Carlo Leopardi

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Carlo Leopardi

Carlo Orazio Leopardi (1799 – 1878), nobiluomo italiano, fratello di Giacomo Leopardi.

Citazioni su Carlo Leopardi[modifica]

Camillo Antona Traversi[modifica]

  • Carlo, come tutti i mortali, aveva il vizio, o la virtù che dir si voglia, del fumo: ma non comperava più di due sigari al giorno. I mozziconi li consumava fino all'ultimo, servendosi di uno stuzzicadenti. Non ci fu caso che ne gettasse uno solo!
  • Carlo era solito dare egli stesso la biada a' suoi cavalli, per timore che il cocchiere ne frodasse quelle povere bestie. Non abbandonava anzi la scuderia finché i cavalli non avessero finito di mangiare la loro razione.
  • Carlo obbligava la sua seconda moglie[1] a portare gli abiti della prima. Così non ispendeva un soldo per vestirla.
  • Triste pagina [...] quella della morte del più caro fratello di Giacomo.
    Le sue spoglie mortali furono oltraggiate nefandamente da un'orda selvaggia di popolo; si udirono fischi inverecondi al loro passaggio; furono tirati dei sassi dietro quella bara; si tentò persino di far cadere la barella su cui si ergeva; si ruppe, da ultimo, vandalicamente e sacrilegamente, il cristallo che era nel coperchio, si sputò sul suo volto e gli si strapparono i baffi!
    A tanto giunse l'efferatezza di alcuni brutali popolani, che volevano, o pensavano, di potersi vendicare del vivo, sul morto; e tutto questo perché il conte Carlo era ricco!

Mariano Luigi Patrizi[modifica]

  • Carlo Leopardi fu di vantaggiosa statura, a soli diciotto anni era già «alto e fatticcione[2]», da metter paura a Giacomo, che lo chiamava «fratellone» e non «fratellino»[3].
  • Giacomo aveva detto di lui, scrivendone al Giordani: «È un altro me stesso». E infatti si imporranno all'attenzione di chi legge alcune identità dì sentimenti di Carlo e Giacomo. E neppure per l'elevatezza intellettuale Carlo rimase molto lontano dal poeta. Al fratello minore non mancò che il volere per salire alle cime dell'immortalità. L'iscrizione sepolcrale di Filippo Ottonieri – nato alle opere virtuose – e alla gloria – vissuto ozioso e disutile – e morto senza fama[4], s'addice meravigliosamente alla personalità di Carlo Leopardi. Questa figura, non cinta dalla luce abbagliante del genio, noi la possiamo guardar meglio in faccia, analizzarla senza soggezione, e dalle sue somiglianze con quella del grande scrittore, trar profitto per meglio conoscere ed apprezzar questo. Anche Carlo fu pessimista, e il suo pessimismo, non ricoperto di manto poetico o filosofico, tradisce più apertamente le anomalie delle quali è intessuto.
  • Ragazzo, si faceva comporre i pensi[5] scolastici dal fratello; il dispetto di ogni lavoro lo accompagnò per tutta la sua esistenza. L'inerzia era la sua aspirazione. Interrogato da una signora di rispondere al quesito: – Quale occupazione preferite? – disse : «Lavorare per ottenere di essere disoccupato».

Note[modifica]

  1. Teresa Teja (1826-1898).
  2. Accr. di "fatticcio", grosso, robusto.
  3. Lettera di Giacomo, 5 dicembre 1817.[N.d.A.]
  4. G. Leopardi, Opere morali. [N.d.A.]
  5. Lavori scolastici imposti per punizione a uno studente.

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