n+1
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n+1, rivista trimestrale italiana.
Numero 0
[modifica]- La controrivoluzione esiste perché la rivoluzione è un fatto reale, presente nella dinamica del cosiddetto progresso. (p. 4)
- Notiamo di sfuggita che gli uomini, in un qualsiasi processo produttivo moderno, cioè del tutto sociale, sono già da tempo cellule semplici e specializzate di un vasto organismo; le loro qualità individuali sono integrate nel tutto e, oltre ad essere perfettamente intercambiabili, sono qualità che non dipendono affatto dall'individuo stesso ma da ciò che il corpo collettivo pretende di volta in volta dall'individuo. (p. 50)
[n+1, Numero 0, maggio 2000]
Numero 1
[modifica]- Ogni tentativo di abbattere il capitalismo, dice Marx, sarebbe donchisciottesco se non si fossero già prodotte in questa società - così com'è - relazioni tra uomini e condizioni produttive adatte alla società futura. Individuare queste relazioni e condizioni dev'essere quindi possibile. Ed è indispensabile per chi non voglia cadere in atteggiamenti utopistici e velleitari. Questa ricerca fa parte di un programma di lavoro che abbiamo raccolto come lascito della Sinistra Comunista e che da quasi vent'anni condividiamo con i nostri lettori. (p. 1)
[n+1, Numero 1, settembre 2000]
Numero 2
[modifica]- La prossima rivoluzione conoscerà di nuovo l'unità tra lavoro e vita ma non sarà un "ritorno" al passato, sarà un balzo verso l'eliminazione del lavoro come "pena", verso la trasformazione in tempo di vita di tutta l'esistenza attiva dell'uomo. (p. 9)
- Le macchine capitalistiche, l'intera tecnica e la teoria che la supporta, comprese le biotecnologie, sono una conquista per tutta l'umanità, la vera base materiale della futura liberazione dal bisogno. Ma la base dell'industria è nell'uomo che vi lavora, quindi nella terra che lo alimenta. (p. 39)
[n+1, Numero 2, dicembre 2000]
Numero 3
[modifica]- L'uomo ha oggi mezzi infinitamente superiori, ma invece di adoperarli dimentica persino quelli antichi, abbandonando opere millenarie alla rovina, dedicandosi all'ingordigia del possesso e del consumo o perlomeno a coltivarne il miraggio con poco edificante invidia universalizzata. (p. 10)
- Infatti un uomo non è "povero" in relazione a ciò che possiede, ma in relazione ai bisogni insoddisfatti, i quali non hanno nessun riferimento quantitativo con il possesso di oggetti o denaro. (p. 16)
- Gli individui fanno volentieri a meno della preoccupazione del possesso, non appena abbiano un'alternativa. (p. 29)
- Tutti i processi deterministici, compresi quelli caotici (noi diciamo che la dinamica deterministica è il modo di essere della natura) sono "finalistici", in quanto in una catena elementare di eventi ciò che precede è di fatto il progetto di ciò che segue. (p. 32)
[n+1, Numero 3, marzo 2001]
Numero 4
[modifica]- L'azienda è un elemento formale, una sovrastruttura; dal punto di vista del materiale processo produttivo non esiste. (p. 19)
- Vedremo che non esistono affatto temi "difficili", esistono solo pigrizie mentali, imperdonabili in genere, ma soprattutto in chi pretende nientemeno che di rappresentare il futuro dell'umanità. (p. 30)
[n+1, Numero 4, giugno 2001]
Numero 5
[modifica]- L'umanità ha già in potenza la soluzione alimentare, basterebbe che potesse evitare l'economia, cioè la contabilità secondo segni di valore, quella che porta a considerare la media tra quelli che non hanno nulla da mangiare e quelli che muoiono obesi, saturi di colesterolo e di pillole dimagranti. (p. 19)
- È fatale: ogni movimento che non preveda nel suo programma il superamento del sistema attuale finisce per collaborare al tentativo di tenerlo in piedi. (p. 38)
- Trattati come schiavi moderni, carichi di rabbia sacrosanta per l'insensatezza della vita che sono costretti a condurre, infuriati e nello stesso tempo impotenti di fronte alla miseria del mondo, generosamente disposti anche allo scontro, essi vanno al macello in simulacri di guerriglia fine a sé stessa contro una polizia mondiale che conosce perfettamente forze e comportamenti degli "organizzatori". (p. 41)
[n+1, Numero 5, settembre 2001]
Numero 6
[modifica]- La guerra, per il capitalismo, non è un'opzione, è una necessità. (p. 2)
- La cronaca va letta con un unico criterio: oggi più che mai la comunicazione di massa è un'arma né più né meno delle portaerei, dei missili e delle truppe. (p. 4)
- Il dominio del Capitale, cioè del lavoro passato, morto, sul lavoro vivo si manifesta in ogni aspetto della vita quotidiana, è la vera schiavitù moderna alla quale non si può sfuggire senza distruggere alle radici questa società. (p. 25)
- La rivoluzione è il modo di essere della specie umana che marcia verso il suo divenire e noi siamo immersi nella rivoluzione; essa non deve essere preparata, siamo noi che ci dobbiamo preparare ad essa. (p. 44)
[n+1, Numero 6, dicembre 2001]
Numero 7
[modifica]- Da un punto di vista storico generale, il capitalismo nasce con il problema dei poveri che esso stesso crea, nasce quindi con la sua politica sociale, che è in fondo il tentativo di trovare una soluzione alla povertà. È una sua caratteristica quella di produrre di continuo, oltre che merci e plusvalore, una popolazione in esubero. (p. 5)
[n+1, Numero 7, marzo 2002]
Numero 9
[modifica]- All'ottusa villetta di famiglia, al suo giardinetto, al verde pubblico urbano, alle infrastrutture che riempiono lo spazio, deve far da complemento il grattacielo, l'altrettanto ottuso parallelepipedo verticalista della "città radiosa" di Le Corbusier. Dove c'è spazio si costruiscono alloggi-casetta fatti a misura della separatezza della vita borghese e, dove non ce n'è, la stessa separatezza si adegua prendendo la forma di alloggi-cubicolo, solo che si mettono gli abitanti uno sull'altro. L'unità di misura non è la collettività, bensì la famiglia molecolare: riproduttrice biologica e ideologica, chiusa come un compartimento stagno e nello stesso tempo socializzata al massimo in rapporto alle braccia da lavoro che sforna e ai consumi individuali e sociali che riesce a garantire. (p.14)
- Tutta l'architettura moderna poggia su una corrente ben definibile, determinata dall'erompere della produzione. I ponti di Eiffel e la sua famosa torre, la reazione estetica agli inutili fronzoli del tardo barocco e alle copie dall'antico, la progettazione (senza troppe teorie) di stabilimenti e capannoni industriali, furono il portato della marcia del Capitale, la quale impose la propria estetica nuova. (p.32)
[n+1, Numero 9, Settembre 2002]
Numero 10
[modifica]- Per gli Stati Uniti non vi sono quindi "amici", ma solo nemici dichiarati e nemici latenti. Siccome questi ultimi rappresentano i pilastri dell'intero sistema che permette proprio agli Stati Uniti di esistere come imperialismo rentier alla massima potenza, il compito di mantenere solidale la compagine contro il "terrorismo" diventa problematico. L'integrazione mondiale fa coincidere gli interessi degli stati quando tutto funziona, ma esaspera la concorrenza quando c'è crisi. E la concorrenza giunge al parossismo nell'epoca dello sviluppo estremo dei vari monopoli nazionali, che si scontrano sul mercato mondiale nel tentativo di diventare monopoli globali. (p.19)
- Tutta l'immensa massa di costruzioni che copre la crosta terrestre come un cancro con le sue metastasi, le città, le case, le fabbriche, tutto dev'essere collegato con un'altrettanto immensa massa di infrastrutture. Per trasportare merci e uomini, per comunicare, occorrono percorsi e strumenti. E dato che la rete dei rapporti fra uomini e cose, nell'epoca dello sviluppo massimo del lavoro sociale, è un generalizzato mettere in comune delle risorse (anche se in modo mostruosamente estraniato), invece dei termini specifici trasporti, telecomunicazioni, poste ecc., è meglio utilizzare l'onnicomprensivo comunicazioni. (p.33)
[n+1, Numero 10, dicembre 2002]
Numero 11
[modifica]- La dichiarazione di una guerra "infinita" al mondo, che molti avevano accolto come segno di pura follia di una particolare lobby di potere, era invece il sintomo di una malattia profonda dell'economia e della politica americane, di un pericoloso avviarsi del sistema verso una situazione fuori controllo. (p.1)
- I paroloni sono gratis sul mercato del luogo comune, ma non può esistere un anti-imperialismo che non sia nello stesso tempo anti-capitalismo, e ciò ha delle conseguenze pratiche sulla concezione del cambiamento, sulla tattica, sull'azione. La guerra non è un fenomeno che si lasci adoperare. (p.21)
[n+1, Numero 11, Marzo-giugno 2003]
Numero 12
[modifica]- Lo sviluppo delle forze produttive raggiunto da un paese capitalistico si riconosce dal grado di sviluppo della divisione sociale del lavoro. Siccome alla base dello sviluppo moderno della forza produttiva sociale vi è un'organizzazione sempre più diversificata, si tratta di stabilire se nella società attuale stiamo vivendo una fase di ulteriore ampliamento della divisione sociale e tecnica del lavoro o se invece stiamo assistendo, almeno nei paesi più industrializzati, a una sua regressione. (p.5)
- La società più sviluppata, insomma, contiene i caratteri e la memoria di quelle meno sviluppate almeno in tre forme: 1) residui più o meno trasformati delle vecchie società (per esempio residui schiavistici e feudali nel capitalismo); 2) invarianti del tutto trasformati (per esempio il denaro che rimane tale da quando fu introdotto 2.500 anni fa a oggi, ma da metallo equivalente generale si trasforma in capitale impersonale, che è tutta un'altra cosa); 3) invarianti "simmetrici" o negati, per esempio il non-valore, il non-Stato, la non-democrazia o la non-divisione sociale del lavoro, realizzati sicuramente nella società futura ma descrivibili per ora solo come negazione delle categorie precedenti. (p.38)
[n+1, Numero 12, settembre 2003]
Numero 13
[modifica]- La guerra attuale va dunque analizzata dal punto di vista dei modelli realistici, dei sistemi delle alleanze disegnate da interessi concreti, delle grandi astrazioni formali. Sono queste a permetterci poi di scendere al particolare e di affrontare incongruenze o "verità" che la cronaca ci propina attraverso il filtro di un approccio moralistico, opinioni e sensazioni soggettive di chi racconta. (p.10)
- La borghesia, assetata di tecnologia e produttività, esalta la scienza e la ricerca di nuova conoscenza, innalza cattedrali del sapere universalizzato e assoluto, ma poi vuole profitto, applicazioni, realizzazioni, ritorno economico. E non paga se non è sicura di ottenerli. Così il fisico finisce, all'età di trent'anni e passa, a calcolare gli effetti della frenata su una stupida automobile affinché un suo coetaneo dai sensi ottenebrati dalla discoteca abbassi la probabilità individuale di ammazzarsi ed eviti all'assicurazione di sborsare troppi quattrini. (p. 49)
[n+1, Numero 13, dicembre 2003]
Numero 14
[modifica]- Chiamiamo operaismo l'errata tendenza storica ad individuare la forza motrice della rivoluzione di quest'epoca negli operai e non nella materiale dinamica complessiva che plasma il passaggio dalla forma sociale capitalistica a quella comunistica. (p. 33)
[n+1, Numero 14, marzo-giugno 2004]
Numero 15-16
[modifica]- Ma la società comunista per noi esiste fin da ora, essa è anticipata nel partito storico che ne possiede la dottrina. Non la possiede in quel modo completo, in quel modo elaborato che sarà caratteristico della società futura, la possiede in modo approssimato. Il partito comunista è il solo ente che può possederla e il solo che può definirsi soggetto della rivoluzione. (p.76)
- Noi possiamo interpretare solo perché c'è il determinismo di un'azione che produce effetti registrabili. Noi non facciamo altro che seguire un antico itinerario di eventi predisposti. Lo facciamo con attrezzature complesse e differenziate, determinate nel tempo con lo sviluppo scientifico e tecnologico, ma la materia che ci racconta sé stessa c'è già. Perciò non abbiamo bisogno, ribadisco, di risolvere l'enigma se debba prevalere la specie pensante o la materia passiva: sono tutte e due attive, tutte e due collaboranti, sono parte integrante di un unico sistema. L'antico enigma è stato sciolto in una concezione nuova e superiore. (p.109)
- Nella parte decisiva della sua dinamica la conoscenza prende le sue mosse sotto forma di una intuizione, di una conoscenza affettiva, non dimostrativa; verrà dopo l'intelligenza coi suoi calcoli, le sue contabilità, le sue dimostrazioni, le sue prove. Ma la novità, la nuova conquista, la nuova conoscenza non ha bisogno di prove, ha bisogno di fede! non ha bisogno di dubbio, ha bisogno di lotta! non ha bisogno di ragione, ha bisogno di forza! il suo contenuto non si chiama Arte o Scienza, si chiama Rivoluzione! (p.111)
[n+1, Numero 15-16, giugno-settembre 2004]
Numero 18
[modifica]- L'Oriente sa da millenni che è il corretto lavoro (la corretta Via) a regalarci il risultato, non il fatto di volerlo a priori senza sapere dove si debba passare per giungervi. (p. 13)
- Così l'uomo si sente uomo quando mangia e beve, si accoppia, dorme (tutte attività che condivide con le bestie), mentre si sente bestia quando lavora (attività che gli è peculiare). (p. 36)
- L'individuo omologato nega ovviamente che la sua sia una vita senza senso. Non si pone la retorica domanda "avere o essere". Siccome crede di essere soltanto se ha, egli cerca di avere, con tutte le sue forze, e così uccide sé stesso con le proprie mani anche senza spargimento di sangue: restando semivivo. Milita perciò come uno zombie in un esercito i cui soldati interpretano ogni sussulto di ribellione come un attentato del nemico alla loro esistenza. (p. 40)
- E quando una specie arriva a uccidere i propri cuccioli vuol dire che è allo stremo, perché uccide il proprio futuro; (p. 47)
[n+1, Numero 18, ottobre 2005]
Numero 20
[modifica]- Non serve a niente prendere provvedimenti antimiseria a valle del sistema produttivo se i problemi che si vuol risolvere si generano a monte dello stesso, cioè nella sua struttura e natura. (p. 5)
- La miseria e la fame non esistono perché si produce troppo poco, perché c'è troppo poco investimento o perché c'è troppa popolazione; al contrario: ci sono miliardi di uomini gettati nella sottonutrizione e nella precarietà perché si produce troppa merce e troppo capitale, si investe troppo, si produce plusvalore con troppo pochi operai col risultato di produrre troppa sovrappopolazione. (p. 39)
[n+1, Numero 20, dicembre 2006]
Numero 23
[modifica]- Partiamo da un assioma: l'unico modo per produrre nuovo valore è produrre merci e venderle. (p. 56)
[n+1, Numero 23, giugno 2008]
Numero 24
[modifica]- La differenza tra la concezione borghese e quella comunista del futuro è che la prima prevede il "progresso" tecnico e l'evoluzione politica della forma capitalistica, mentre la seconda ne prevede la fine, con l'abbattimento del potere politico e l'avvento di una società nuova basata su presupposti del tutto antitetici. (p. 4)
- Quando esiste un "effetto soglia" gli effetti delle retroazioni ritardate diventano catastrofici e il sistema va fuori controllo. Indipendentemente dalla potenza del sistema, dall'efficienza della sua scienza, dalla professionalità dei suoi governanti, dalla vitalità della sua economia. Anzi, in presenza di soglie, quelle che normalmente sono considerate virtù si manifestano come difetti. (p. 35)
[n+1, Numero 24, dicembre 2008]
Numero 28
[modifica]- E infatti l'overdose di informazione produce disinformazione [..]. (p. 60)
[n+1, Numero 28, ottobre 2010]