Giovanni Battista Pergolesi

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Giovanni Battista Pergolesi

Giovanni Battista Draghi detto Pergolesi (1710 – 1736), compositore, organista e violinista italiano.

Citazioni su Giovanni Battista Pergolesi[modifica]

  • Pergolesi è considerato come il rinnovatore della musica del suo tempo. Pieno di estro vivace, egli seppe maneggiare con incomparabile facilità lo stile forte ed armonioso nei ripieni delle voci, con accompagnamento strumentale, ma pur tuttavia melodico. Brillò per la novità delle idee, per la sublimità de' concetti, e per la naturalezza delle sue cantilene semplici e flessibili. I suoi pensieri sono espressivi, e ben distinta è l'unità del disegno, la vaghezza delle armonie, e lo squisito artifizio con cui sono orditi i tessuti. Diede movimento con andamento cantabile ai bassi, per lo addietro quasi sempre caminanti. Egli fu il primo che compose le arie con un accompagnamento strumentale diverso dalla cantilena dell'attore; ed egli il primo che fece parlare alla musica il linguaggio del cuore. (Francesco Florimo)
  • Pergolesi [nell'opera Lo frate 'nnammorato], vittima del libretto ispiratore, non ha avuto la visione del suo quadro, non ha saputo misurare la quantità d'emozione sufficiente a caratterizzare i personaggi patetici, s'è lasciato prender la mano dal momento lirico in sé, non lo ha inquadrato nel soggetto. Gli è mancata dunque la determinazione dei personaggi, la sintesi drammatica. (Andrea Della Corte)

Giuseppe Radiciotti[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • Se al Pergolesi non spettano tutte le innovazioni formali attribuitegli da alcuni storici, non di meno, anche la tecnica musicale deve a lui non poco; poiché egli perfezionò il recitativo e fissò la grafia della sua cadenza; diede i primi esempi dell'aria drammatica moderna; arricchì l'accompagnamento di nuovi mezzi espressivi; tentò il finale d'opera; preparò la via all'invenzione della sonata drammatica. Se poi si guardi l'anima, l'essenza dell'arte, l'opera innovatrice del Pergolesi è della più alta importanza; poiché egli infuse un nuovo spirito alla melodia, dandole per base la verità dell'espressione ed avvivandola al fuoco dell'amore.
  • Mentre gli altri compositori di opere suoi contemporanei, anche insigni, si prendono licenze d'ogni genere, spesso contravvenendo alle buone regole dell'accentuazione e peccando contro la proprietà della frase melodica, egli solo è irreprensibile per questo riguardo. Non lo vedete mai storpiare il testo per comodo del disegno melodico; anzi, egli assoggetta questo alle esigenze di quello, spezzando, all'occorrenza, la frase, cambiando tempo, ecc. Talvolta, per ottenere un maggior effetto drammatico, ritocca egli stesso la poesia, ripetendo o trasponendo, secondo i casi, le parole.
  • Nel dare poi all'amore ed al dolore un'espressione profonda e penetrante, il Pergolesi, non solo non ebbe precursori, ma non fu superato da alcuno in tutto il secolo XVIII. Anche il Mozart canta l'amore, ma nei suoi personaggi, come del pari nella sua vita, questo sentimento non si scalda mai sino a diventare passione; mentre la passione pervade tutta l'opera pergolesiana: se ne sentono gli accenti tanto nelle opere serie quanto nelle comiche, nelle sacre, nella siciliana e persino nelle composizioni strumentali da camera.
  • Concludendo: nella storia dell'opera napoletana, il Pergolesi dev'esser considerato come il più gran genio del periodo vinciano, che va dal Vinci allo Jommelli[1], escluso; in quella della musica settecentistica, come il più sentimentale compositore del secolo, ed uno dei maggiori luminari dell'opera, precursore tanto del Gluck quanto del Mozart; in quella generale della musica, come uno dei più gentili e soavi poeti dell'arte dei suoni di tutti i tempi e di tutte le nazioni. Nel campo dell'opera comica e semiseria, in tutto il settecento, egli non la cede che al Mozart, il quale, pur rimanendogli alquanto addietro in calore di sentimento ed in efficacia drammatica, lo supera in maturità di genio. È giusto però considerare che il Salisburghese visse due lustri più di lui; se la morte lo avesse colto a ventisei anni, come il Pergolesi, non avrebbe avuto tempo di legare ai posteri né Le nozze di Figaro, né Il flauto magico, né il Don Giovanni, vale a dire i suoi maggiori titoli all'immortalità.

Note[modifica]

  1. Da Leonardo Vinci (1696 – 1730) a Niccolò Jommelli (1714 – 1774).

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