Francesco Francia

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Francia: Federico II Gonzaga (1510 circa)

Francesco Francia, nato Raibolini ma detto il Francia (1447-1449 circa – 1517), pittore, orafo e medaglista italiano.

Citazioni sul Francia[modifica]

  • Egli era entrato nel Cinquecento con l'ancona[1] di Pietroburgo, rinnovellato, colmo di plastica forza. E continuò cercando nella purificazione de' suoi tipi, nuovi ideali. Il realismo quattrocentesco cadde con lui, che tramandò per mezzo di Timoteo della Vite[2] il decoro formale a Raffaello. Non estese le ricerche, sempre intento a trarre armonie da' suoi modelli, come prima cesellati gli argenti ne svelava il nitore. Non ebbe slanci di ascetismo, non mistici ardori, ma divozione salda e sincera. E donò alle sue immagini la bontà e l'umiltà de' propri costumi. Molti vollero imitarlo; ma egli poteva esser copiato, non imitato. L'arte sua era come un chiuso vaso d'alabastro, che altri non poteva aprire per mirarvi dentro senza che ne esalassero gl'interni profumi. (Adolfo Venturi)
  • Il Francia, che una finitezza meticolosa, e i visetti dei suoi angioli, e un sentimentalismo quietista resero popolarissimo, sul piano universale dell'arte ha scarsa importanza. Cresciuto come orefice, divenne pittore in anni maturi, senza il tirocinio necessario ai requisiti fondamentali dell'arte figurativa. Ma prima di cadere in enfasi che preannunciano quelle de' suoi conterrannei d'un secolo appresso, il Francia, nella qualità del sentimento, è almeno all'altezza del Perugino. Nessun dipinto dell'umbro è solennemente grazioso, tenero, e pervaso tuttavia di religioso timore, come uno che del Francia si vede a Monaco; con la Vergine in atto di genuflettersi, le braccia incrociate sul seno, al Bambino giacente fra le rose. (Bernard Berenson)
  • Lorenzo Costa si trasferì intorno all'anno 1483 da Ferrara a Bologna. Si asserisce dai più che, a dir molto, il Francia imparasse probabilmente da lui il meccanismo della pittura, ma, che, divenuto alla sua volta eletto maestro del pennello, egli deve avere avuto grande influenza su Lorenzo Costa. Qualsivoglia giudice spassionato il quale paragoni questi quadri del Costa, dei primi del XVI secolo[3], coi suoi gran quadri a tempera dell'anno 1488 nella cappella Bentivoglio (chiesa di S. Iacopo maggiore) a Bologna, potrà difficilmente negare che in tutte queste pitture le quali comprendono uno spazio di circa sedici anni, non vi sia un'impronta comune. E nella cappella di S. Cecilia, (presso S. Iacopo maggiore a Bologna) dove i due maestri dipinsero l'uno accanto all'altro negli anni 1505 e 1506, noi restiamo davanti a quelle magnifiche pitture a fresco perplessi nel giudicare se il Costa abbia imparato dal Francia o piuttosto questi dal Costa. (Giovanni Morelli)
  • Simile a molti altri grandi artisti quattrocentisti, anche il Francia nacque da modesta famiglia (in Bologna nel 1450) ed incominciò a studiare disegno sotto un maestro orefice.
    All'arte dell'oreficeria che richiede tanta delicatezza di tocco, esattezza d'occhio e gusto fine, Francesco Francia dovette, insieme a quel primo insegnamento e primo tirocinio, quella sicurezza nella forma e quella precisione nei particolari, che più tardi lo distinse come pittore. (Evelyn Franceschi Marini)

Note[modifica]

  1. Pala d'altare.
  2. Timoteo Viti (1469 – 1523), pittore italiano.
  3. Si riferisce ai quadri La presentazione di Cristo al tempio e il Rimpianto di Cristo.

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