David Menashri
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David Menashri (1944 – vivente), professore israeliano.
Citazioni di David Menashri
[modifica]Intervista de L'informale
da Intervista a David Menashri: capire le aspirazioni egemoniche dell’Iran, Linformale.eu, 24 Aprile 2018
- La guerra tra Iran e Iraq è stata positiva per Israele perché due dei peggiori nemici di Gerusalemme si sono combattuti (e di conseguenza indeboliti) a vicenda per otto anni. Israele ha venduto armi all'Iran perché considerava l'Iraq il suo acerrimo nemico durante quegli anni. Anche l'Iran si comportava come nazione ostile, ma era troppo debole e lontano per destare preoccupazioni. Era necessario aiutare l'Iran a non collassare a causa della guerra per proteggere gli interessi di Israele. In ogni caso, nella storia del popolo ebraico l'Iran ha sempre rappresentato un paese amico nel quale vivere con serenità.
- Io vedo molte similarità tra Sciiti ed Ebrei: crediamo entrambi di essere un popolo eletto ma allo stesso tempo ci sentiamo costantemente perseguitati. Anche l'Iran presenta importanti traumi derivamenti dal rapporto con l'Impero Ottomano prima, e dalla disastrosa guerra contro Saddam Hussein. Entrambi diciamo a noi stessi da decenni che le atrocità che ci hanno colpito non saranno mai ripetute. Ecco perché l'Iran spende una larga fetta del budget nazionale (e degli sforzi del paese), in Siria, Yemen e Libano.
- Rouhani non è certamente un riformista, né un moderato. Sembra essere una figura pragmatica che privilegia le questioni interne. Sono sicuro che preferirebbe spendere meno denaro pubblico in attività fuori dal paese.
- Dobbiamo comprendere che l'Iran oggi è considerato il centro nevralgico dell'islam e la nazione leader nel mondo musulmano. La leadership del paese è convinta non solo che Teheran oggi sia la capitale dell'Islam, ma anche che tutti i musulmani siano tenuti a giurare fedeltà all'Ayatollah Khamenei.
- Il clero della Repubblica Teocratica crede fermamente che l'ideologia del domani sia l'interpretazione iraniana dell'Islam, credono molto in questa prospettiva e la connettono con le aspirazioni regionali della nazione che rappresentano.
Conversazione con Francesco de Leo
da Francesco de Leo, L'ultimo scià d'Iran, Guerino e Associati, 2019, pp. 121-130, ISBN 978-88-6250-738-7
- Vidi in Iran una società in cambiamento, con una grande immigrazione da piccoli paesi e villaggi. L'Iran era diventato ricco e le persone si riversavano nelle città. Le aspettative erano quelle di diventare agiati, mentre quello che accadde fu che coloro che arrivarono nelle città diventarono una sorta di cittadini di classe inferiore da cui scaturì un risentimento particolare da parte di molte persone. Un'altra cosa che ricordo era l'incredibile divario tra i ricchi e i poveri. I poveri erano davvero molto poveri, e i ricchi diventarono estremamente ricchi. Questo accentuò la tensione tra classi. Parliamo degli anni Settanta: c'era la televisione e c'erano i giornali. I poveri potevano vedere come vivevano i ricchi e questo aumentò il divario e la tensione nella società. Vidi la società secolarizzarsi, allontanarsi dalla religione, almeno in apparenza. Tuttavia, coloro che si erano spostati nelle città con l'aspettativa di arricchirsi vennero ignorati dal governo, il quale non li trattò in maniera adeguata, come loro invece si aspettavano. L'unico supporto che potevano trovare era proprio nella moschea. Quando recavano nelle moschee, venivano trattati come esseri umani. Questo, in aggiunta al potere tradizionale del clero nell'Islam sciita, creò quell'ossatura tra le persone e il potere religioso.
- L'Iran è stato un impero dai tempi di Ciro il Grande e questo ha diffuso tra gli iraniani l'idea di dover essere un Paese di stampo imperiale. L'immagine dell'Iran come una potenza forte e dominante nell'area è parte della mentalità iraniana. Nel corso degli anni, l'Iran è stato invaso, è stato debole, ma credo che l'idea di una rinascita dell'impero non sia mai stata dimenticata.
- Credo che l'Iran, negli ultimi anni dello Scià, si comportò, o desiderava comportarsi, come il 'poliziotto' dell'area del Golfo.
- Sostanzialmente, dal punto di vista delle ambizioni e della visione dello Scià, riuscì a proteggere gli interessi nazionali iraniani. Non so cosa potrebbe essere detto degli aspetti negative delle politiche dello Scià, tranne il fatto che nelle questioni di politica interna fu un sovrano assoluto, che decise e condusse autonomamente le politiche in qualsiasi situazione. Credo che per quanto riguarda i rapporti con l'estero, non si possa davvero dire molto sugli aspetti negativi, ma quando si parla di questioni interne, come la religione e le donne, forse si potrebbe dire qualche parola in più.
- Credo che lo Scià abbia ignorato il fatto che il suo Paese sia molto religioso e che le persone siano devote all'Islam. La storia dell'Iran si fonda su due pilastri. Uno è l'Islam, l'eredità del profeta Maometto, nel loro caso l'eredità dell'Imam Ali; va detto che gli iraniani sono molto devoti all'Islam e gli sciiti sono solitamente molto più devoti rispetto ai sunniti. L'altro pilastro è la monarchia o nazionalismo iraniano. Ciò che possiamo vedere nelle politiche dello Scià, se guardiamo ai risultati, è che da un lato lo Scià non ebbe la possibilità di ignorare, o non fu in grado di diminuire, il potere della religione. D'altro canto, potrei dire lo stesso della Rivoluzione islamica, che non poté ignorare il potere del nazionalismo e del patriottismo iraniano, che erano in contrasto con la filosofia che tutti i musulmani sono un'unica nazione. Questi sono i due elementi: Islam e nazionalismo.
- Già il padre dell'ultimo Scià, nel 1936, obbligò le donne a non indossare il velo. Le donne islamiche sono tradizionalmente coperte dalla testa ai piedi e Reza Scià avviò questa svolta. Sempre durante gli anni Settanta, rimasi stupito nel vedere le donne iraniane di quel periodo indossare vestiti occidentali. Inoltre, lo Scià concesse il diritto di voto alle donne, che era positivo per l'Iran, ma secondo il punto di vista dei religiosi era contrario ai princìpi dell'Islam.
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