Janet Evanovich
Janet Evanovich (1943 — vivente), scrittrice statunitense. Ha usato anche lo pseudonimo Steffie Hall.
Tirai un profondo sospiro e rivolsi a Joe la domanda che più mi martellava nella mente degli ultimi tre giorni. «E Ramirez?»
«È in stato di fermo senza cauzione, in attesa della perizia psichiatrica. Ora che Alpha è uscito di scena, numerose donne si sono presentate per testimoniare contro il pugile.»
Il senso di sollievo era quasi doloroso.
«Che progetti hai?» s'informò Morelli. «Continuerai a lavorare per Vinnie?»
«Non lo so ancora», risposi mangiando un po' di pizza. «È probabile. Quasi certo.»
«Giusto per sgombrare il terreno dall'incomprensione», riprese Morelli, «Mi dispiace di aver scritto quei versi sul muro dello stadio, quando eravamo alla scuola superiore.»
Mi sentii mancare. «Sul muro dello stadio?»
Silenzio.
Morelli era arrossito. «Credevo che lo sapessi.»
«Io sapevo delle scritte al Mario's Sub Shop!»
«Oh.»
«Stai dicendo che hai scritto una poesia sul muro dello stadio? con i particolari di ciò che era successo dietro la vetrina dei cannoli, in pasticceria?!»
«Servirebbe se ti dicessi che era una poesia lusinghiera nei tuoi confronti?»
Avrei voluto picchiarlo, ma lui era già in piedi e saltellava lontano da me. «Accidenti, Stephanie, non è bene serbare rancore.»
«Sei un farabutto, Morelli. Un vero bastardo.»
«È probabile», ammise lui, «ma ti ho portato una buona...pizza.»
Sapevo che Ranger mi era accanto perché vedevo il suo orecchino che scintillava alla luce della luna. Tutto il resto di lui — la T-shirt, il giubbotto, i capelli imbrillantinati e la Glock nove millimetri — era nero come la notte. Persino il colore della sua pelle sembrava essersi scurito di un paio di toni. Ricardo Carlos Manoso, il camaleonte cubano-americano.
Io, da parte mia, occhi azzurri e pelle chiara, ero il prodotto di un'unione italo-ungherese e il mio camuffamento per un'attività notturna clandestina non era nemmeno lontanamente all'altezza del suo.
Bibliografia
[modifica]- Janet Evanovich, Due di troppo, traduzione di Stefano Massaron, TEA, 2009. ISBN 9788850218363
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