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Ljudmila Putina

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Ljudmila Putina nel 2012

Ljudmila Aleksandrovna Putina, nata Škrebneva (1958 – vivente), linguista russa.

Memorie d'oltrecortina

Intervista di Natalija Gevorkian e Natalija Timakova, traduzione di Francesco Maiello, Carocci, Roma, 2001, ISBN 88-430-2509.

  • C'era qualcosa in Volodja che mi attirava. Nel giro di tre o quattro mesi avevo deciso che era l'uomo per me. [«Perché? Se lei stessa ha detto che era banale e noioso».] Probabilmente era la sua forza interiore, la stessa dote che ora attira tutti verso di lui.
  • Una sera eravamo a casa sua e lui disse: «Ormai mi conosci, sai che tipo sono. In linea di massima non sono un tipo facile». Stava facendo autocritica. Mi spiegò che era un tipo silenzioso, che era piuttosto brusco in certo cose, arrivava anche ad insultare la gente e così via. Stava dicendo di essere un compagno per la vita ad alto rischio. E aggiunse: «In tre anni e mezzo te ne sei probabilmente resa conto». Mi sembrava che stavamo lasciandoci. «Sì, me ne sono resa conto», risposi. Ma a quel punto disse: «Allora se è così ti amo e ti chiedo di sposarmi». Per me fu una sorpresa assoluta. Risposi di sì. Tre mesi dopo ci sposammo.
  • I suoi genitori mi trattavano come la donna che era stata scelta da loro figlio. E lui era il loro sole, la loro luna, le loro stelle. Facevano tutto quello che potevano per lui. Non si poteva fare più di quello che facevano. Hanno investito tutta la loro vita in lui. Vladimir Spiridonovič e Maria Ivanovna erano dei buoni genitori.
  • Non parlavamo di lavoro a casa. Credo che il tipo di lavoro che faceva mio marito rendeva le cose diverse rispetto ad altre situazioni. Al KGB c'è sempre stata una regola ferrea: non parlare con la propria moglie. Ci hanno detto che c'erano stati problemi quando l'eccessiva franchezza aveva determinato conseguenze spiacevoli. Partivano sempre dal presupposto che meno la moglie sapeva meglio avrebbe dormito. Io facevo abbastanza spesso amicizia con i tedeschi e se qualcuna delle mie conoscenze era indesiderabile Volodja me lo faceva sapere.
  • Certo la vita nella Germania Est era molto diversa dalla vita in Russia. Le strade erano pulite. Lavavano le finestre una volta a settimana. C'era una grande quantità di beni di consumo, non come quella che avevano in Germania Ovest, naturalmente, ma era sempre meglio che in Russia.
  • All'inizio avevamo veramente nostalgia di casa. Ma stavamo abbastanza bene in Germania Est. Sono passati quattro anni e in quattro anni un paese straniero e una città straniera possono diventare quasi familiari. Quando cadde il muro di Berlino e fu chiaro che era la fine abbiamo avuto l'orribile sensazione che il paese diventato quasi casa nostra non sarebbe sopravvissuto.
  • Fui testimone di ciò che avvenne alla mia vicina quando si scatenarono nella Germania Est tutti questi eventi rivoluzionari. Non era solo una vicina di casa, era un'amica e pianse per una settimana. Piangeva sui suoi ideali svaniti, sul crollo di tutto ciò in cui aveva creduto per l'intera esistenza. Per loro era la fine di tutto, la fine della loro vita, della loro carriera. Erano rimasti tutti senza lavoro. La loro professione era messa al bando. Katja aveva una maestra all'asilo, educatrice professionista. Dopo il crollo del muro di Berlino non poté più lavorare in un asilo ed educare bambini. Tutti erano ufficiali del ministero per la Sicurezza. La maestra di Katja ha attraversato una crisi psicologica, ma poi in qualche modo è riuscita a tirarsi su e si è messa a lavorare in un ospizio per vecchi.
  • Seguivamo la perestrojka, ma le informazioni su tutto quello che stava succedendo tra il 1986 e il 1988 le avevamo solo attraverso la televisione. Gli amici ci raccontavano del clima vivace di quegli anni.
    Ma quando tornammo a casa non vidi cambiamenti, c'erano sempre quelle insopportabili file, le tessere di razionamento, i tagliandi, gli scaffali vuoti. Nel primo periodo dopo il ritorno avevo addirittura paura di andare a fare la spesa. Non ero in grado, come gli altri, di prendere al volo un'occasione o di fare tutte le file. Mi infilavo soltanto nel negozio più vicino, compravo solo il necessario, e tornavo a casa. Era orribile.
  • Mi sembra che il solo incarico di Volodja sul quale a casa c'è stata qualche discussione fu quello di primo ministro. Mi ricordo che una volta parlammo dei servizi segreti, circa tre mesi prima che gli fosse offerto il posto, e lui disse che non l'avrebbe mai accettato. Stavamo facendo una passeggiata vicino alla dacia di Arkhangel'sk e parlavamo del suo lavoro, fu lì che disse di non voler andare nei servizi segreti. Io capii il perché: voleva dire tornare alla vita segretata. Quando Volodja lavorava nel KGB, conducevamo veramente una vita segretata. Non si poteva andare in certi posti, non si potevano dire certe cose. Si poteva parlare con qualcuno e non con altri. E quando si trattò di lasciare il KGB fu una decisione veramente difficile, tanto che pensava di averlo lasciato per sempre. Ero in vacanza sul Mar Baltico quando mi telefonò dicendo: «Adesso devi stare attenta perché sono tornato nel posto da dove ho cominciato». Io pensai che gli fosse stato nuovamente affidato il posto di vice di Borodin, da quale era stato rimosso. Non riuscii a capire ciò che stava dicendo, pensai che fosse successo qualcosa nel nostro paese durante la mia assenza, che in qualche modo la situazione fosse cambiata. Poi Volodja ripeté: «Sono tornato nel posto da dove ho cominciato». E quando lo ripeté per la terza volta capii. Tornato dalle vacanze, gli chiesi come era potuto succedere. «Mi hanno nominato, tutto qui». Non feci altre domande.
  • Non definirei Volodja un tipo silenzioso. È molto disponibile a parlare di argomenti che lo interessano, con persone che ritiene interessanti. Ma non ama parlare delle persone, in particolare delle persone con le quali lavora. Io sono esattamente il contrario. Se io conosco qualcuno o vedo qualcuno in televisione tendo ad esprimere le mie opinioni. A lui invece non piace farlo.
  • A me sembra che lui non prenda le donne sul serio. Le tratta con una certa sufficienza. Non sono una femminista ma credo che le donne debbano avere il posto che spetta loro nel mondo.
  • Volodja non mi ha mai afflitto con i suoi problemi. Mai! Li ha sempre risolti da solo. Anzi, non parla di un problema prima di aver trovato da solo la soluzione. In seguito può anche dire qualcosa. Ma io sento sempre quando ha dei problemi o quando è semplicemente di cattivo umore. Questo proprio non riesce a nasconderlo. In genere è una persona controllata ma in certi momenti è meglio non disturbarlo.
  • [«Si ubriaca?»] Non è mai successo. Non gli importa nulla dell'alcool, veramente. In Germania ci piaceva bere la birra. Ma lui di solito beveva una piccola vodka oppure un po' di cognac.
  • Ha dovuto partire da zero tante volte e ce l'ha sempre fatta. E a Mosca ha potuto raccogliere i frutti. Ha attraversato un periodo difficile dopo essere stato vice sindaco. Non riusciva a trovare lavoro. Fu veramente un periodo difficile per lui. Era diventato silenzioso. Non diceva nulla, ma io capivo. Credo sempre in lui, anche se sono un po' spaventata.
  • Io non ho bisogno di essere coccolata. Assomiglio piuttosto alle donne di quei vecchi racconti russi: «Bloccò il cavallo al galoppo precipitandosi nella capanna in fiamme». Sono donne che non hanno bisogno di coccole.
  • [«La vita sociale di suo marito è limitante per lei?»] No, se c'è qualcuno con cui chiacchierare. Ed è divertente vestirsi bene. Alle donne piace. Invece la politica non ha mai suscitato il mio interesse, la trovo noiosa.
  • Una volta andavo a fare compere per lui. E lo faccio ancora di tanto in tanto. I vestiti non sono mai stati molto importanti per lui. Ha sempre avuto due, o al massimo tre abiti. Per il resto jeans e magliette. In genere a casa si mette un paio di jeans e un maglione. Si veste veramente con semplicità. Ma ora che è costantemente sotto gli occhi di tutti ha cominciato a vestirsi un po' più attentamente.

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