Giuseppe Boffito
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Giuseppe Boffito (1869 – 1944), letterato, bibliografo, storico della scienza e presbitero italiano.
Frontespizi incisi nel libro italiano del Seicento
[modifica]- Crediamo di non esagerare affermando che il libro italiano del Seicento è ancora presso che un ignoto, quando non sia, come spesso è, un reietto. Non diciamo ignoto ad alcuni specialisti bibliografi, sebbene per solito anche da loro trascurato o non curato, ma ignoto ai più, anche a quelli che talora s'occupano di libri vecchi. Appena poche righe o pagine, e quasi a malincuore, dedicano ad esso i trattatisti mentre interi volumi hanno consacrato e consacrano al libro dell'età precedente, il quale non rifiniscono, meritamente del resto, dall'esaltare e celebrare. (pp. 11-12)
- Sembra che la tristissima fama che per lungo tempo ebbe il Seicento gravasse e gravi anche sul libro e la condanna di quell'età nella sua letteratura e coltura coinvolgesse e coinvolga anche quello che della letteratura e della coltura è il maggiore strumento o il veicolo principale di diffusione. D'altra parte è ben vero che i libri del Seicento non posseggono ordinariamente quella grazia e compostezza che è fatta apposta per attirare l'occhio e accaparrarsi la simpatia degli studiosi. Trascurata la legatura, spesso in pergamena, più di rado in cartone ma senza quell'eleganza ch'è propria della legatura bodoniana, negletta la stampa, scadente la carta e sovratutto grossolani e poco nitidi i caratteri o tipi. Per quest'ultimo rispetto par quasi che una sottil nebbia si sia venuta distendendo sulle pagine dei libri a far perdere il netto contorno delle lettere. Chi voglia farsene un'idea non ha che a prendere in mano un libro qualunque stampato nel Seicento e paragonarlo con un altro qualunque libro impresso nel Quattrocento o nella prima metà del Cinquecento [...]. (p. 12)
- [...] il frontespizio del libro aveva nel Seicento le maggiori e più delicate cure, simile in questo alla moderna copertina, così curata oggi da editori e autori. Il libro doveva sin dalle prime pagine, o almeno nelle prime pagine, fermare l'attenzione e formare l'ammirazione del più distratto lettore. Se l'impressione tipografica era cattiva, o addirittura orribile, scadente la carta, i caratteri sbavati, non importava troppo: il primo aspetto sì importava che fosse bello o appariscente. Di qui lo spesseggiare dei frontespizi incisi, in questo secolo; tanto che il Seicento si potrebbe tipograficamente definire come il secolo dei frontespizi, alla stessa guisa che il Settecento merita d'essere detto il secolo delle vignette. (p. 52)
- Frontespizi d'ogni genere e d'ogni gusto, semplici, barocchi, barocchissimi: i primi sono rari, ma non mancano. Architettonici i più, ora puri portali, ora addirittura archi di trionfo o anche facciate d'edifizi: il tutto ornato di solito da statue simboliche o storiche: ma anche frontespizi floreali, araldici, animaleschi, frontespizi con scene, sovente graziose, idilliche mitologiche od allegoriche, con vedute di città o di mare o di campagna. Qualche genietto o angelo alato non manca quasi mai, come spesso campeggia in alto il ritratto dell'autore oppure il ritratto o l'impresa della persona a cui il libro è dedicato. Il titolo o cartello, inciso o no, ora occupa, com'era giusto, il centro e l'incisione si riduce a un'inquadratura più o meno ricca e sfoggiata, ora invece ha appena modo di far capolino in qualche piedistallo, in qualche pietra caduta e dispersa, in qualche scudetto, o in qualche drappo o banderuola svolazzante. (p. 52)
- Il processo d'incisione ordinariamente adoperato non è uno solo: ora è l'acquaforte ed ora il bulino, ed ora il lavoro frettoloso della punta si mescola e si compie col lavorio paziente del bulino. Famose sovra tutte le acqueforti del Della Bella e del Callot, il quale ultimo crebbe a quest'arte, come riconosce il suo ultimo e migliore biografo, il Pian, nella officina fiorentina di Giulio Parigi. Tuttavia anche il Callot, quando si trattò nel 1619 d'illustrare la lunga serie dei Miracoli della SS. Annunziata preferì il bulino all'acquaforte. Il Boetto e lo Schiaminossi[1] incidono bensì con l'acquaforte, ma ritoccano e rifiniscono poi l'incisione con l'aiuto del bulino; e così soglion fare vari altri, come, dietro la guida del Bartsch del Vesme e di altri competenti studiosi d'arte, verremo notando nello stendere l'elenco alfabetico degli incisori di frontespizi. (p. 58)
Note
[modifica]- ↑ Nel testo "Sciaminossi".
Bibliografia
[modifica]- Giuseppe Boffito, Frontespizi incisi nel libro italiano del Seicento, Libreria internazionale succ. Seeber, Firenze, 1922.
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