Nello Tarchiani

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Nello Tarchiani (1878 – 1941), critico d'arte e museologo italiano.

Firenze[modifica]

  • Ma ecco d'un tratto Giotto, rompendola con quella tradizione [bizantineggiante], guardare alla vita che gli turbina intorno, e quella vita esprimere e rappresentare nelle sue tavole e nei suoi affreschi, sia che nella Madonna dell'Accademia egli dia per la prima volta alla Madre Divina un corpo, che appare rigoglioso sotto la veste ed il manto, ed uno sguardo umano; sia che nei Crocifissi numerosi - anche se tutti non li eseguì, certo ne diresse la esecuzione - pieghi dolorosamente il capo del martire in uno spasimo appena contenuto più forse per uno squisito senso di misura che per un rispetto alla divinità. (pp. 53-54)
  • Il Brunellesco, a malgrado studi e misuri a Roma gli avanzi imperiali, trae i suoi canoni dall'arte romanica, quali gli offriva la mole mirabile di San Giovanni[1]; Donatello, per quanto faccia tripudiare i suoi putti gioiosi, rimane un romantico; mentre Masaccio, anche se ha non so quale grandiosità e solennità classica, si ricollega direttamente a Giotto nell'esprimer la vita, è di Giotto l'immediato e il solo continuatore. (pp. 81-82)
  • Filippo Brunelleschi è veramente il trasformatore della città sua; quegli che ha una nuova visione e l'offre ai suoi concittadini, liberandoli quasi d'un tratto da ogni ricordo e rimanenza goticizzante, e richiamandoli piuttosto alla più pura, più sincera tradizione romanica. Per tutto il secolo decimoquinto almeno, l'architettura fiorentina ha da lui o deriva da lui le sue forme. (p. 82)
  • [...] Masolino da Panicale riportava di Lombardia un'arte, come quella di Gentile[2], cortigianesca, e pur ravvivata da una sottile osservazione del vero; e nella cappella dei Brancacci al Carmine[3], se nei nudi del Peccato originale si dimostrava modellatore maldestro, nella Guarigione dello storpio raggiungeva una drammaticità di sceneggiatura ed una potenzialità di chiaroscuro, che dovettero apparir cosa novissima ai pittori fiorentini. (pp. 117-118)
  • [...] solo nel continuatore di Masolino, in Masaccio, [i pittori fiorentini] trovarono l'innovatore che gli scultori avevano avuto in Donatello. (p. 118)
  • L'arte di Masaccio ha, potremmo dire, del miracoloso: non ha preparazione anteriore, quando se ne tolga l'accennato ritorno alla contenuta composizione giottesca, qualche contatto col naturalismo lombardesco di Masolino, e una imprecisabile derivazione da Donatello nell'impostare le figure che hanno la solenne saldezza della statuaria, e nel modellare i nudi, studiati anatomicamente, come nel Battesimo e nella Cacciata dal Paradiso terrestre, che di contro al Peccato di Masolino fa palpitare vere carni sul giuoco dei muscoli. (p. 118)
  • Per tutto il quattrocento [nella pittura] si fece qualcosa di diverso; ma non si seppe fare di più; gli affreschi del Carmine sempre rimasero il modello irraggiungibile cui mirarono tutti i giovani pittori negli anni delle più vive speranze, da fra' Filippo Lippi e da Andrea del Castagno a Sandro Botticelli, a Leonardo, a Michelangelo. (p. 119)
  • All'arte di Giovanni Dupré si contrapposero risolutamente i novatori, che in scultura ebbero un rappresentante in Adriano Cecioni, ancora un po' accademico nel Suicida, ma subito dopo vero, schietto, vivo nella Madre e nel Bambino col gallo. (p. 156)

Note[modifica]

  1. Battistero di San Giovanni a Firenze.
  2. Gentile di Niccolò di Giovanni di Massio, detto Gentile da Fabriano (1370 circa – 1427), pittore italiano.
  3. Basilica di Santa Maria del Carmine a Firenze.

Bibliografia[modifica]

  • Nello Tarchiani, Firenze, Istituto italiano d'arti grafiche, Bergamo,1915(?).

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