Baldassarre Peruzzi
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Baldassarre Tommaso Peruzzi (1481 – 1536), architetto, pittore e scenografo italiano.
Citazioni su Baldassarre Peruzzi
[modifica]- Baldassarre Peruzzi è, senza contradizione, una delle maggiori glorie dell'arte Senese. Nell'architettura paragona i migliori della sua età, gareggia con molti nella pittura, e nella prospettiva non ha chi lo agguagli. (Gaetano Milanesi)
- Il capolavoro di Baldassarre Peruzzi, la Farnesina, vario di effetti per il movimento della pianta, la moltiplicità dei gradi nell'antica base, la fuga dei viali d'arcate nel criptoportico, mantiene ancora le impronte del tardo Quattrocento senese, con la sottigliezza forbita e compassata propria alle opere primitive del Peruzzi, nelle lunghe lesene della fronte, nelle sottili finestre rettangolari, punteggiate in alto dalle finestruole appese come tabelle alle cornici del fregio. (Adolfo Venturi)
- Il Peruzzi sebbene nello esercizio di ambedue le arti [della pittura e architettura] avesse mai sempre goduta molta stima non sapeva però applicare ad esse la conveniente diversità e spezialità d'artificii; ond'è che eziandio nelle sue più lodate opere architettoniche si rivelava sempre la mano e l'opera del pittore. (Amico Ricci (storico dell'arte))
- Le tracce dell'antica educazione senese quasi dispaiono in una tarda opera romana dell'architetto, il palazzo Massimo delle Colonne, rifugiandosi in qualche sagoma di finestra, in qualche trama d'ornato: l'amore del grandioso, della cinquecentesca opulenza, allontana dalle sue origini l'arte di Baldassarre Peruzzi, che, nei primordi, pur riflettendo gli schemi di Francesco di Giorgio, ci appare vestita di una armoniosa e fredda compostezza, lontana dallo spirito vivace del celebrato ingegnere-architetto di Siena. (Adolfo Venturi)
- Non può revocarsi in dubbio, che il Peruzzi fosse uno fra gli architetti ed i pittori dei suoi tempi, il cui ingegno splende per una tal quale grandiosità e larghezza di stile. Salvo Michelangelo, non troviamo chi con lui abbia potuto competere; anzi affermiamo francamente che superò l'altro evitando alcune licenze, che al solo Michelangelo potevano perdonarsi per le ragioni altrove discorse. Conservò egli quella purità ed eleganza propria dello stile di transizione, la quale si andò perdendo dai suoi coetanei studiando l'antico, e traducendolo in guisa che quelli che diversamente da lui operarono, aprirono insensibilmente la strada al capriccioso ed al bizzarro che venne in gran voga[1], spenti che furono i maestri, de' quali ora ragioniamo. (Amico Ricci (storico dell'arte))
Note
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