Enrico Bartolini
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Enrico Bartolini (1979 – vivente), cuoco e imprenditore italiano.
«A 13 anni già lavoravo nella trattoria di mio zio, ora ho 700 dipendenti. A volte mi sento insicuro»
Intervista di Aldo Cazzullo e Angela Frenda, Corriere della Sera, 21 dicembre 2024.
- Mamma lavorava tantissimo, aveva una fabbrica di scarpe e il tempo da dedicare alla cucina era poco. Ricordo la sua pasta al pomodoro, non strepitosa: la faceva alle 12, poi arrivava mio fratello alle 12.45, io all'una e mezza... Mi è rimasto talmente tutto nella mente che le ho dedicato un piatto, un pomodorino fatto con la pasta scotta frullata.
- [E con suo padre, che rapporto aveva?] Lui mi incalzava sempre. Era convinto che avessi delle passioni troppo brevi. Poi a 13 anni decisi di andare a lavorare con lo zio Attilio, che aveva la trattoria Il Colono a Castelmartini. Papà col sorriso mi disse di sì ma pensava che mi sarei stancato. Trovai un casino totale: oltre 600 persone sedute. Il pranzo e la cena erano una guerra. Tutti urlavano e correvano. Però finita la giornata mio zio faceva una cosa pazzesca: preparava i fegatelli sotto strutto.
- [Che ricordo ha di Gualtiero Marchesi?] Un giorno venne e mangiò 12 melanzane moderne che facciamo in aperitivo dal 2015. Pensai: l'ho conquistato. L'indomani mi chiamò e mi disse: "Sei molto bravo ma non ricordo nulla di quel che ho mangiato. Devi impegnarti di più". Pensai: e le melanzane? Ma non dissi nulla. La volta dopo mangiò i bottoni di olio e lime con salsa cacciucco e polpo alla brace. Un piatto del 2010 che è ancora in carta. Marchesi lo mangiò e vidi che aveva la lacrimuccia...
- [Fulvio Pierangelini] Eravamo a Villa d'Este e dovevamo cucinare insieme. Lui era un mostro sacro. Bene vado lì, organizzo il lavoro in modo impeccabile dalla mattina per fare questi 250 ospiti. Sono le 5 e mezza del pomeriggio, non lo vedo; le 6 e mezza, non lo vedo. Alle 7 mi dicono: è arrivato lo chef Pierangelini. Pensai: comincia alle 7, ma dove va? Beh, si mise lì con un passo calmo, aveva male a una gamba, dondolava. Con garbo prese tre padelle, le appoggiò su altre tre. Prese i piccioni e tre noci di burro. Iniziò a cuocere le coscette. Poi i petti. Petto, coscia, contorno, salsa. Il piccione più buono che avessi mai mangiato. Lì capii la capacità di un grande maestro.
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