Quinto Remmio Palemone
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Quinto Remmio Palemone (5 circa – 65), grammatico romano.
Citazioni su Quinto Remmio Palemone
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- Palemone al suono del pettine e della spola[1] è credibile coltivasse il suo spirito colla gentilezza delle lettere; poiché troviamo che la sua discreta padrona lo toglieva al telajo, e gli affidava il nobile incarico di accompagnare il suo figliuoletto alla scuola. Que' libri di elementari dottrine, odiosi forse al fanciullo, furono in mano di Palemone la chiave che gli aperse il segreto della sua vocazione; sentì che l'ingegno gli bastava per emanciparsi dai rigori della fortuna, e cancellare colla gloria degli studii l'immeritata ignominia de' bassi' natali.
- Come Palemone in quell'immensa folla di eruditi e diremo pure, di pedanti [presenti nella Roma imperiale] potesse elevarsi e segnalarsi, ci viene dichiarato da Svetonio, ove narra ch'egli si traeva dietro le genti colla bellezza e facilità del suo dire, e colla miracolosa memoria che aveva di tutte le cose. La sua scuola era numerosissima; circa quali materie poi versasse il suo insegnamento, possiamo apprenderlo da Quintiliano, dove parla dell'officio del perfetto grammatico.
- Questa dissonanza di opinioni che troviamo nella vita letteraria del nostro Autore, io vorrei che fosse piuttosto nella sua vita privata: perocché tutte le memorie del tempo pur troppo si accordano nel dipingerlo come uomo di laido costume e d'incredibile oltracotanza. [...] Che se la riverenza, che ho dell'ingegno veramente singolare di Palemone, ed il sentimento di patria che tira il velo sulle colpe domestiche, non mel vietassero, io non dubiterei di assomigliare Palemone al famoso [Pietro Aretino] amico di Tiziano e dell'Ariosto.
- [Gli imperatori] Tiberio e Claudio, che in fatto di continenza non erano certamente Senocrati[2], diceano apertamente che ad ogni altro, prima che a Palemone, era da commettersi l'educazione dei giovinetti. Delicato, effemminato, ammorbato nei vizii, egli si lavava e profumava più volte alla giornata; inverecondo poi e sfacciato per modo da non guardarsi né della luce, né della frequenza delle pubbliche vie. Aggiungi a questo una vanagloria, una burbanza, un'alterigia senza confini; chiamava porco il Muratori dell'antichità, Marco Varrone; vantava che non a caso era posto il suo nome nella Bucolica, presagendo Virgilio, che col tempo sarebbe stato un Palemone giudice dei poeti e delle poesie; che i masnadieri per riverenza del nome gli aveano perdonata la vita; infine che le lettere erano nate seco, e seco sarebbero morte. Tuttavia questo superbissimo sentire di sé non impediva che Palemone si abbassasse ai nojosi officii della scuola, alla quale attendeva diligentemente.
Note
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