Assedio di Gerusalemme (70)

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La fase iniziale dell'assedio di Gerusalemme

Citazioni sull'assedio di Gerusalemme dell'anno 70, nel corso della prima guerra giudaica.

Moïse Schwab[modifica]

  • Gli Ebrei così rinchiusi [in Gerusalemme], non tardarono a provare tutti gli orrori dell'assedio. Le provvigioni accumulate nei granai non potevano bastare a lungo ai numerosi abitanti ed alla popolazione accorsa dal di fuori per cercare uno scampo contro il furore del nemico. Ben presto la fame invase l'infelice città e la ridusse agli estremi; i pochi viveri rimasti salirono ad un prezzo esorbitante; i ricchi ed i sospetti di favoreggiare il partito degli accordi coi Romani furono accusati di nascondere le provvigioni e fatti segno ai più crudeli oltraggi; si divorarono gli animali più immondi, gli alimenti più schifosi; si mangiarono pelli, cuoio, scorze macinate e fieno pilato, in una parola tutte le sostanze colle quali la fame s'ingegna d'ingannare i bisogni dello stomaco. Il pensiero rifugge alla vista degli atti inauditi ispirati dal rabbioso stimolo della fame. I soldati entravano nelle case, penetravano in tutti i ripostigli ed involavano agli infelici abitanti i pochi alimenti che avevano conservalo. In quelle perquisizioni una disgraziata madre gettò davanti ai guerrieri spaventati gli avanzi d'un pasto esecrabile; essa aveva mangiato il proprio fanciullo, divorato il frutto delle sue viscere...
  • Questa città era difesa da forti mura e numerose torri, le quali separando e proteggendo i cinque quartieri della città, ne facevano altrettante fortezze indipendenti, l'una all'altra per tal modo sovrapposte, che ciascuna richiedeva un assedio a parte. Il generale romano [Tito], apprezzando il valore de' suoi nemici e prevedendo una vigorosa resistenza, fece loro proposizioni di pace. Ma gli Ebrei non volevano né potevano trattare. Accettare la dominazione romana era abdicare alla loro nazionalità e rinunciare alla propria fede; entrambe sarebbero in breve scomparse sotto l'abile e prodigioso lavoro d'assimilazione, al quale Roma sottometteva i popoli amalgamati nel suo vasto impero. La lotta offriva loro altre alternative: vincitori, ristabilivano il governo nazionale e la religione di Dio; vinti, la loro caduta era un'ultima protesta contro l'abuso della forza e cadendo, il sangue di ogni martire ravvivava le sorgenti della fede. D'altronde il partito della resistenza era già padrone della città, ed i zelanti esaltati, pei quali la moderazione stessa era un delitto, punivano coll'estremo supplizio ogni velleità di accomodamento coi Romani.
  • Tutti i mezzi di cui può servirsi l'arte di difendere e di assalire le città, tutti gli stratagemmi che essa può inventare, tutto il coraggio, l'eroismo e la perseveranza che possono ispirare l'accanimento dell'assalto e la disperazione della difesa, tutto fu messo in opera da ambe le parti con un ardore senza pari. I Romani ricominciavano per la terza volta i loro immensi lavori. Tito fece agli assediati nuove proposte di pace, che furono respinte. Allora, per spaventare gli Ebrei colla vista dei supplizi che loro riserbava, il generale romano, con una barbarie ben lontana da quel carattere di bontà che gli storici, gli attribuiscono, fece mettere in croce davanti ai bastioni tutti i prigionieri che cadevano nelle sue mani. Gli Ebrei dall'alto delle mura rispondevano con imprecazioni e col supplizio di quelli che proponevano di entrare in accordo col nemico.

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