Gran Premio motociclistico di Cecoslovacchia 1977
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Citazioni sul Gran Premio motociclistico di Cecoslovacchia 1977.
Citazioni in ordine temporale.
- [«Arrivando terzo e conquistando così il titolo mondiale hai mandato a quel paese tutti. Fu un modo di sfogare la tensione [...] o c'era altro?»] Il fatto principale è da ricondursi nella trasferta dalla Finlandia alla Cecoslovacchia che imponeva di attraversare il confine con la Germania dell'Est. Durante questo trasferimento il camionista si addormentò finendo con il furgone fuori strada [...]. Il terrore immediato fu per il padre di Bianchi che sfondò il vetro del camion e rotolò fuori facendo temere per una paralisi. Tieni presente che allora l'est era est, dovemmo far ricoverare il padre di Bianchi nel loro ospedale [...]. Constatato che [...] non era in pericolo serio, dovemmo [...] cercare un camion per caricare il nostro furgone e terminare il viaggio. Potete immaginare la difficoltà di far passare un camion tedesco con sopra un furgone italiano alla frontiera con la Cecoslovacchia. Quando dopo le interminabili operazioni arrivammo a Brno, in centro, il camionista ci disse che dovevamo scaricare il furgone in fretta [...]. Ma come scaricarlo? [...] Fu così che l'estro italiano emerse, il mio meccanico, Sergio Baroncini che [...] di professione faceva il soccorritore Aci, si ingegnò nel far rinculare il camion vicino ad un monumento scalinato e con delle assi facemmo scivolare il furgone su quella improvvisata rampa. [...] Ma quando aprimmo il furgone, era tutto a soqquadro. Le moto si erano distaccate dal supporto e si erano urtate tra loro, le leve avevano bucato i serbatoi e si erano rotte insieme alle carene. Presi dallo sconforto e dalla stanchezza decidemmo di andare a riposare, tutti tranne Sergio che durante la notte fece un mix tra le moto. Pileri diede la disponibilità ad usare i pezzi della sua moto per sostituire i miei pezzi disastrati. Fu così che alla mattina successiva ci presentammo alle qualifiche con una moto piena di bozze e assemblata alla bella e meglio. Era quella moto che doveva supportarmi per il titolo mondiale.
- A me bastava il terzo posto ed essere matematicamente campione con una gara d'anticipo. Per essere sicuro della tenuta del motore chiesi al team "mettiamo un pistone fresco" in quanto non avremmo in ogni caso potuto sostenere la trasferta all'ultima gara a Silverstone. I meccanici negarono l'esigenza, sostenendo che quello montato andava benissimo perchè aveva pochi chilometri. Io mi impuntai e lo feci sostituire, dopo pochi giri di qualifica il motore grippò. Per la gara dovetti partire con una moto che veniva da un grippaggio e la disistima di tutto il team. [...] mi preparai alla gara che mi avrebbe potuto dare il titolo mondiale con la consapevolezza che non potevo fallire in quanto era l'unica possibilità a disposizione perchè con la moto in quelle condizioni e senza furgone non avremmo potuto partecipare all'ultima trasferta.
- Partito in testa dopo poco mi superarono Villa e Uncini, a me andava bene il terzo e non volevo forzare, però a metà gara Mick Grant mi sorpassò e da terzo campione del mondo virtuale mi trovai quarto non essendolo più. Per fortuna Grant ebbe una perdita dal serbatoio e si ritirò ed io tornai virtualmente campione. L'alternanza di emozioni era gravosa. Katayama mi stava inseguendo, guadagnava terreno su di me. Ricordo che c'era un punto, dopo una curva con delle balle di paglia, in cui mi giravo per controllare la situazione per vedere se arrivava [...]: prima non lo vedevo, poi vedovo la sua ruota, poi tutta la figura intera, ero spacciato! Alla fine anche Takazumi Katayama ruppe. Ora ero rilassato, tutti dal box mi dicevano di andar piano. Vado piano, vado piano... rispondevo muovendo il casco in un vistoso cenno di assenso. Forse troppo piano, perché Ballington, Fernandez e Tom Herron non stavano andando piano ma mi stavano venendo a prendere [...]. A quel punto le mani che prima mi dicevano piano piano, ora dicevano vai vai. Cambiare il ritmo durante in gara non è cosa facile, uno stress non da poco. Ma alla fine ce le feci: arrivai terzo con una ventina di metri su loro, ed ero campione del mondo, ma con tanta sofferenza. Quando tagliai il traguardo sbottai con l'italico gesto dicendo dentro di me: "ma... andate tutti a fare delle pugnette!". Sul podio ero serio come se l'avessi perso perché non riuscivo a togliermi questa tranche agonistica [...]. Solo durante la premiazione sul podio, il fido Baroncini mi disse "dai ridi... sei campione del mondo"... lì la bolla in cui ero rinchiuso scoppiò e sorrisi timidamente.
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