Nicolás Burdisso
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Nicolás Andrés Burdisso (1981 – vivente), ex calciatore e dirigente sportivo argentino.
Intervista di Massimo Cecchini, Gazzetta.it, 4 dicembre 2015.
- Scrivere mi ha aiutato a riflettere. A volte non mi sono sempre fermato a farlo. Se fosse successo, avrei potuto fare di più. Ho vinto tanto ma sarei potuto essere un top, sarei potuto restare all'Inter da protagonista o vincere lo scudetto con la Roma o andare al Mondiale in Brasile. È stata la delusione più grande della carriera. Avevo avuto un terribile incidente al ginocchio nel 2011 proprio in nazionale, mi ero ripreso, il c.t. mi era anche venuto a trovare, poi negli ultimi sei mesi è sparito e io non sono il tipo che chiede.
- [Su Calciopoli] Dopo che era stata scoperchiata la pentola, sarebbe stato il momento giusto per farsi domande e invece vinto il Mondiale non è cambiato nulla. Ad un certo punto sembrava che i colpevoli fossimo noi dell'Inter, invece di vedere ciò che era successo. C'era un lavoro scientifico: non il rigore contro, ma ammonizioni, falli. E alla Juve ancora espongono gli scudetti revocati: segno che non accettano di avere sbagliato.
- Non dimenticherò mai quello che ha fatto Moratti per mia figlia. C'era un gestione familiare, come quella dei Sensi o di Preziosi, e quindi con dei limiti. Gli americani a Roma sono capaci, però più freddi. La svolta all'Inter c'è stata con l'arrivo di Mancini. Prima c'erano grandissimi giocatori, ma non una leadership come in Juve o Milan: l'ha portata lui. Abbiamo avuto un rapporto ottimo. Abbiamo litigato, ma anche festeggiato e ci siamo emozionati. E ora mi sembra ancora più maturo, prima si sentiva ancora calciatore.
- A Milano c'è la pressione per la vittoria ma si resta sempre con i piedi per terra. A Roma invece si passa da un eccesso all'altro e non aiuta.
- Francesco è fantastico e non può mai essere un limite, ma non si è mai fatto delle domande. Non si è mai chiesto se fosse stato meglio giocare per 15 anni alla Roma e vincere oppure per 20 e non farlo. Calcisticamente non è un leader che trascina in campo. De Rossi è stato troppo buono, non ha mai voluto scavalcarlo.
- Ogni giorno era una guerra. Si lottava per il posto in squadra e tutti all'Inter volevano vincere sempre. Giocando così contro i campioni in allenamento si cresce.
- ["Messi a parte, il più forte con cui ha giocato è?"] L'Adriano dell'Inter: era indescrivibile. Si è perso perché era troppo buono.
- Sono preoccupato del terrorismo, ma il mondo musulmano non c'entra. È come se i cristiani fossero giudicati per le Crociate o la Chiesa per ciò che combinano certi cardinali che si arricchiscono. Per fortuna che c'è Papa Francesco. A Roma, l'ho conosciuto andando alle 7 di mattina a Santa Marta ad una messa dove c'erano 15 persone. Quando mi ha visto ha detto: "Hai portato il pallone?". È fantastico. Sta facendo la rivoluzione.
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