Proverbi procidani

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Raccolta di proverbi procidani.

  • Cu muòneche, priévete e chéne, jà stà sèmpe 'cu la mazza 'n ména.[1]
Con monaci, preti e canni devi stare sempre con il bastone in mamo.
  • Muonèche, priévete e pisce re funno màngeno, vévene e fòttene lu munno.[2]
Monaci, preti e pesci di fondale mangiano, bevono e fottono il mondo.
  • 'U perucchio ca care rént'â farina, aroppo dice ch'è addiventéto farinaro.[3]
Il pidocchio che cade nella farina, poi, dice ch'è diventato mugnaio.
Si dice di chi è salito in superbia.

Note[modifica]

  1. Citato in Vittorio Parascandola, Vèfio, Folkglossario del dialetto procidano, Berisio, Napoli, 1976, p. 127, riportato, con traduzione, in Giovanni Romeo, L'isola ribelle: Procida nelle tempeste della Controriforma, Laterza, Bari-Roma, 2020, p. 10, nota 1. ISBN 9788858141007
  2. Citato in Vittorio Parascandola, Vèfio, Folkglossario del dialetto procidano, p. 127, riportato in Giovanni Romeo, L'isola ribelle: Procida nelle tempeste della Controriforma, p. 6 .
  3. Citato, con traduzione in Sergio Zazzera, Proverbi e modi di dire napoletani: la saggezza popolare partenopea nelle espressioni più tipiche sul culto della famiglia e dell'ospitalità, sull'amicizia, sull'amore, sul lavoro, sulla religione e la superstizione, Newton & Compton editori, Roma, 2004, p. 25. ISBN 88-541-0119-2