Marcello Gallian

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Marcello Gallian

Marcello Gallian (1902 – 1968), scrittore, giornalista, drammaturgo e pittore italiano.

Citazioni su Marcello Gallian[modifica]

Giampiero Mughini[modifica]

  • Anche se oggi il suo nome nemmeno figura nel Dizionario Bompiani degli Autori, Gallian è stato uno scrittore di spiccatissima personalità e tra le figure più interessanti della cultura italiana degli anni Trenta, un uomo all'incrocio di varie traiettorie intellettuali, lì al punto di giunzione fra il fascismo di sinistra e avanguardia intellettuale. Irregolare delle lettere e fascista verbalmente accanito, grande sperperatore del suo talento, morto a sessantasei anni nel 1968, lui la battaglia col pubblico sembra averla perduta di brutto, tanto da essere stato completamente cancellato dal panorama letterario del suo tempo.
  • Padre di sei figli, ammalato, sfrattato di casa e senza neppure i soldi di che pagare la bolletta della luce, il suo nome bandito da giornali e riviste, il secondo dopoguerra fu per lui disperante. Negli anni in cui molti di quelli che avevano scritto poesie sui martiri fascisti ne scrivevano adesso bellamente sui caduti partigiani, Gallian pagò duramente per quelle che erano state le sue idee dell'anteguerra, giovandogli a niente che non avesse aderito alla Repubblica di Salò. Per sopravvivere dové ridursi a vendere sigarette alla Stazione Termini.
  • Questo apologeta dello squadrismo, questo fascista della prima ora, continuamente alla questua di soldi con cui campare la sua numerosa famiglia (e difatti figura con una cifra consistente fra quanti vennero mensilmente sovvenzionati dal ministero della Cultura popolare); quest'uomo generoso che subito si mise di mezzo con Mussolini, nel 1938, quando l'antifascista Eugenio Montale stava per perdere, e poi effettivamente perse, il suo posto di direttore del Gabinetto Vieusseux a Firenze, questo tipo fuori delle regole, che non arrivava mai puntuale agli appuntamenti e scriveva articoli diversi da quelli commissionatigli; questo dandy che litigava continuamente con Anton Giulio Bragaglia, a chi dei due fosse il vincente nell'arte di sedurre e conquistare le donne; questo scrittore di razza che ebbe tra i suoi elogiatori Giuseppe Ungaretti, Emilio Cecchi, Enrico Falqui, il giovane Vasco Pratolini; questo spregiatore della borghesia che portava in giro il suo amico Gambetti, vestito in divisa da avanguardista, a far visita a quelli che a Gallian stavano più congeniali, gli artigiani anarchici che abitavano nel quartiere più «rosso» di Roma, San Lorenzo; quest'uomo bello e altero che in ogni cerino avrebbe voluto vedere il sintomo di un vulcano; quest'uomo, negli anni Venti e Trenta, era di casa nei giornali del suo amico fraterno Interlandi, da lui definito «un uomo vivo». Tanto di casa che un suo romanzo Nostro impero quotidiano, venne pubblicato da «Quadrivio»[1] addirittura in 27 puntate, fra il 1937 e il 1938.

Note[modifica]

  1. Settimanale diretto dal giornalista Telesio Interlandi.

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