Josef Radetzky
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Josef Radetzky (1766 – 1858), feldmaresciallo austriaco.
Citazioni di Josef Radetzky
[modifica]- [Riferendosi alle cinque giornate di Milano] Ore 2 della notte dal 18 al 19 marzo 1848
[...] A Milano è stato dichiarato lo stato d'assedio. Il consigliere governativo, conte Pachta, che era stato completamente depredato e solo con grande stento aveva salvato la vita, è arrivato sotto scorta al castello, verso sera. Gli ho affidato, provvisoriamente, la direzione degli eventuali affari governativi.
Non posso ancora dichiarare le mie perdite in morti e feriti, ma certo non possono essere state insignificanti.
Per il momento la situazione è tranquilla, ma certo è possibile che col far del giorno la battaglia ricominci.
Sono deciso a rimanere padrone di Milano ad ogni costo. Se la lotta non viene abbandonata, farò bombardare la città.[1]
- 19 marzo, ore 5 pomeridiane
[...] Le vie di Milano sono come morte, nessuna bottega, nessuna porta si è aperta per tutto il giorno, e mi sono visto costretto a procurarmi la carne necessaria facendo uso di grossi reparti di soldati. Per fortuna sono stato avvisato ancora in tempo che la carne era avvelenata: altrimenti una sciagura immensa si sarebbe abbattuta su di noi, poiché si trovò effettivamente che parecchia carne era avvelenata.[1]
- 21 marzo, ore 10 del mattino
[...] Ieri la battaglia è continuata con grande furia; ci debbono essere stati molti caduti da entrambe le parti; non posso dichiarare le mie perdite, perché mi mancano ancora i dati completi. La città di Milano è stata sconvolta fin dalle fondamenta, tanto che è difficile farsene un'idea. Non cento, ma mille barricate bloccano le strade, e il partito, nell'esecuzione delle sue misure, dispiega un'avvedutezza e un'audacia che indicano con assoluta evidenza che alla testa ci sono capi militari fatti venire dall'estero. Il carattere del popolo di Milano mi sembra trasformato come per un colpo di bacchetta magica: il fanatismo ha preso persone di ogni età, di ogni rango, uomini e donne.[1]
- 22 marzo 1848
[...] È la decisione più tremenda della mia vita, ma non posso tenere Milano più a lungo. L'intero paese è in rivolta. Alle spalle sono minacciato dal Piemonte. Possono distruggere tutti i ponti alle mie spalle, non ho materiali per ricostruirli e tanto meno mezzi di trasporto. Non so nulla di quello che accade dietro di me. Mi ritirerò passando per Lodi, allo scopo di evitare le grandi città, e anche perché la campagna, che questa strada attraversa, è libera.[1]
Citazioni su Josef Radetzky
[modifica]- Aveva sposato una Contessa austriaca che viveva a Vienna e gli aveva dato otto figli da cui non gli venivano che dispiaceri. Uno militava ai suoi ordini lì a Milano, ma era un così cattivo arnese che un prete un giorno lo schiaffeggio per strada. Radetzky mandò a chiamare il prete, gli strinse la mano e gli disse: "Crazzie". Per amante si era presa una brava stiratrice lombarda che sapeva cucinare bene gli gnocchi, di cui era ghiottissimo, e dalla quale ebbe altri quattro figli. Non era affatto un odiatore degl'italiani: tant'è vero che, quando andò in pensione, rimase a Milano, e lì morì nel '58. Era soltanto un fedele servitore del suo Paese, di cui non discuteva la causa. E soprattutto era un vecchio lupo di guerra coraggioso, astuto e risoluto. (Indro Montanelli)
- Questo grande soldato non aveva mai conosciuto sconfitte, e a ottant'anni suonati conservava intatte prestanza fisica ed energia morale. Come tutti i militari, credeva soltanto nella spada e nella disciplina. Ma non somigliava affatto all'immagine che di lui ci ha tramandato la storiografia risorgimentale: quella del crudele "impiccatore", del caporalaccio ottuso, grossolano e brutale. Era al contrario un grande signore, di tratto ruvido ma generoso, perpetuamente alle prese con problemi di bilancio perché aveva le mani bucate. (Indro Montanelli)
Note
[modifica]- ↑ a b c d Rapporto di Radetzky a Ficquelmont del 19, 21 e 22 marzo 1848, in Archiv für österreichische Geschichte, Vienna 1906, vol. XCV, pp. 150-58; citato in Denis Mack Smith, Il Risorgimento italiano. Storia e testi, Gius. Laterza & Figli, 1968; edizione Club del Libro, 1981, pp. 259-264.
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