Marc Bloch
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Marc Léopold Benjamin Bloch (1886 – 1944), storico francese.
Citazioni di Marc Bloch
[modifica]- Negli esperimenti degli psicologi la falsa notizia non arriva mai a quella magnifica pienezza che solo una lunga durata e innumerevoli bocche possono darle.
Soprattutto, a queste creazioni di laboratorio manca quello che forse è l'elemento essenziale nelle false notizie della storia. Queste nascono spesso da osservazioni individuali inesatte o da testimonianze imprecise, ma questo accidente originario non è tutto; in realtà, da solo non spiega niente. L'errore si propaga, si amplifica, vive, infine, a una sola condizione: trovare nella società in cui si diffonde un terreno di coltura favorevole. In esso gli uomini esprimono inconsciamente i loro pregiudizi, gli odi, i timori, tutte le loro forti emozioni. Come avrò occasione di dire più avanti, solo grandi stati d'animo collettivi hanno il potere di trasformare in leggenda una percezione alterata. (da Riflessioni d'uno storico sulle false notizie della guerra, 1, in La guerra e le false notizie)
- Uomini mossi da una collera cieca e brutale, ma autentica, avevano incendiato e fucilato; ciò che premeva loro era ormai conservare una fede assolutamente certa nell'esistenza di "atrocità", che, sole, potevano dare al loro furore un'apparenza di equanimità; si può supporre che la maggior parte di loro sarebbe inorridita se avesse dovuto riconoscere la profonda assurdità del terrore panico che li aveva spinti a commettere tante azioni orrende; ma essi non riconobbero mai nulla di simile. Ancora oggi i tedeschi sono in gran parte probabilmente convinti che moltissimi loro soldati sono caduti vittime degli agguati belgi: convinzione tanto più incrollabile in quanto si sottrae a ogni esame. Si crede facilmente a ciò che si ha bisogno di credere. Una leggenda, che ha ispirato atti clamorosi e soprattutto azioni crudeli, è sul punto di diventare indistruttibile. (da Riflessioni d'uno storico sulle false notizie della guerra, 2, in La guerra e le false notizie)
- Viva la Francia!
- Vive la France! (ultime parole di fronte al plotone di esecuzione; citato in Carole Fink, March Bloch: A Life in History, Cambridge University Press, 1989, p. 321)
Apologia della storia
[modifica]- «Papà, spiegami allora a che serve la storia». Così un giovinetto, che mi è molto caro, interrogava, qualche anno fa, il padre, uno storico. Del libro che si leggerà, vorrei poter dire che è la mia risposta. (Introduzione)
- Ma se i fisici non avessero fatto piú oltre professione di intrepidezza, a qual punto sarebbe la fisica? (Introduzione)
- L'incomprensione del presente nasce inevitabilmente dall'ignoranza del passato. (cap. I, 5)
- La varietà delle testimonianze storiche è pressoché infinita. Tutto ciò che l'uomo dice o scrive, tutto ciò che costruisce, tutto ciò che sfiora, può e deve fornire informazioni su di lui. (cap. II, 2)
Lavoro e tecnica nel Medioevo
[modifica]- Al momento in cui le prime ruote di mulino cominciarono a battere la superficie dei corsi d'acqua, l'arte di macinare i cereali aveva già, in Europa e nelle civiltà mediterranee, un passato assai più che millenario. (Avvento e conquiste del mulino ad acqua, p. 48)
- Un mulino ad acqua figurava verso l'anno 18 a. C. a Cabira, nel Ponto, tra le dipendenze del palazzo da poco elevato da Mitridate. Senza dubbio esso era contemporaneo al complesso delle costruzioni. In tal caso si tratterebbe del più antico esempio sicuramente datato: tra l'anno 120 e l'anno 63 a.C. (Avvento e conquiste del mulino ad acqua, p. 49)
- I mulini ad acqua segnarono, nel corredo tecnico dell'umanità, anche in ragione del loro meccanismo interno, un progresso la cui portata supera largamente la storia, in definitiva modesta, dell'arte molitoria. (Avvento e conquiste del mulino ad acqua, p. 57)
- [...] invenzione antica, il mulino ad acqua è medievale dal punto di vista della sua effettiva diffusione. (Avvento e conquiste del mulino ad acqua, p. 59)
- Tra tutti gli apparecchi registratori, capaci di rivelare allo storico i movimenti profondi dell'economia, i fenomeni monetari sono senza dubbio i più sensibili. Ma riconoscere loro soltanto questo valore di sintomo sarebbe mancare di render loro piena giustizia; essi sono stati e sono, a loro volta, delle cause: qualcosa come un sismografo che, non contento di segnalare i terremoti, talvolta li provocasse. Vale a dire che il giorno in cui noi conosceremo veramente la storia dell'oro – o, più esattamente, dell'oro come strumento «di scambi – durante il Medioevo, molte correnti nascoste, molti legami, che oggi ci sfuggono, appariranno in piena luce. Purtroppo infatti i dati sono oscuri; essi sono stati, per giunta, insufficientemente studiati e, spesso, da un punto di vista che non è il nostro in questo scritto: la numismatica fatica ad uscire dai gabinetti di curiosità. (Il problema dell'oro nel Medioevo, p. 88)
- Nel mondo romano dei primi secoli si trovavano ovunque degli schiavi: nei campi, nelle botteghe, nelle officine, negli uffici. I ricchi ne mantenevano delle centinaia o delle migliaia; bisognava esser ben povero per non possederne almeno uno. Non che la mano d'opera servile avesse il monopolio di una qualsiasi attività, per quanto umile questa potesse essere; molti artigiani erano di condizione libera; innumerevoli campi cerano coltivati da contadini, piccoli proprietari o affittuari che mai erano stati cosa del padrone; ed era al proletariato libero che Vespasiano riservava le dure fatiche che aveva rifiutato alle macchine. Non è perciò meno vero che né la vita materiale delle società greco-romane, né la loro stessa civiltà, in ciò che essa ebbe di più squisito, non potrebbero esser concepite senza l'apporto di questo lavoro forzato. Anche i Germani avevano i loro schiavi, servitori o operai addetti alle colture. L'Europa dei tempi moderni invece, se si esclude qualche rara eccezione, non ha conosciuto, sul proprio territorio, la schiavitù. Questa trasformazione, una delle più profonde che l'umanità abbia conosciuto, si è operata con grande lentezza, per la sua maggior parte, nel corso dell'alto Medioevo. (Come e perché finì la schiavitù antica, pp. 200-201)
Bibliografia
[modifica]- Marc Bloch, Apologia della storia o Mestiere di storico, a cura di Etienne Bloch, traduzione di Giuseppe Gouthier, Einaudi, Torino, 2016. ISBN 9788858423097
- Marc Bloch, La guerra e le false notizie. Ricordi (1914-1915) e riflessioni (1921), traduzione di Gregorio De Paola, Fazi, Roma, 2014. ISBN 9788876256912
- Marc Bloch, Lavoro e tecnica nel Medioevo, traduzione di Giuliano Procacci, Editori Laterza, Bari, 1959.
Altri progetti
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Opere
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I re taumaturghi (1924)
Apologia della storia (1949)