Paola Mammini
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Paola Mammini (1963 – vivente), scrittrice e sceneggiatrice italiana.
Intervista di Francesco Gamberini, artesettima.it, 16 marzo 2020.
- [Iniziamo con una domanda relativa alla tua vocazione. Quando hai iniziato a scrivere?] Ad essere onesta, all'inizio volevo diventare attrice. Ai tempi del liceo, marinavo spesso la scuola per andare in biblioteca a leggere testi teatrali. Riuscii a passare l'esame di ammissione all'Accademia, che ho frequentato per tre anni. Da lì, incominciai a recitare spesso a teatro. Mi resi però conto del fatto che il pubblico mi applaudiva per parole che avevano scritto altri. Decisi quindi di iniziare a scrivere per il teatro, principalmente commedie, e ho realizzato che era proprio la scrittura la mia vera vocazione.
- [Secondo te, scrivere può essere terapeutico?] Assolutamente sì. Inventarsi storie e personaggi è sempre una magia. Non si tratta di autobiografie, ma al tempo stesso in ognuno dei personaggi che creiamo c'è sempre qualcosa di noi stessi. In questo senso, la scrittura è molto terapeutica.
- [Secondo la tua opinione, qual è il miglior pregio di una sceneggiatura? Il suo essere originale o sincera?] La sincerità. Lo spettatore deve riuscire a identificarsi con una storia. Lo si intuisce già nei primi cinque minuti di un film: un bravo sceneggiatore deve essere abile a creare fin da subito sospensione di incredulità nel pubblico, presentando una storia plausibile. Preferisco di gran lunga soggetti poco originali, ma con personaggi verosimili e ben caratterizzati.
- [Come si riesce a creare un personaggio realistico, non macchiettistico?] Uno degli elementi più importanti è la backstory, ossia la storia passata di un personaggio. I motivi dei suoi comportamenti, l'infanzia, eccetera. Tutti elementi che non vengono per forza inseriti nel film, ma che sono essenziali per la riuscita di un personaggio a tutto tondo. Infine, è fondamentale il cosiddetto fatal flaw, ossia quella ferita, quella rottura definitiva che cambierà completamente e definitivamente il personaggio all'interno del percorso narrativo.
- [Veniamo ora a Perfetti sconosciuti, un film a impostazione teatrale, con al centro un tema già affrontato da molte altre pellicole. Come siete riusciti a innovare tale genere?] Fortunatamente avevo già lavorato con Paolo Genovese in Immaturi e Tutta Colpa di Freud. È infatti venuta proprio a Paolo l'idea di raccontare l'ipocrisia presente tra persone che si conoscono da molto tempo, utilizzando il cellulare come espediente. Penso che il film abbia avuto molto successo sia per il realismo delle relazioni tra i personaggi, in cui lo spettatore può identificarsi, sia per l'originalità della presenza del telefono.
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