Paolo Bianchi
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Paolo Bianchi (1964 – vivente), giornalista, scrittore e traduttore italiano.
- Nell'immenso guazzabuglio di internet bisognerà imparare a distinguere fra contenuti di qualità e le fregnacce. L'educazione consisterà soprattutto in questo, nella capacità di selezionare. La conoscenza sarà sempre meno un bene esclusivo o scarso, ma sarà continuamente rinnovabile, come l'acqua e l'aria. Resterà la nostalgia della carta, ma solo in chi l'avrà conosciuta. (da Inchiostro antipatico, Bietti, 2012, pa. 51)
Su Nicolai Lilin, ilgiornale.it, 12 maggio 2009
- [Su Educazione siberiana] Un libro che non è una provocazione, non è uno scandalo, è un libro che vale poco. Su questo credo che concordino in tanti. Oltretutto, gli autori di letteratura italiana contemporanea si trovano spesso senza niente da dire, ma con la necessità di dirlo a intervalli regolari, magari anche più di una volta allanno. E vivono crisi di depressione e afasia. E la depressione la fanno venire ai (pochi) lettori. Chi, alla casa editrice Einaudi, ha deciso di pubblicare (è uscito poco più di un mese fa) il romanzo Educazione siberiana di Nicolai Lilin deve aver pensato a tutto questo.
- «Ero un criminale, è vero», ha dichiarato Lilin in molte occasioni, anche in pubblici incontri cui abbiamo assistito. «Ma un criminale onesto». E su questo ossimoro si è innescato l'interesse, anche mediatico, verso un libro che non convince del tutto proprio perché vanta troppe pretese. «Io non parlo più in russo con nessuno, a parte mia madre e i miei amici intimi», dichiara Lilin, come a voler prendere le distanze da una parte delle sue radici. «Noi combattevamo contro il comunismo e i suoi residui, e contro una polizia corrotta, in uno stato marcio e corrotto». Quel «noi» si riferisce alla sua comunità, dominata da leggi tutte proprie, ancestrali degni di uno studio etnologico, se non altro perché di studi etnico-geografici sulla Transnistria non ce ne sono.
- Se dobbiamo credere a Nicolai, abbiamo di fronte, in lui, un pluriomicida e una belva assetata di sangue, però, per virtù antropologica e per provenienza etnica, «onesta» e perciò buona e degna di vendere molte copie del suo libro.
- Come dire: la mafia è una schifezza, ma se è siberiana e te la racconta un muscoloso e scaltro giovanotto tatuato, è un po' meno schifezza.
E poi dicono che il crimine non paga.
Su Nicolai Lilin, ilgiornale.it, 28 gennaio 2010
- [Su Educazione siberiana] Il romanzo sembra I ragazzi della via Pal in versione splatter, con i coltelli al posto delle fionde e gli sbudellamenti all'ordine del giorno.
- [Su Educazione siberiana] Se Nico avesse commesso tutto quello che racconta, sarebbe un soggetto ad alta pericolosità sociale, invece oggi è un cittadino italiano, vive a Cuneo ed esercita l'inquietante professione di tatuatore. Ma guai a dubitare della sua parola.
- Venendo al dunque, cioè alle critiche che gli abbiamo sommessamente rivolto, il tatuatore siberiano (che però è cresciuto a tremila chilometri dalla Siberia) si è reso conto che la sua credibilità di delinquente rischiava d'indebolirsi e ha assunto quello che nelle intenzioni forse voleva essere un atteggiamento da criminale incallito, ma che è sembrato più lo scatto di nervi di un teppistello colto sul fatto.
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