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Ermanno Corsi

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Ermanno Corsi (1939 – vivente), giornalista e scrittore italiano.

Citazioni di Ermanno Corsi

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  • A Napoli perfino le formiche sono più veloci delle automobili. E questo è un altro miracolo. Quando uscì il divertente libretto «Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano», nessuno pensò che questo poteva accadere dovunque tranne che a Napoli. Sì, perché solo a Napoli le formiche possono scendere dalle colline e arrivare alla Ferrovia, oppure muoversi da Mergellina e andare a Santa Lucia molto più in fretta degli automobilisti prigionieri dei lunghi serpenti d'acciaio o dei viaggiatori dei mezzi pubblici le cui ruote restano inchiodate per ore sull'asfalto delle corsie preferenziali. Perciò le formiche possono incazzarsi dovunque, ma non a Napoli. (Marzo 1996)[1]
  • Secondo una tesi prevalente, si fronteggiarono allora[2]due città: una della rozza speculazione, l'altra della migliore cultura. Due Napoli impermeabili l'una all'altra. «Ma le cose – afferma [Pasquale] Belfiore – non andarono esattamente in questi termini. Vi fu un groviglio di intrecci fra l'una e l'altra città, tra la migliore cultura e la più proterva speculazione; si generarono perverse implicazioni pur partendo da limpidi presupposti. Il ruolo delle facoltà universitarie, degli ordini professionali, delle associazioni di categoria fu ora di totale estraneità, ora della più flagrante connivenza, ora della più intransigente opposizione in alcune delle loro componenti». Il ventaglio delle complicità, che via via hanno preso corpo, appare molto vasto. E non è ancora finita. La speculazione edilizia si avvia verso la terza fase. Dalle singole licenze rilasciate dalle amministrazioni Lauro si passa alle lottizzazioni; dai cantieri di improvvisati appaltatori e costruttori a quelli delle Immobiliari. In molti quartieri, però, la pioggia di cemento costituisce un attentato alla incolumità fisica. Si apre la stagione dei crolli. Napoli appare come «la città di cartone che scivola a mare e uccide», secondo una frase di Rosellina Balbi. Una "carta geologica", redatta dal Comune alla fine del '67, censisce 21mila metri quadri di vuoti sotterranei molto profondi, 119mila metri di vuoti ex cava e 366 caverne. Napoli è una città costruita sul vuoto. (da Napoli dal 1939 al 1992: Dalla guerra al duemila, Come finisce la città ottocentesca[3])
  • Mobilità del territorio e sviluppo dei trasporti di massa [...] appaiono oggi condizioni imprescindibili per dare concretezza all'idea del futuro possibile. È un futuro che assumerà una fisionomia sempre più precisa nella misura in cui potrà disporre di un valore e di una risorsa tipici della società moderna: la velocità e la certezza degli spostamenti. Guardare a questo futuro significa anche porre riparo a errori e distorsioni del passato. In termini economici e di qualità della vita, Napoli ha già pagato prezzi molto alti. Un sistema efficiente di trasporti pubblici avrebbe potuto evitare uno sviluppo caotico della città che ha preso forma secondo direzioni non programmate e non razionali. Napoli è andata dove bisogni o pressioni particolari, molte volte speculativi, la spingevano. La stessa rete dei servizi primari si è dovuta realizzare, quando si è potuto, a posteriori, cioè a cose fatte. La «Napoli sbagliata» ha così divorato se stessa. (da Napoli dal 1939 al 1992: Dalla guerra al duemila, p. 69)

Note

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  1. Da Invettive e parole nuove, in La città ogni giorno: viaggio non immaginario nel malessere metronapoletano, introduzione di Gilberto A. Marselli, postfazione di Corrado Beguinot, Alfredo Guida Editore, Napoli, 1996, pp. 73-74. ISBN 88-7188-120-6
  2. Nell'arco di un quindicennio, dagli anni 50 ai primi anni 60. Cfr. Napoli dal 1939 al 1992: Dalla guerra al duemila, p. 56.
  3. In Napoli: una città che cambia: dai progetti di Ferdinando II alla Metropolitana, saggi di Giancarlo Alisio, Ermanno Corsi, Adriano De Simone, fotografie di Mimmo Jodice, Guida, Napoli, 1992, p. 56-57.

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