Gabriella Poli
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Gabriella Poli (1920 – 2012), giornalista italiana.
Citazioni di Gabriella Poli
[modifica]Da Le signore grandi firme, Patrizia Carraro, Firenze, Guaraldi, 1978
Intervista di Patrizia Carraro ad Gabriella Poli
- Nel '46 un'amica che era stata comandante partigiana, Maria Giulia Cardini, fondò una rivista letteraria, Agorà, e mi chiamò a fare la segretaria di redazione. Tra le molte pubblicazioni di quel tempo fervido, mi capitò tra le mani una commedia di Irvin Shaw Seppellire i morti: era scabra e crudele, un urlo contro la ferocia della guerra. Mi colpì molto, anche perché mi sentivo parte in causa: nella liberazione di Milano avevo perso l'uomo che amavo [Giorgio Vajani, giovane medico milanese, partigiano]. Scrissi una recensione, e siccome ero e sono socialista, la inviai al giornale che sentivo mio, il Sempre Avanti!
- Seguo con grande passione e con enorme interesse la battaglia del movimento femminista. Ma ne vedo anche l'estremo pericolo: secondo me enucleare il problema femminile dal problema sociale, pensare di risolvere il problema delle donne partendo dalla tematica esclusiva delle donne, finisce per dare alla battaglia un significato riduttivo. Non è certo questo lo scopo che il femminismo si prefigge. Ma è il pericolo con cui si deve misurare.
- Mi presentai a De Benedetti, senza credenziali né santi protettori, il 2 giugno '55. Mi disse che non aveva mai avuto donne alla Stampa, che non sapeva quanto valessi e che mi avrebbe messo alla prova. Qualche mese più tardi, passando dalla cronaca mi disse: «Quando avrà il contratto (una volta non usava farlo subito, io ho aspettato l'assunzione regolare sei mesi) lei si «siederà» come tanti altri». Invece io non mi sono mai «seduta».
- Sul Sempre Avanti!, nel '47 scrissi un articolo a favore del divorzio. Dalle colonne del Popolo Nuovo una giornalista cattolica mi accusò violentemente di sostenere la tesi divorzista perché non ero sposata e non avevo figli. Una zitella insomma. E pensare che a quell'epoca ero una «zitella» molto giovane. In realtà, anche se la polemica si era rivestita di accenti così personalistici, di fatto era un attacco politico. Quella giornalista era un'ottima persona, aveva fatto la Resistenza, ma non tollerava le mie posizioni.
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