Agostino Calmet
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Augustin Calmet (1672 – 1757), religioso benedettino.
Dissertazioni sopra le apparizioni de' spiriti, e sopra i vampiri, o i redivivi d'Ungheria, di Moravia ec.
[modifica]Incipit
[modifica]- So benissimo aver molti Autori scritto intorno le Apparizioni degli Angeli, dei Demoni, e delle Anime separate da' corpi, né ciò tanto presumo della mia capacità per credere di meglio riuscire di quello ch'essi han fatto, e di sorpassare le discoperte fatte da essi. Preveggo di espormi alla critica, e fore alle risa di parecchi leggitori, i quali tengono questa materia per rancida, e discreditata appresso i Filosofi, i Letterati, e molti Teologi ancora,; né devo far conto dell'approvazione del popolo, il quale, siccome è di torto discernimento, così non può essere giudice competente in si fatta materia. Io non intendo fomentare la superstizione, né di mantenere la vana curiosità dei visionari, e di coloro, che senza esame credono tutto ciò, che sentono a dire, quando vi trovino del meraviglioso, e soprannaturale. Io scrivo solamente per gli spiriti ragionevoli, e non prevenuti, i quali seriamente, e a sangue freddo esaminan le cose; parlo solamente per quelli, che non danno il loro assenso alle verità conosciute se non con maturità, che sanno dubitare nelle cose incerte, sospendere il loro giudizio nelle dubbiose, e negare ciò, che manifestamente è falso. (Dissertazione I, prefazione)
Citazioni
[modifica]- Come Istorico cercherò di scoprire la verità dei fatti; come Filosofo ne esaminerò le cagioni, e le circostanze; finalmente i lumi della Teologia mi suggeriranno delle conseguenze riguardo alla Religione. (Dissertazione I, prefazione, p. iv)
- Io mi dichiaro, che tengo per vere tutte le Apparizioni riferite nei libri Sacri del Vecchio e del Nuovo Testamento, senza però pretendere, che non sia lecito lo spiegarle, e ridurle a un senso naturale, levando da esse il troppo mirabile, che potrebbe offendere le persone illuminate. (Dissertazione I, prefazione, p. vi)
- La più comune maniera, in cui nel Vecchio, e nel Nuovo Testamento comparirono gli Angeli buoni, si è sotto forma umana: sotto questa figura si sono fatti vedere ad Abramo, a Lot, a Giacobbe, a Mosè, a Giosue, a Manue padre di Safone, a David, a Tobia, ai Profeti. E nel Testamento Nuovo sono apparsi sotto la stessa forma alla B. Vergine, a Zaccaria padre di S. Giambatista, a Gesù Cristo dopo il suo digiuno di quaranta giorni, e nell'orto degli ulivi in tempo di sua agonia, e dopo la Risurrezione del Salvatore si fecero nella stessa figura vedere alle sante Donne. (Dissertazione I, Capitolo III, Sotto qual forma sono comparsi gli Angeli buoni, pp. 3-4)
- I Cherubini, di cui spesso parlasi nella Scrittura, e che sono dipinti come serventi di Trono alla Maestà di Dio, erano figure jeroglifiche, appresso poco come le Sfingi Egiziane. (Dissertazione I, capitolo III, Sotto qual forma sono comparsi gli Angeli buoni, p. 4)
- Senza prendere alcuna figura sensibile danno tal volta gli Angeli qualche segno della loro presenza per mezzo di voci intelligibili, d'ispirazioni, di effetti sensibili, di sogni, di rivelazioni di cose ignote, future o passate, tal volta cagionando una cecità, una vertigine, una stupidezza di spirito in coloro, cui vuole Iddio far sentire gli effetti del suo sdegno. (Dissertazione I, capitolo III, Sotto qual forma sono comparsi gli Angeli buoni, p. 5)
- I Maomettani credono come gli Ebrei, e come i Cristiani, che gli Angeli buoni appariscano tal volta agli uomini sotto forma umana; che in questa figura abbian punito gli abitanti di Sodoma, che l'Arcangelo Gabriele sia comparso a Maometto e gli abbia rivelato ciò che riferisce nel suo Alcorano, che i Geni siano d'una natura di mezzo tra l'uomo, e l'Angelo, ch'essi bevano, mangino, generino, muoiano, e prevedano le cose future. In conseguenza di questo principio credono esservi dei Geni maschi, e femmine, che i maschi dai Persiani chiamati Dives sono cattivi, nocivi, e fan guerra ai Peris, che sono le femmine. Vogliono i Rabbini, che questi Geni sian nati di Adamo solo, senza il concorso di Eva sua moglie, né d'altra femmina, e che sian quelli appunto da noi chiamati Spiriti folletti. (Dissertazione I, capitolo IV, Opinione degli Ebrei, di Christiani, dei Maomettani, e degli Orientali su le Apparizioni degli Angeli buoni, p. 6)
- I Greci e i Romani hanno, siccome gli Ebrei, e i Cristiani, distinte due sorte di Geni, gli uni buoni, e benefici, gli altri cattivi e nocevoli. Credevano in oltre gli Antichi, che ognun di noi ricevesse dagli Dei al nascere un Genio buono, ed un cattivo: il buono ci portava al bene, il cattivo al male, il primo ci procurava beni e prosperità, il secondo ci preparava de' sinistri incontri, c'ispirava della scostumatezza, ci cagionava le maggiori disgrazie. (Dissertazione I, capitolo V, Opinione dei Greci, e dei Romani su le Apparizioni dei Geni buoni, p. 7)
- Da quanto abbiam detto risulta, che le Apparizioni degli Angeli buoni non solamente sono possibili, ma vere e reali, ch'essi sono appariti sovente, e sotto forme diverse, che gli Ebrei, i Cristiani, i Maomettani, i Greci, i Romani le hanno credute, che quando non sono sensibilmente comparsi, in differenti maniere han dato segni della loro presenza. (Dissertazione I, capitolo IV, Opinione degli Ebrei, di Christiani, dei Maomettani, e degli Orientali su le Apparizioni degli Angeli buoni, p. 9)
- Ci raccontano molte Storie antiche e moderne, che sia apparito il Demonio a quelli, ch'egli voleva sedurre, a quelli che lo invocarono per far seco qualche patto, sotto la figura d'uomo, di statura più che ordinaria, vestito di nero, di ceffo orribile, facendo mille belle promesse a quelli, ai quali si dava a vedere; ma promesse sempre fallaci, senza mai avere un effetto reale, anzi io crederei, che in queste persone la prevenzione, e'l turbamento della immaginazione potesse loro far credere ciò che non era se non nella loro idea turbata, e scomposta. (Dissertazione I, capitolo VI, Delle Apparizioni degli Angeli cattivi, sotto qual forma son essi comparsi?, p. 10)
- Fra le Apparizioni, e le operazioni di Satana mettiamo ancora i falsi Cristi, i falsi Profeti, gli Oracoli dei Pagani, i Maghi, gli Stregoni, le Streghe, quelli che sono invasi dallo Spirito di Pitone, gli ossessi, e i posseduti da i Demoni; quelli che si vantano di predire il futuro, e tal volta hanno effetto le lor predizioni, quelli, che fan patti col Demonio per discoprire tesori, e per arricchirsi; quelli che usano malefici per viaggiare con una diligenza straordinaria, i Demoni incubi, e succubi; le evocazioni per mezzo della Magia, gl'incantesimi, la malìe, la morte, le furberie de' Sacerdoti Idolatri, i quali fingevano che i loro Dei bevessero e mangiassero, e amassero il commerzio colle donne. Tutto questo esser non può se non opera di Satanasso, e deve mettersi nel numero di quelle cose, che la Scrittura chiama le profondità di Satanasso. (Dissertazione I, capitolo VI, Delle Apparizioni degli Angeli cattivi, sotto qual forma son essi comparsi?, p. 12)
- Si dice che i Maghi e i Streghoni da per sé medesimi, quando cadono in mano de' Giudici, e degli Inquisitori, sono molte volte i primi a sostenere, che la magia, e la Stregoneria altro non sono che immaginazioni, ed effetti della prevenzione, e di errori popolari. Se così fosse, Satanasso distruggerebbesi da sé stesso, e rovinerebbe il suo imperio, quando disereditasse a tal segno la Magia, di cui è l'autore, e'l sostegno. Se poi sono i Maghi, che di suo capriccio, e indipendentemente dal Demonio sanno questa dichiarazione, essi vengono molto semplicemente a tradirsi, e non fanno punto migliore la loro causa, poiché con tutta la loro disapprovazione i Giudici li puniscono sempre senza misericordia, persuasi, che così parlino per timor del supplizio, e per la speranza di andare impuniti. (Dissertazione I, capitolo VII, Della magia, p. 12)
- Da tutte queste testimonianze, insieme unite risulta, che la Magia, gl'Incantesimi, la Stregoneria, la Divinazione, l'Interpretazione de' sogni, gli Auguri, gli Oracoli, e le figure magiche, che presagiscono l'avvenire, son tutte cose realissime, poiché Iddio le condanna cotanto severamente, e vuole che siano puniti di morte coloro, che l'esercitano. (Dissertazione I, capitolo VII, Della magia, p. 14)
- Al Demonio si attribuiscono mille cose, nelle quali non ha parte alcuna: se gli dà l'onore di predizioni, di rivelazioni, di secreti, di scoperte, che non sono mai effetto di sua potenza, e penetrazione, in quella guisa, che lo si accusa d'aver cagionato dei mali, delle tempeste, delle malattie, le quali sono puri effetti di cause naturali, ma ignote. (Dissertazione I, capitolo IX, Risposta alle Obbiezioni, p. 15)
- Si sono sempre vantati i Greci d'aver appresa l'arte Magica dai Persiani, o dai Battriani: pretendono, che Zoroastro l'abbia loro comunicata: ma quando si tratta di fissare il tempo in cui Zoroastro è vivuto, ed ha insegnato loro questi perniciosi secreti, si allontanano moltissimo dal vero, e dal verisimile. Alcuni mettono Zoroastro 600 anni prima della spedizione di Serse in Grecia, avvenuta l'anno del Mondo 3523, prima di G.C. 477 anni. Altri 500 anni prima della guerra di Troia, altri 5000 anni prima di questa guerra famosa, ed altri 6000 anni prima. Credono alcuni, che Zoroastro sia lo stesso, che Cam figliuolo di Noe; altri vogliono esservi stati molti Zoroastri. Quello che pare fuor di dubbio si è, che il culto superstizioso di molto numero di Dei, la Magia, la Superstizione, gli Oracoli, sono cose venute dagli Egiziani, dai Caldei, o dai Persiani ai Greci, e dai Greci sono passate ai Latini. (Dissertazione I, capitolo XI, Magia appresso i Greci, e i Romani, p. 21)
- Non si deve dubitare, che Iddio con la sua onnipotenza non possa fare tutto ciò che vuole; ma che il Demonio, il quale è di una natura spirituale, non può far niente senza la permissione di Dio, i cui giudizi son sempre giusti; che il Demonio non può cambiare la natura né dello spirito, né del corpo dell'uomo per convertirlo in bestia, ma solamente agire sulla fantasia, o su l'immaginazione dell'uomo, e fargli credere d'essere quel che non è; ovvero che resti profondamente addormentato, e crede durante il sonno di portar pesi, che il Demonio porta per lui; ovvero affascina gli occhi di coloro, che credono di vederli portare da animali, o da uomini trasformati in animali. (Dissertazione I, capitolo XII, Esempli, che provano la realtà della Magia, p. 23)
- Quando seriamente si rifletta su le predizioni del Demonio, si osserva, che il più delle volte egli non annunzia se non quello che egli medesimo deve fare. Imperciocché Iddio qualche volta gli permette di far nascere malattie, di corrompere l'aria, e introdurvi certe qualità atte a infettare gli uomini, e portare i cattivi a perseguitare, e danneggiare le persone dabbene. Egli opera quelle cose tutte in una maniera occulta, e con mezzi ignoti ai mortali, e proporzionati alla sottigliezza della di lui natura. Oltre di che può annunziare ciò ch'egli da certi segni naturali non conosciuti dagli uomini ha preveduto dover succedere, presso poco come un Medico col secreto della sua arte, e colla sperienza prevede gli accidenti, e i sintomi d'una malattia, che nessun altro avrebbe potuto prevedere; nella stessa guisa il Demonio, conoscendo il nostro temperamento, e le occulte disposizioni degli umori del nostro corpo, può predire le malattie, che indi nascono. Può discoprire ancora i nostri pensieri, e le nostre secrete passioni, e desideri, da certi eterni movimenti, da certe parole a caso pronunziate, delle quali si serve per discoprire le nostre interne disposizioni, donde inferisce, che s'abbiano a fare, o intraprendere alcune cose, che sono effetti di questi pensieri, e di queste disposizioni. (Dissertazione I, capitolo XV, La certezza dell'avvenimento non è sempre una prova, che la predizione venga da Dio, p. 31)
- Tal volta i Demoni ingannano a bella posta gli uomini, che sono stati tanto sciocchi da riporre in essi la sua confidenza; ma d'ordinario ne attribuiscon la colpa a coloro, che di suo capriccio han preteso d'interpretare i loro discorsi, e le loro predizioni. (Dissertazione I, capitolo XV, La certezza dell'avvenimento non è sempre una prova, che la predizione venga da Dio, p. 31)
- Voler fare una descrizione del congresso notturno egli è un voler descrivere ciò che non esiste, e non vi fu giammai, se non nella sciocca e stravolta immaginazione de' Stregoni, e delle Streghe. (Dissertazione I, capitolo XVII, De' Stregoni, e delle Streghe, p. 34)
- Tutta la religione ha le sue chiarezze, e le sue oscurità: Iddio così ha permesso a fin che i giusti abbiano in che esercitare la loro fede credendo, e gli empi, egl'increduli periscano nella loro empietà, e incredulità volontaria. (Dissertazione I, capitolo XX, Obbiezioni contro le Ossessioni, e le Possessioni del Demonio. Risposta alle obbiezzioni, p. 51)
- Abbiamo di già osservato, che molte volte il Demonio sembra operare contro i suoi propri interessi, e distruggere il proprio imperio, dicendo, che quanto raccontati dell'Apparizione dell'anime, delle Ossessioni, e Possessioni del Demonio, de' Sortilegi della Magia, della Stregoneria, non son che racconti atti a spaventare i fanciulli, che tutte queste cose non hanno reale esistenza se non nel cervello, e nella immaginazione degli Spiriti deboli, e prevenuti. (Dissertazione I, capitolo XX, Obbiezioni contro le Ossessioni, e le Possessioni del Demonio. Risposta alle obbiezzioni, p. 51)
- Se alcune volte il Demonio vuol far passar per chimere, e per illusioni le Apparizioni, le Ossessioni, le Possessioni, la Magia, le Stegherie, e se con ciò mostra di rovinare il suo regno fino a negare gli effetti più evidenti, e più sensibili del suo potere, e della sua presenza, e imputar tutte quelle cose alla debolezza di Spirito, ed alla sciocca prevenzone degli uomini, egli non ne riporta da tutto questo se non vantaggio. Imperciocché s'egli persuade tutte queste cose, il suo imperio sarà vie più sodamente stabilito, perché in tal guisa non verrà più combattuto, e resterà a godere in pace le sue conquiste. (Dissertazione I, capitolo XX, Obbiezioni contro le Ossessioni, e le Possessioni del Demonio. Risposta alle obbiezzioni, pp. 51-52)
- Iddio ha messo confini alla sua malizia. Egli molte volte s'inganna, ed usa molte volte artifizi, e raggiri per non mostrar d'ignorare ciò, che in fatti ignora, e per far credere di non voler fare ciò, che Iddio non gli permette di fare. Il suo potere è sempre circoscritto, e limitate le sue cognizioni; ma molte volte ancora inganna, e seduce per malizia, siccome padre della bugia. (Dissertazione I, capitolo XX, Obbiezioni contro le Ossessioni, e le Possessioni del Demonio. Risposta alle obbiezzioni, p. 52)
- Una nuova scena s'apre a nostri occhi in questo secolo da sessant'anni in circa in Ungheria, in Moravia, nella Slesia, in Polonia: vi si vedono per comun detto uomini morti da molti anni, o per lo meno dal molti mesi, ritornare, parlare, camminare, inquietare i villaggi, offendere gli uomini, e gli animali, succhiare il sangue de' suoi propinqui, portare ad essi malattie, e farli morire, di maniera che non si può liberarsi dalle visite moleste, e dalle inquietudini di costoro, se non col disotterrarli, impallarli, tagliar loro la testa, strappar loro il cuore, ovvero abbrucciarli. A costoro che ritornano dassi il nome di Oupiri, o Vampiri, vale a dire sanguisughe, e se ne raccontano particolarità cotanto singolari, precise, e vestite di circostanze così probabili, e d'informazioni così giuridiche, che bisogna quasi adottar l'opinione, che corre in que' paesi, che coloro escano realmente da' loro sepolcri, e cagionino tutti quegli effetti, che comunemente li dicono. (Dissertazione II, prefazione, p. 125)
- In un certo Cantone dell'Ungheria, chiamato in latino Oppida Heidonum di là dal Tibisco, detto comunemente Teisse, cioè tra questo fiume che bagna il felice territorio di Tockaj, e la Transilvania, il popolo, che volgarmente si chiama Heiduco, crede che certi morti, da essi chiamati Vampiri, succhiano ai vivi tutto il sangue, così che si vanno estenuando a vista, laddove i cadaveri a guisa di sanguisughe si riempiono tanto di sangue, che si vede manifestamente uscire per i condotti, e per i pori ancora. Vien confermata questa opinione da molti fatti, de' quali pare non potersi dubitare, se si riguardi la qualità de' testimoni, che ne fan fede. (Dissertazione II, capitolo X, Altri esempi di Risurgenti. Continuazione dello Spicilegio d'Olanda (b), p. 136)
- Esaminando la relazione della morte de' pretesi martiri del Vampirismo, vi ritrovo tutti i sintomi d'un fanatismo epidemico, e veggo ad evidenza, che la vera cagione della lor morte è l'impressione gagliarda dello spavento. [...] Chiunque abbia gli occhi un poco Filosofici vede al solo racconto, che questo preteso Vampirismo non è altro che una immaginazione alterata. (Dissertazione II, capitolo XII, Continuazione dello Spicilegio Olandese, p. 139)
- Si dice che'l Vampiro ha una spezie di fame, che gli fa mangiare il panno lino, in cui è involto. Questo redivivo o Oupiro uscito dalla sua sepoltura, o sia il Demonio sotto la di lui figura, va la notte, abbraccia e stringe con violenza i suoi parenti, i suoi amici, succhia loro il sangue a segno che perdon le forze, e a poco a poco estenuandosi muoiono. Questa persecuzione non si ferma in una sola persona, si estende a tutte quelle della famiglia, quando però non si decapiti il Risurgente, o non se gli apra il cuore, disotterrando il di lui cadavere, che si trova nel sepolcro molle, flessibile, carnofo, e rubicondo, ancorchè morto da lungo tempo. Esce dal di lui corpo gran copia di sangue, e alcuni lo raccolgono, lo mescolan con farina, e ne fan pane, e questo pane mangiato cotidianamente li preferva dalla vessazione dello Spirito, che non ritorna più. (Dissertazione II, capitolo XIII, Relazione tratta dal Mercurie galante dell'anno 1693, e 1694, sopra i Risurgenti, p. 141)
- Questi Vampiri non si sentono se non in certi paesi, come in Ungheria, la Moravia, in Silesia, dove tali malattie son più comuni, e i popoli nutriti di cibi cattivi sono sottoposti a certi incomodi cagionati e dai cibi, e dal clima, e accresciuti dai pregiudizi, dalla fantasia, e dalla paura, capace di produrre, o di aumentare le malattie più grave e pericolose, siccome pur troppo la quotidiana sperienza lo prova. Che poi a detto di alcuni i morti mangino, e mastichino a guisa di porci ne' loro sepolcri, ella è una cosa apertamente favolosa, e unicamente fondata sopra ridicole prevenzioni. (Dissertazione II, capitolo XLV, Discorso sopra di questa materia, p. 175)
- Amessi questi fatti, ch'io credo incontrastabili, non è irragionevole il credere, che i Vampiri d'Ungheria, di Slesia, e di Moravia sian uomini morti di malattie infiammative, ed abbiano anche sepolti conservato un resto di vita, presso poco come quegli animali, di cui abbiamo parlato, e come quegli uccelli, che d'Inverno si cacciano in fondo ai laghi, e alle paludi di Polonia, e de' Paesi Settentrionali: questi son senza vita, e ripigliano il moto, e l'attività, quando al ritorno di Primavera il Sole riscalda le acque, o quando si metton vicini a un fuoco moderato, o s'involgono in un panno caldo, allora si vedono rivivere, e fare le lor funzioni ordinarie, sospese in passato dal freddo. Così nel loro sepolcro i Vampiri dopo un certo tempo ripiglian la vita, e la loro anima asolutamente non li abbandona se non dopo la totale dissoluzione, e scomponimento delle parti del corpo, e quando guasti e scompaginati gli organi ella più non può fare le sue funzioni vitali, per mezzo di essi, donde nasce, che i popoli dei paesi accennati l'impalano, li decapitano, li abbruciano per togliere alle loro anime ogni speranza di animarli di nuovo, e di servisene per dal molestia ai viventi. (Dissertazione II, capitolo XLIX, Applicazione di questi esempi ai Vampiri, p. 180)
- Che i corpi, i quali son morti di malattia violenta, ovvero giustiziati essendo in piena sanità, ovvero semplicemente svenuti, vegetin sottoterra, e nelle sepolture, che loro cresca la barba, i capegli, le unghie, che mandin fuori sangue, che sien flessibili, e maneggevoli, che non puzzino, che mandino escrementi, ed altre simili cose non è questo che c'imbarazzi: la vegetazione del corpo umano può benissimo produrre tutti questi effetti, che mangino, e divorino quel che si trovan d'intorno, la rabbia, ond'è trasportato un uomo, che si trova sepolto vivo, allorchè si risveglia dal suo assopimento, o dal suo svenimento, lo deve naturalmente trasportare a questi eccessi violenti. Ma la massima difficoltà consiste in ispiegare in qual maniera i Vampiri escano dalle lor sepolture per venire a molestare i viventi, e come poi vi rientrino, poichè tutte le relazioni, che abbiamo, suppongono la cosa per certa, senza raccontare né la maniera, né le circostanze, che pur sarebbero la cosa più osservabile nella esposizione di questi fatti. (Dissertazione II, capitolo XLIX, Applicazione di questi esempi ai Vampiri, p. 180)
- Abbiam detto, che i Vampiri mai non parlano delle cose dell'altra vita, non domandano né Messe, né orazioni, non danno alcun avvertimento ai vivi, onde correggano i suoi costumi, e menino una vita migliore. Questo è certamente un gran pregiudizio contro la realtà del loro ritorno dall'altro mondo; ma il loro silenzio su questo articolo può molto favorir l'opinione, che non sieno morti veramente. (Dissertazione II, capitolo LI, Esempi di risuscitati, che raccontano cose da essi vedute nell'altra vita, p. 183)
- Non niego, che persone non sieno morte, immaginandosi di vedere i suoi parenti, che le chiamassero al sepolcro, che altre non abbiano creduto di sentire picchiar alle porte, d'essere molestate, in una parola attaccate da malattie mortali, e che queste persone giuridicamente interrogate non abbian risposto di aver veduto, e sentito tutto quello, che loro rappresentava la fantasia alterata. Ma io voglio testimoni non preoccupati, liberi dal timore, dall'interesse, dalla passione, i quali dopo maturi riflessi assicurino d'aver veduto, sentito, interrogato questi Vampiri, e d'essere stati testimoni delle loro azioni, e sono persuaso, che non se ne troverà alcuno di tal fatta. (Dissertazione II, capitolo LVII, Conclusione di questa Dissertazione, p. 189)
Bibliografia
[modifica]- Agostino Calmet, Dissertazioni sopra le apparizioni de' spiriti, e sopra i vampiri, o i redivivi d'Ungheria, di Moravia ec., presso Simone Occhi, 1770
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