Augusto Alfani
Augusto Alfani (1844 – 1923), pedagogista e filologo italiano.
Il carattere degl'Italiani
[modifica]La parola carattere si porge a significati d'ordine vario; ed è forse questa una delle cagioni per cui la sentiamo ripetere non di rado così nelle scuole come nelle officine, nei libri e ne' giornali, nei parlamenti o sulle piazze. Ma a renderci ragione del perché noi l'adopriamo con una certa frequenza, basterebbe guardare anco solamente all'ufficio suo più elevato nel linguaggio, vogliamo dire alla sua significazione morale.
Carattere, infatti, universalmente considerato, è l'energia stessa della volontà, la forza suprema e più nobile della nostra natura; è il nome del galantuomo.
Citazioni
[modifica]- Il governo di sé medesimo è radice di virtù; è modo, altresì, indiretto ma potente all'educazione degli altri. Non può essere al mondo vista più consolante e più degna di un uomo, che mostri di avere piena signoria sopra le inclinazioni del suo spirito e su i capricci dell'arbitrio. (cap. VI, p. 84)
- Mentre fra noi si pone oggi una cura quasi febbrile nell'istruzione letteraria e scientifica della donna, si trascura molto, e qualche volta affatto la sua educazione religiosa e morale.
Eppure a noi, veramente positivi e che vogliamo in tutto riferirci ai fatti, l'esperimento di tutti i giorni dimostra come l'educazione morale e religiosa della donna sia la suprema condizione di ogni prosperità domestica e civile. (cap. VIII, pp. 129-130)
- È stato osservato che noi possiamo quasi sempre conoscere il valore morale d'un uomo rilevandolo dai libri che predilige, come dalle compagnie che frequenta: perché i libri, espositori di idee e di affetti, saranno scelti dagli uomini in conformità degli affetti, delle idee e delle inclinazioni che questi hanno. (cap. XI, p. 186)
- La stampa può dar vita a una nazione, come può ucciderla. (cap. XI, p. 187)
- Molti uomini hanno fatto infelice prova di sé, perché, quantunque colti, giudicarono falsamente della vita umana, chiusi sempre in sé stessi; ne mai scesi dall'alto dell'astrattezze ideali per osservare se le cose reali fossero o no conformi alle loro illusioni. Questi uomini può affermarsi che non abbiano vissuto mai. (cap. XIII, p. 243)
- Il Cobden, quel brav'uomo che la prima volta del suo parlare in pubblico fece sì misero esperimento, solamente nelle difficoltà poté arrivare alla perfezione che sappiamo; e nella prova dei contrasti egli perdurò costantemente da potersi dire che la sua volontà diventò ferrea. Se nella questione contro le leggi su i cereali egli vinse, dové i trionfi alla sua insistenza, che si moltiplicava coll'accrescersi delle difficoltà. Infatti egli perdurò tanto da pronunziare su quell'assunto non meno di tremila discorsi. (cap. XIII, p. 243)
A ciascuna nazione, come ad ogni uomo singolo, è assegnato dalla Provvidenza un ufficio particolare nel santo lavoro della civiltà. Anche l'Italia ha il suo nobile e alto ufficio; quello stesso per cui fu grande, e ministra di luce all'Europa colle tre Cantiche dell'Alighieri, colle due Somme di san Tommaso, colle Cattedrali di Arnolfo e del Brunelleschi, colla libertà dei Comuni; per cui età dell'oro si chiamò quella, e il Divino Poema fu ed è anch'oggi per tutti noi codice di civiltà, fulgore di scienza razionale e dommatica, dove fede e ragione mostrano al mondo la loro potenza suprema, quando, distinte, pur s'accordano e s'avvalorano a vicenda nell'acquisto del vero e del bene.
Ecco la impronta del carattere italiano; ecco il lavoro solenne che la nazione raccolta in unità di fede, di istituzioni civili, centro invidiato di ogni arte liberale, ha da compiere. Non ci perdiamo in gare meschine; non ci snerviamo con prove infeconde; guardiamo sempre al termine fisso del nostro viaggio, animosi, con affetto verace; e il tesoro prezioso delle tradizioni nostrali s'arricchirà di nuovi e splendidi acquisti, per la energia dell'operare in conformità della nobile idea, che al nostro carattere dà calore di vita e bellezza di perfezionamento.
Bibliografia
[modifica]- Augusto Alfani, Il carattere degl'Italiani, G. Barbèra editore, Firenze, 1878.
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