Franco Di Mare

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Franco Di Mare

Franco Di Mare (1955 – vivente), giornalista e conduttore televisivo italiano.

Citazioni di Franco Di Mare[modifica]

  • Eppure a volte per capire era sufficiente saper ascoltare. Si ricordò di quella volta che era riuscito a descrivere le conseguenze che il terremoto dell'Irpinia dell'80 aveva avuto sull'equilibrio di quella comunità grazie a una semplice intervista. Era bastato l'incontro con un uomo che si aggirava su una collina di macerie a Sant'Angelo dei Lombardi e raccoglieva piccole cose intorno a sé, oggetti all'apparenza privi di importanza: un fermaglio, un posacenere, una penna. Cercava con pazienza tra le pietre e le macerie e, appena qualcosa attirava la sua attenzione, si chinava a prenderla con delicatezza, come si fa con le more nei cespugli, e la riponeva in una scatola di scarpe vuota. Marco si avvicinò e gli chiese dov'era la sua casa e in che condizioni fosse.
    – "È tutta qui. Ci stiamo camminando sopra." rispose l'uomo, senza scomporsi.
    – "E la sua famiglia?"
    – "Stiamo camminando sopra anche a quella. Mia moglie è proprio qui sotto" disse indicando la punta delle scarpe. "Qui siamo sopra la cucina. L'avevo lasciata lì ed ero andato a prendere la legna per il cammino quando è arrivata la scossa. I miei due bambini sono più in là. In quel punto, vede? Quando sono uscito stavano giocando nella loro cameretta. Devono essere ancora lì. E ora, se vuole scusarmi..." e andò via, lungo quel cimitero di macerie, cercando frammenti della sua vita perduta."[1]
  • - "Buongiorno signore, ci scusi se la disturbiamo. Possiamo chiederle cosa sta facendo qui?" A suo modo aveva un'aria elegante. Certo, l'abito era sdrucito, la camicia stazzonata, la cravatta sembrava aver visto troppe feste di famiglia, testimone di tempi in cui la gente poteva ancora concedersi il lusso di festeggiare [...].
    - "Aspetto il tram" rispose cortese al microfono del giornalista.
    - "Guardi che il tram non passa più. Hanno interrotto tutte le corse per Marsala Tita dal 6 aprile. Ormai tre mesi fa. È per via dei cecchini...".
    - "Lo so bene giovanotto, per chi mi ha preso? Vivo anch'io a Sarajevo, leggo il giornale e guardo la tv, quando c'è l'energia elettrica."
    - "E allora, mi scusi, perché resta qui ad aspettare il tram?"
    - "Perché passerà. Sono certo che prima o poi passerà di nuovo. E quel giorno mi troverà qui alla fermata, ad attenderlo."
    - "Ma viene qui spesso?"
    - "Quasi tutti i giorni, da tre mesi."[2]
  • Malina era nel lettino insieme ad altri due piccoli. A un tratto uno dei due, incuriosito dalla nuova presenza. ruotò su sé stesso per guardare meglio verso la porta e, nel farlo, le piazzò una gomitata in pieno viso così forte che Malina finì seduta sul suo pannolone, al centro del lettino. Fece una strana smorfia, si fregò il naso con entrambe le mani, poi scrollò la testa, come a voler cacciare via quel fastidio e, gattonando fino alla grata del lettino, si rimise in piedi per riprendere il suo gioco preferito: saltellare e sbatacchiare il bordo della culla. Tutto era avvenuto senza un lamento, senza una lacrima.
    - "Che strano, non ha pianto" commentò Marco ad alta voce.
    La direttrice lo guardò e disse: "Vede, per i bambini il pianto è una prima forma di linguaggio. Spesso è un campanello d'allarme, altre volte la segnalazione di un bisogno, in altri casi ancora di una semplice richiesta di attenzione. Da quando è iniziata la guerra il nostro personale si è ridotto moltissimo, purtroppo. Facciamo quello che possiamo, ma i bambini restano soli per la maggior parte della giornata. Non ci hanno messo molto a capire che è inutile piangere per richiamare l'attenzione, perché tanto non c'è nessuno che possa correre a consolarli. Le lacrime servono poco a Sarajevo. Lo hanno imparato anche i bambini". [...]
    Che città era diventata quella, capace perfino di sottrarre le lacrime ai bambini?[3]
  • L'attuale momento di crisi può essere raccontato sotto vari aspetti, e questo è un primo elemento da valutare. Ma un tema così ampio lo si può affrontare in modi diversi anche in base alle fasce orarie: al mattino presto la tv è vista dal ceto produttivo del Paese, dunque a quell'ora si dà un taglio più d'attualità alla trasmissione.[4]
  • Ricordo che quando ho iniziato questo lavoro, nel 1980, si diceva che la situazione fosse in crisi e che le cose non andavano, ogni anno in realtà ce n'è una nuova.[5]
  • In realtà quella dei contenitori è una forma di giornalismo popolare che avvicina la gente, è un qualche cosa che ti da la possibilità di approfondire degli argomenti che da inviato sei costretto a raccontare in 90 secondi. [...] Potrebbe essere che un giorno ritorni a fare l'inviato, però c'è un'epoca per tutto ed ora è il momento per me di fare il conduttore.[5]
  • Io adoro Elisa Isoardi, è una mia cara amica. Ha iniziato a lavorare con me, ora è diventata molto più brava di me. Sono molto felice di lavorare con lei, l'unico problema che ho con Elisa è che è alta 1,82 senza tacchi.[5]
  • Fare l'inviato di guerra è il mestiere probabilmente più straordinario, disperato, difficile e magnifico che esista. Si tratta di raccontare la storia mentre la storia accade. Quando lo facevo io, vent'anni fa, la storia in qualche maniera aveva una forma di rispetto, per chi la raccontava. Oggi non c'è più. Noi potevamo passare da una parte all'altra del conflitto portando la pelle a casa – spesso, non sempre e non tutti, purtroppo. Non eravamo noi gli obiettivi, noi eravamo i testimoni. Adesso tutto è diverso, i giornalisti sono diretti obiettivi. Pensate a quello che accade in Siria, in Afghanistan o in Iraq. Cercano i giornalisti per farne martirio, per ucciderli in diretta davanti all'occhio dei telefonini per poi mettere sul web la loro uccisione. Oggi non è più possibile fare il giornalismo che ho fatto io, è morto.[6]

Citazioni su Franco Di Mare[modifica]

  • [«Un partner con cui non è andata d’accordo?»] Quando sono arrivata a Unomattina, sono entrata nel territorio di Franco Di Mare. Io volevo essere brava e imparare in fretta, per guadagnarmi il suo rispetto. Con lui ho imparato tanto ma ho faticato. Però i nostri siparietti piacevano: la gente mi ferma ancora per strada per chiedermi come sta Franco. (Francesca Fialdini)

Note[modifica]

  1. Da Non chiedere perché, Rizzoli, 2011, pp. 103-104.
  2. Ibid. cap. "Il giro degli avvoltoi".
  3. Ibid. cap. "Una tazza di caffè".
  4. Dall'intervista di Marco Leardi, Franco Di Mare a DM: "Il miglior complimeno? L'ho ricevuto da una vecchietta...", Davidemaggio.it. 31 dicembre 2012.
  5. a b c Dall'intervista Franco Di Mare a TvBlog: "La nuova Unomattina? Informare senza annoiare, popolari senza essere sguaiati", TvBlog.it, 21 luglio 2011.
  6. Dall'intervista di Massimo Galanto L'angelo di Sarajevo, Franco Di Mare a Blogo, Tvblog.it. 14 febbraio 2015.

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