Giacomo Martina
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Giacomo Martina (1924 – 2012), presbitero e storico italiano.
Citazioni di Giacomo Martina
[modifica]- [su Ferdinando Petruccelli della Gattina] Un uomo incapace di costruire e occupato quasi sempre nei tentativi di demolire più o meno bassamente gli avversari nel campo politico o religioso.[1]
Storia della Chiesa
[modifica]- Il quietismo, la dottrina diffusa da Molinos [...], insegnava che, per eliminare ogni ostacolo alla grazia e lasciare a Dio il dominio assoluto delle nostre azioni, dobbiamo sopprimere più che sia possibile ogni nostra attività, agendo soltanto nel caso di un manifesto intervento di Dio che ce lo comandi. Il pelagianesimo sosteneva che possiamo fare tutto da soli, il quietismo insegnava che dobbiamo lasciar fare tutto a Dio. Perciò resistere alle tentazioni significa opporsi ad uno stato voluto da Dio, che talora per umiliarci permette che il demonio ci faccia violenza, muovendo fisicamente il nostro corpo, senza che questo costituisca peccato. (cap. XV, pp. 302-303)
- Inerte attesa della mozione divina, soppressione di ogni desiderio, orazione ridotta ad una specie di annichilimento: ecco i tratti essenziali del quietismo, condannato da Innocenzo XI nel 1687 con la bolla «Coelestis Pastor». L'abbandono in Dio spinto all'esasperazione, ben lontano dall'equilibrio della dottrina cattolica, poteva portare, e portò difatti in vari casi, ad una vera licenza morale. (cap. XV, p. 303)
- Il giansenismo, pur non mancando di elementi positivi, ebbe nel complesso un influsso negativo.
Il rigorismo teorico e pratico, esaltando l'efficacia della grazia fino a svalutare gli altri elementi della vita cristiana, e nello stesso tempo proponendo ai fedeli un ideale arduo e difficile da raggiungersi, divenne facilmente un motivo di scoraggiamento, un comodo pretesto per rinunziare alla lotta contro le passioni, per fuggire le proprie responsabilità e desistere da ogni serio sforzo di rinnovamento interiore. (cap. XV, p. 312)
- Col giansenismo si è [...] affermato un tipo di pietà e di devozione, che dà la preferenza all'adorazione per il Signore onnipotente, incomprensibile e inaccessibile, che decide arbitrariamente la sorte degli uomini, rispetto all'amore per il Padre che ama, aspetta perdona. Sono così svalutate le novene, il rosario, i canti popolari, per non parlare della devozione al S. Cuore, la bestia nera di molti giansenisti; la frequenza ai sacramenti diventa sempre più rara. La preghiera non è più un incontro personale, confidente e amoroso col Signore, ma si riduce a un freddo sguardo a sé stesso e a una riflessione scientifica su alcune verità di fede. (cap. XV, p. 312)
Note
[modifica]- ↑ Da Pio IX (1846-1850), vol. I, Gregorian&Biblical BookShop, 1974, p. 7.
Bibliografia
[modifica]- Giacomo Martina, Storia della Chiesa, Istituto di teologia per corrispondenza, Roma, 1980.
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