Giulio Leoni

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Giulio Leoni (1951 — vivente), scrittore italiano. Ha anche usato lo pseudonimo di J.P. Rylan.

Incipit di alcune opere[modifica]

Ciclo di Dante Alighieri[modifica]

I delitti della medusa[modifica]

I delitti del mosaico[modifica]

I delitti della luce[modifica]

La crociata delle tenebre[modifica]

La sindone del diavolo[modifica]

Il manoscritto delle anime perdute[modifica]

I delitti dei nove cieli[modifica]

Firenze, inverno del 1305

L'uomo si avvicinò alla feritoia che dava sulla strada sottostante. I resti della loggia delle Granaglie distrutta dall'incendio di pochi anni prima resistevano ancora in piedi, sotto la fredda pioggia battente che da tre giorni martellava la città. E le notizie che giungevano dalla guardia al fiume non erano per nulla rassicuranti, con i rapporti che segnalavano il livello dell'Arno in aumento ogni ora senza sosta.
Sollevò lo sguardo verso l'orizzonte, oltre i tetti dell'abitato che sbarravano la vista al di là della via. A monte, verso le colline e poi più indietro, oltre a valle d'Inferno verso il Falterona, tutti gli infiniti rivoli d'acqua scaricati dalle nubi color piombo si stavano raccogliendo in una massa imponente, che correva verso Firenze come una mandria di cavalli imbizzarriti pronta a devastare una città chiusa nei suoi fragili rifugi, istupidita dalla furia degli elementi.
Tornò a fissare i muri semicarbonizzati della loggia, dove la venerata immagine della Madonna del Popolo, che finora li aveva protetti con la sua potenza miracolosa, era sparita tra le fiamme insieme con tutte le altre immagini sacre e i simboli delle Arti. Chi avrebbe protetto ora i cittadini di questa città divisa, che solo un precario accordo di potere tra le prime famiglie tratteneva dal tornare a scannarsi tra di loro come già era avvenuto innumerevoli volte?
Voltò le spalle alla finestra, mentre un nuovo, rabbioso scroscio di pioggia si abbatteva sull'impannata inondando il pavimento e bagnando l'orlo della lunga cappa che lo avvolgeva. Ma l'uomo non badava più a quello che avveniva fuori dalla sala del capitolo della torre dei Campiobbesi.
Tutta la sua attenzione era adesso rivolta agli altri uomini presenti, avvolti in simili cappe cerimoniali, disposti intorno al lungo tavolo di quercia che occupava quasi per intero l'ambiente. Uomini che conosceva bene, un piccolo gruppo che avrebbe dovuto guidare un popolo ben più vasto, attingendo alla luce di giustizia e saggezza. E che invece di quel popolo soffriva tutti i limiti e ripeteva tutte le bassezze.
Sfortunato quel gregge i cui pastori sono voraci come lupi e infidi come faine, pensò tra sé, mentre prendeva posto al capo della tavola. Eppure erano proprio loro che in quel giorno erano chiamati a decidere.

Ciclo di Anharra[modifica]

Il trono della follia[modifica]

l santuario delle tenebre[modifica]

L'eredità di sangue / Il cerchio del destino[modifica]

M-Files[modifica]

Altri romanzi[modifica]

La regola delle ombre[modifica]

Chino sulla cassa, l'uomo estrasse un piccolo elemento di metallo dagli scomparti interni. Lo esaminò alla luce della lampada appesa sopra la sua testa, poi lo inserì con precisione all'interno del riquadro di legno. Osservò il risultato, quindi ripeté il gesto.
Silenzioso, guidato da una regola che solo lui sembrava conoscere, proseguiva in quel rito da ore. Alle sue spalle le ruote della macchina attendevano di dare voce alla storia che giaceva muta sul tavolo, replicandola in un'eco infinita.

L'occhio di Dio[modifica]

Fortezza di Palmanova
confine orientale della repubblica di San Marco,
addì 5 dicembre dell'anno 1605,
all'avvicinarsi della mezzanotte

Sul fondo della galleria era apparso un chiarore baluginante.
La donna gettò a terra la fiaccola con cui fino a quel momento si erano orientati lungo il camminamento sotterraneo, spegnendola in fretta sotto i piedi. Poi lanciò un cenno silenzioso alla volta dello scienziato, invitandolo ad avanzare con cautela, senza deporre il carico che trasportava sulla spalla. «Ci siamo», gli sussurrò all'orecchio. «Fra poco vedrete quello che vi avevo promesso, e ogni vostra curiosità sarà soddisfatta. Ma non so se me ne sarete grato».
Galileo avrebbe voluto rispondere qualcosa, ma non ci riuscì. Ansimava, grondante di sudore per il peso che aveva trascinato sin lì e per l'aria densa e soffocante del sotterraneo, quasi irrespirabile.
Ma anche in quelle condizioni, gli era parso di avvertire per un instante un profumo sottile, nell'attimo che le labbra della donna si erano avvicinate. Una fragranza indefinibile, che sembrava emanare dal suo corpo anche sotto le piastre d'oro della corazza e che la avvolgeva come un manto delle fate.

Bibliografia[modifica]

Altri progetti[modifica]