatto da grandi. Il succo del mio elaborato era: "Abiterò in Italia, guiderò un'Aprilia e avrò dei figli". (Eugene Laverty)
  • [«Perché ti considerano il papà del reparto corse Aprilia?»] Quando arrivai in Aprilia, decisi di creare know-how, utilizzando le tecnologie che si trovavano in Europa. Appoggiarsi ai giapponesi avrebbe significato utilizzare materiale di "Serie B" [mentre] volevo sviluppare quello che i giapponesi non avevano, creando un sistema italiano-europeo. Avevo molta esperienza sui due tempi con ammissione a disco rotante. Tutti dicevano che era una tecnologia vecchia, superata. Io, però, continuavo a dire: "Seguiamo la nostra strada e alla fine si vedrà chi ha ragione". Volevo diversificare, non tanto per il gusto di avere qualcosa di particolare ma per battere la concorrenza. [«Il tuo progetto divenne vincente in fretta...»] Siamo arrivati al punto che i giapponesi si sono interessati alla nostra tecnologia. Yamaha e Honda hanno cercato di copiare Aprilia, costruendo un prototipo con motore a disco rotante. La Yamaha lo ha fatto anche correre con Tetsuya Harada, ma di fatto nessuno dei due funzionava bene, perché i giapponesi hanno fatto quello che volevano far fare a me, cioè copiare. Quando ho visto che loro stavano cercando di copiare, che è sinonimo di non capire bene come migliorare, sono stato contento. Quando copi il lavoro di altri, se sei molto, molto bravo, al massimo puoi ottenere lo stesso risultato di colui che hai voluto copiare. (Jan Witteveen)

Ivano Beggio[modifica]

  • Gran parte dei nostri concorrenti erano in difficoltà: Ancillotti, Aspes, Malanca, Moto Gori, SWM, Testi, TGM non seppero seguire il cambiamento e, tra il 1984 ed il 1986, chiusero tutte i battenti. Molti dei loro geniali ed appassionati tecnici vennero assorbiti in Aprilia, costituendone l'ossatura e contribuendo ai successi futuri. [...] A questi anni ed all'accordo con Rotax possono essere ricondotte le radici della "fabbrica flessibile" o "azienda a rete", filosofia che ci contraddistinguerà e sarà anche oggetto di importanti studi universitari. In azienda c'erano progettazione, ricerca, collaudi e marketing, mentre tutta la componentistica veniva realizzata presso fornitori qualificati pienamente integrati nel processo produttivo fin dalle fasi di progettazione. Si trattava della prima applicazione nel settore dell'alta tecnologia di un metodo largamente usato nella manifattura veneta che permette una crescita molto più veloce e ponderata, a fronte di margini di guadagno inevitabilmente inferiori. Ebbi a definire questo sistema "olonico", termine che indica una realtà flessibile che detiene all'interno la parte più nobile, ovvero la conoscenza, e delega all’esterno il resto. Tale filosofia si rivelò vincente sotto molti punti di vista, consentendoci di ridurre drasticamente i tempi di realizzazione di un nuovo modello e mettendoci quindi nella condizione di proporre mezzi sempre nuovi ad una clientela affamata di novità. In pratica, il ciclo di vita medio di una moto poteva passare da cinque anni a 24 mesi, rendendo più facile l'introduzione puntuale dei vari "model year". [...] Quando, abbagliati dai grandi successi commerciali, rinnegammo questa filosofia [...], ne pagammo le conseguenze.
  • Il perché del nome Aprilia. Fu mio papà Alberto a sceglierlo quando iniziò a costruire biciclette, perché era rimasto ammaliato dalla Lancia Aprilia, una vettura di media cilindrata molto innovativa e molto bella, lanciata dal marchio torinese nel 1937. [...] Quando iniziai a costruire le moto rimase stupito e un po' perplesso; gli spiegai però quale sarebbe stata la mia visione del medio periodo e lo trovai pienamente d'accordo... [...] È stato un onore perpetuare nelle mie nuove moto il nome Aprilia che lui aveva voluto.
  • Negli anni '90, ogni week end, in ogni nazione, in ogni campionato, torme di Aprilia riempivano le griglie. Non posso non pensare, con un pizzico di presunzione, che probabilmente senza Aprilia e la sua genuina vocazione sportiva il mondo delle competizioni sarebbe stato meno ricco e forse alcuni ottimi piloti non avrebbero mai potuto dimostrare il loro talento.
  • Si potrebbe immaginare che Aprilia abbia dovuto superare una difficoltà in più nell'essere dislocata in mezzo alla campagna veneta, lontano dai più popolari fornitori. In realtà, credo che da nessuna parte avrei trovato una manodopera altrettanto motivata, in grado di vivere l'azienda con tale intensità. Costruire moto in una terra contadina era motivo di orgoglio. Per tanti anni fu prassi che le persone andassero a lavorare anche dopo cena se c'erano urgenze: semplicemente, l'ultimo che usciva teneva le chiavi e le riportava al mattino [...]. Con il crescere delle dimensioni, ovviamente tale familiarità un po' si perse, ma è sempre rimasto nelle corde di Aprilia quel senso originale di comunità, di amicizia, di abnegazione che ancora oggi mi commuove. Spesso, solo quando una cosa finisce ci si rende conto della sua straordinarietà.

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