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Emilio Agostini

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Emilio Agostini (1874 – 1941), poeta e farmacista italiano.

Citazioni di Emilio Agostini

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Venti salmastri

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  • Sono per le maremme in mezzo al piani | vasti; cavalco su sella bestiaia; | tengo il pungolo e tengo la lacciaia, | come bùttero per gli agri romani. || Rimango a un'ombra di quercia, a cavallo. | Mi scalda il sole di marzo; si allarga | giù, la campagna ruvida e letarga, | d'erba bruciata e di falasco giallo. (Verso l'aratro, p. 9)
  • Bufali messi a svernare | fra paschi cinti di canne, | fuori di vecchie capanne | stavano fermi a guardare. || E la campagna sommersa | languiva negli occhi a loro; | campagna senza lavoro, | senza boscaglia, dispersa. || Diruminavano il fieno, | e si grattavano il fianco | col corno; qualcuno, stanco | d'ozio, poltriva il terreno. (I bufali, p. 13)
  • Ritornavano. I queruli campani | toccavano per la tranquilla strada, | lentamente volgendosi tra i piani, | bruni di grani, tremuli di biada. || Io l'incontrai nella solinga sera, | ritornando alla mia casa con mite | desiderio nell'anima. Una nera | pecora si levò verso una vite. || Ma il pastore le fu sopra con presto | fingere di percuotere e poi solo | lasciò cadere il pastorale e mesto | volse lo sguardo tenero al figliuolo. || E il figliuolo seguì cantando lento, | la pastorale delle sue capanne. | Lo seguitava placido l'armento, | e un sonnolento mormorio di canne. (Ritorno di mandre, p. 19)

Citazioni su Emilio Agostini

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  • Leggendo [Lumiere di Sabbio] si direbbe a tutta prima che l'opera dell'Agostini manca d'unità, e che i racconti che si succedono non costituiscono veramente l'organismo di un libro; a mano a mano però che si procede nella lettura, e sopratutto quando siamo arrivati alla fine, l'idea generale informatrice splende nitidamente, come una luce più viva che soverchiando altre luci, pure tra ombre e penombre, illumini tutta la scena di un paesaggio vario d'aspetti e di figure.
    Difatti i racconti, che presi uno per uno, non sembrano veramente tali nel senso più ovvio della parola, tanto scarsa ne è la trama narrativa, e non sono neppure semplici descrizioni per quanto ben fatte, ci si colorano invece come veri capitoli di un libro quando noi li vediamo convergere tutti, come i raggi al mozzo di una ruota, ad uno stato psicologico fondamentale e ad un comune fine estetico e civile. Il ricordo e il rimpianto sereno dell'età più gioconda, dall'infanzia all'adolescenza, trascorsa in un villaggio della Maremma Toscana, che ci dà lo sfondo a tutti i quadri naturali, e il mezzo in cui si muovono, grandi e piccini, tutti i personaggi, costituisce il nucleo narrativo e lirico dell'opera, il filo aureo che unisce tutti i racconti come le perle di una collana.
  • Maestri all'arte dell'Agostini sono stati, tra i viventi, Giosuè Carducci, e massimamente Giovanni Pascoli (la dedica dell'opera a lui ne è già la spontanea, sincera confessione) dal quale à preso le mosse, dal cui influsso anzi non è ancora riuscito a liberarsi del tutto, piuttosto forse per una certa compiacenza di congenialità artistica e per affinità di materia trattata, che per poca lucidità di coscienza artistica e per fiacchezza di propositi. Ma anche nella stessa derivazione dal Pascoli, di cui più d'una pagina serba ancora le visibili impronte, l'Agostini à saputo affermarsi scrittore personale, indipendente.
  • Meno diretti maestri [di Carducci e Pascoli], e forse meno pericolosi al libero sviluppo della sua personalità, sono stati [per l'Agostini] i classici greci e latini, e chi dilettandosi nella ricerca delle così dette fonti, sottilmente e minutamente indagasse, in questa o in quella pagina noterebbe derivazioni così da Omero e Pindaro, come da Virgilio e da Orazio.

Bibliografia

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  • Emilio Agostini, Venti salmastri, Editrice "La riviera ligure", Oneglia, 1909.

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