Joseph-François Michaud

Joseph-François Michaud (1767 – 1839), storico francese.
Storia delle Crociate
[modifica]La storia del medio evo presenta lo spettacolo il più grandioso col quadro delle Crociate, nel quale veggonsi i popoli dell'Asia e dell'Europa armati gli uni contro gli altri, e due religioni che si fanno reciproca guerra per disputarsi l'impero del mondo. L'Occidente, dopo essere stato per molte volte minacciato dai Mussulmani, e per lungo volgere d'anni bersagliato dalle loro invasioni, improvvisamente si sveglia, e sembra, secondo l’espressione di uno storico greco[1], che si schianti dalle fondamenta per precipitarsi sull'Asia. Tutti i popoli abbandonano i propri interessi, ogni rivalità, e più non mirano sulla terra che una sola contrada degna dell'ambizione dei conquistatori. Per poco si direbbe che non vi fosse più nell'universo altra città che Gerusalemme, altra terra abitabile che quella la quale rinchiudeva il sepolcro di Gesù Cristo. Tutte le vie che menano alla santa città, sono inondate di sangue, e più non vi s'incontrano che le spoglie e gli avanzi dispersi degl'imperi.
Citazioni
[modifica]- Pietro l'Eremita, predicatore della Crociata, a cui certamente rinfacciavano i Crociati le disgrazie che provavano, non poté ascoltare le loro lagnanze né stare a parte della loro miseria; disperando del buon successo di quella spedizione, si fuggì secretamente dal campo dei Cristiani. La quale diserzione cagionò un grave scandalo fra i pellegrini e ne restarono stupefatti, dice l'abate Guibert, come se le stelle fossero cadute dal Cielo. (vol. I, pp. 54-55)
- [...] in mezzo alla corruzione che regnava nel campo cristiano, la stessa virtù dovea pensare a fuggirsi, e poteva avere una scusa la diserzione. Se si dee credere ai racconti contemporanei, tutti i vizii dell'infame Babilonia regnavano nelle file dei liberatori di Sionne. Strano ed inaudito spettacolo! Sotto la tenda dei Crociati si scorgevano assieme carestia e voluttà; l'impuro amore, la sfrenata passione del giuoco, tutti gli eccessi della dissolutezza si confondevano colle imagini della morte. Per poco sembrava che la maggior parte dei pellegrini nella sventura sdegnasse le consolazioni che la pietà e la virtù somministra. (vol. I, p. 55)
- [Goffredo di Buglione] La storia contemporanea, nel trasmetterci il suo ritratto, ci narra ch'egli univa alla bravura ed alle virtù di un eroe la semplicità di un cenobita. La sua destrezza nei combattimenti, una straordinaria forza di corpo lo rendevano ammirabile in campo. La prudenza e la moderazione temperavano il suo valore; la sua divozione era sincera e disinteressata, e nella guerra santa esercitò il suo coraggio e la sua vendetta soltanto contro i nemici di Cristo. (vol. I, pp. 157-158)
- Fedele alla propria parola, liberale, affabile, pieno d'umanità, [Goffredo di Buglione] era dai principi e cavalieri considerato come il loro modello, dai soldati come padre; tutti i guerrieri ambivano di combattere sotto le sue bandiere. S'egli veramente non fu il capo della Crociata, siccome alcuni storici hanno opinato, ottenne almeno l'impero che è dono della virtù. (vol. I, p. 158)
- In mezzo alle discordie e alle risse, i principi ed i baroni implorarono sovente la saviezza di Goffredo [di Buglione], e nei pericoli della guerra i suoi consigli erano come ordini assoluti. (vol. I, p. 158)
- La storia ha notato che i Cristiani erano entrati in Gerusalemme un venerdì a tre ore di sera: era il giorno e l'ora in cui Gesù Cristo spirò per la salvezza del genere umano. Quest'epoca memorabile avrebbe dovuto inchinare i cuori loro a sentimenti di misericordia; ma irritati dalle minacce e dai lunghi insulti de' Saracini, inaspriti dai mali sofferti nell'assedio, e dalla resistenza che aveano provata persino entro la città, coprirono di sangue e di lutto quella Gerusalemme che aveano liberata, e che riguardavano come futura loro patria. In breve la carnificina divenne generale; coloro che sfuggivano al ferro de' soldati di Goffredo e di Tancredi, correvano in braccio ai Provenzali sitibondi egualmente di sangue. I Saracini erano trucidati nelle strade, nelle case; Gerusalemme non aveva asilo pei vinti; poterono alcuni sottrarsi alla morte, gettandosi giù delle mura; gli altri correvano in folla a nascondersi nei palazzi, nelle moschee principalmente, ove non furono salvi dalla persecuzione de' Cristiani. (vol. I, pp. 178-179)
Viaggio in Grecia ed a Smirne
[modifica]Eccoci in alto mare, imbarcati sul brick francese da guerra, il Loiret. Noi uscimmo il 27 Maggio 1830, a mezzogiorno, dalla rada di Tolone, mentre due giorni prima aveva salpato la spedizione d'Algeri co' suoi sessanta vascelli da guerra, co' suoi mille e duecento bastimenti da trasporto, colle sue mille bocche da fuoco e i suoi ventimila guerrieri.
Citazioni
[modifica]- I piloti siciliani che ci avevano condotti per quello stretto ci abbandonarono dirimpetto a Messina, non senza chiederci qualche largizione. Il tempo era troppo bello perchè noi potessimo apprezzare il servigio che pareva ci avessero reso: malgrado la nullità della loro scorta, non trovammo però un gran male che de' poveri marinaj avessero a speculare sulle credenze de' tempi favolosi, tenendo viva, se non foss'altro, la memoria dei disastri che furono dai poeti cantati, illustrandoci le gesta di Ulisse e de' suoi compagni. (p. 8)
- Un battello greco ci condusse all'isola di Sfagia o Sfacteria, situata in faccia a Navarino. Quest'isola che può avere più di un miglio di lunghezza, ed è larga dalle trecento alle quattrocento tese chiude la rada dalla parte dell'ovest. Quantunque essa non sia mai stata abitata, pure non fu dimenticata dalla storia. La memoria dei disastri di cui essa fu il teatro, risale sino ai tempi dell'antica guerra del Peloponneso, e bisogna leggere nell'elegante storia di Tucidide il racconto delle avventure sofferte da un numeroso corpo di Spartani che vi si trovarono chiusi senza speranza di soccorso. (pp. 17-18)
- Allora noi andammo a gettar l'àncora non lungi dal luogo dove aveva avuto luogo l'antica battaglia di Salamina e presso al promontorio ove tuttora sorge la tomba di Temistocle.
Ci fu raccontato in seguito che i razzi da noi fatti scoppiare erano stati con paura osservati dai Turchi, che non sapevano quali segnali essi fossero, per cui passarono tutta la notte nell'agitazione e nell'allarme. Trecento Albanesi scesero sino al Pireo, percorsero in lungo e in largo la riva, temendo di qualche sorpresa per parte dei Greci o dei Franchi. (pp. 111-112) - A mezzo giorno eravamo dirimpetto al capo Sunium: il canotto del Loiret ci condusse al lido. — Una brezza leggiera temperava l'arsura del giorno: la montagna che forma il promontorio è coperta di timo, e di altre erbe odorifere. Poche lenti crescevano qua e là fra le roccie ed i sassi. Tra i fiori che ornano gli accessi al tempio di Minerva io scorsi una grande quantità di sempre vivi. Io ne composi una ghirlanda e la deposi sul marmo bianco del santuario. (p. 183)
- Quando Platone seduto sotto l'aereo portico del tempio, insegnava a' proprj discepoli le leggi della divina saggezza, egli non aveva che a mostrar loro quest'immenso orizzonte, questa vôlta celeste sì fulgida, tutte queste meraviglie della terra e del cielo. Questo magnifico spettacolo, che il viaggiatore contempla con un certo qual religioso raccoglimento, non può essere a parole descritto. (p. 184)
Note
[modifica]- ↑ Anna Comneno, Storia dell'imperatore Alessi. [N.d.A.]
Bibliografia
[modifica]- Joseph-François Michaud, Storia delle Crociate, recata in lingua italiana per cura del cav. Luigi Rossi, vol. I, R. Marotta e Vanspandoch, Napoli, 1831.
- Joseph-François Michaud, Viaggio in Grecia ed a Smirne, traduzione di G. S., presso l'ufficio de' giornali L'indicatore e Il barbiere di Siviglia, Milano, 1834.
Altri progetti
[modifica]Wikipedia contiene una voce riguardante Joseph François Michaud
Wikisource contiene una pagina dedicata a Joseph François Michaud
Commons contiene immagini o altri file su Joseph François Michaud