Laura Grimaldi
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Laura Grimaldi (1928 – 2012), scrittrice e traduttrice italiana.
Intervista di Guido Passalacqua, la Repubblica, 12 novembre 2000.
- Mi piace il noir che è caos, il giallo d'indagine è ordine e mi pare che per noi che le regole le rispettiamo, ce ne siano già troppe...
- Milano si presta al giallo, ma a un giallo che sta tra le mura delle case. Spesso quando si pensa alla Milano gialla o nera si pensa a Scerbanenco, alla sua Milano da marciapiede. Per me è un errore. I veri gialli italiani si possono svolgere solo tra le pareti casalinghe, non sono i gialli metropolitani all'americana.
- Io viaggio sui mezzi pubblici, sono una signora vecchio stile, sto con gli occhi aperti, colgo nelle facce la disperazione per il non futuro, la solitudine.
- È Milano e la sua borghesia, anzi un pezzetto della sua borghesia che mi interessa. I miei sono esempi estremi, questo pezzetto di borghesia e la periferia disperata. Il romanzo si nutre di estremi, altrimenti sarebbe un saggio. Voglio raccontare lo scontro tra i borghesi della nuova generazione e la Milano disperata. Ma non vorrei che fosse un pamphlet, un libro a tesi, moralistico. Non vorrei neppure che fosse un libro stile americano, il nostro passo è più lento.
- Al Gratosoglio ci sono arrivata con i tassisti. Me ne parlavano, una volta ho detto "Portatemi lì". Mi sono fermata ho parlato con la gente, con le donne, meridionali, oppresse due volte: dall'essere donna e dall'essere meridionale. Donne che ti parlavano del figlio, che magari non si bucava, come se fosse già morto. Quel quartiere è peggio che una prigione. Tempo fa ho visto sui giornali delle fotografie del nuovo carcere a Bollate: mi sembrava più accogliente del Gratosoglio.
- Non amo la Milano della memoria, non sono una vecchia signora che ripete il "passato è bello". Ma... Bisognerebbe conservare del passato di questa città la memoria della borghesia di Milano che ha avuto sempre una grande dignità, che è stata la guida economica e morale della metropoli. Oggi mi sembra che tutti stiano impazzendo, una borghesia che non ha più radici che si veste tutta nello stesso modo, che si comporta tutta identicamente: una borghesia che non ha più coscienza di sé.
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