Gaetano Milanesi
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Gaetano Milanesi (1813 – 1895), storico dell'arte italiano.
Sulla storia dell'arte toscana scritti varj
[modifica]- [...] il più celebrato maestro che uscisse dalla scuola di Guido[1], è Duccio di Buoninsegna, il quale pur continuando nella maniera greca, la rese nondimeno vieppiù migliore, e fu cagione che quelli che seguitarono dopo di lui facessero salire la pittura senese nella fama che anche oggi conserva. (p. 45)
- [...] la maggiore opera sua [di Duccio di Buoninsegna] e la più mirabile di quel tempo, nella quale egli mostrò il suo bellissimo ingegno e quanto valesse in quest'arte, è la gran tavola dell'altar maggiore del Duomo senese, dipinta da ambidue i lati; dove nel dinanzi è figurata M. Vergine in trono, col suo Divino Figliuolo in braccio, e varj Santi attorno; e nel di dietro, in trentaquattro storie, la vita di Gesù Cristo [...]. Penò Duccio, tanto era grande opera, tre anni a finirla; e si dice che costasse per la pittura, l'oro ed altri fornimenti, la grossa somma di tremila fiorini d'oro. E fu una festa per i Senesi, quando nel 9 di giugno del 1310 venne con grande solennità portata al Duomo, dalla bottega del pittore che era nella via del Laterino. (pp. 45-46)
- In Stefano di Giovanni, detto il Sassetta già cominciano ad apparire i primi segni della nuova maniera che successe alla Giottesca[2]. Non ha il colorito acceso dei pittori del secolo innanzi, ma li vince nella delicatezza e diligenza, nelle ombre più trasparenti e sfumate e nel panneggiare largo e sciolto. (p. 50)
- Domenico Beccafumi, detto Mecherino ed anche Mecuccio, per essere stato di poca persona, [...] dappoiché ebbe in Roma veduto il fare di Michelangelo, s'innamorò tanto di quella sua maniera energica, che ritornato a Siena, cercò in ogni sua pittura d'imitarla. Onde nelle opere di questo tempo egli apparisce sforzato nelle attitudini, risentito ne' muscoli, trascurato nelle mani e nei piedi, e poco curante della bellezza de' volti nelle femmine e ne' putti. (p. 58)
- Baldassarre Peruzzi è, senza contradizione, una delle maggiori glorie dell'arte Senese. Nell'architettura paragona i migliori della sua età, gareggia con molti nella pittura, e nella prospettiva non ha chi lo agguagli. (p. 59)
- Parlando di miniatori senesi non si può tralasciare il celebre Simone Martini, sebbene la sua fama sia massimamente raccomandata alla pittura. È nella Biblioteca Ambrosiana di Milano un Virgilio manoscritto col commento di Servio, già appartenuto al Petrarca, dal quale ben si può credere aver avuto il pittore l'invenzione della miniatura, che è sulla prima carta del libro. Essa rappresenta Virgilio seduto in atto di scrivere, che ha dinanzi Enea armato, per figurare il soggetto della Eneide. [...]. Lodano gl'intendenti in questa miniatura il concetto, il colorito ed i panni; ma ne biasimano al tempo stesso il disegno rozzo, le teste volgari e non belle, e le mani brutte. Insomma vi veggono più l'opera d'un pittore, che non è avvezzo alla diligenza minuta e alle squisitezze delicate del miniatore. Il quale ultimo giudizio è in tutto falso, perché quei difetti non vi sono, ma anzi la miniatura è in ogni sua parte degna di un gran maestro. (p. 73)
- La fama bellissima che Andrea del Castagno s'era andata acquistando a' suoi giorni coll'esercizio della pittura, è giunta fino a noi contaminata dall'accusa della violenta morte di maestro Domenico Veneziano; tantoché il suo nome suona oggidì più presto un traditore micidiale del suo compagno ed amico, che un valente e riputato pittore. A liberare Andrea da così brutta ed atroce imputazione sorsero alcuni moderni, i quali non aggiustando fede al racconto del Vasari, perché in nessun modo poteva reggere né all'esame della critica, né alle ragioni della storia, posero in dubbio, o risolutamente negarono la verità di quel fatto. Il quale piglio io ora nuovamente in esame, confidando che parte cogli argomenti che mi presterà la critica, e parte colle prove e testimonianze tratte dalla storia, io possa giungere a mettere nell'animo altrui quella medesima persuasione che sento fermamente in me stesso; la quale è, che il Vasari col raccontare in quel modo la morte di maestro Domenico o non abbia seguito forse che una tradizione guasta ed alterata dal tempo e dagli uomini, o inventato piuttosto una pretta favola. (pp. 291-292)
- Ambrogio Lorenzetti, pittore del decimoquarto secolo, fu lume bellissimo della Scuola Senese, ed uno dei primi che di alti e nobili concetti informasse le rappresentazioni dell'arte: di modo che egli in questo non solo paragoni, ma passi facilmente gli artefici dei suoi tempi. Ed è danno gravissimo che le opere dove più risplendevano queste sue qualità siano in gran parte guaste, o in tutto perdute. Onde noi, più dal racconto che ne lasciarono i passati scrittori, che dalla vista e dalla considerazione loro, possiamo farci ragione del grandissimo pregio di quelle. (p. 357)
Note
[modifica]Bibliografia
[modifica]- Gaetano Milanesi, Sulla storia dell'arte toscana scritti varj, Tipografia sordo-muti di L. Lazzeri, Siena, 1873.
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