Raffaello Caverni

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Raffaello Caverni (1837 – 1900), presbitero e scrittore italiano.

Storia del metodo sperimentale in Italia[modifica]

  • Ma quella di Giordano [Bruno] non era scienza né dì osservazioni né d'esperienze: era una metafisica strana e dai filosofi di miglior senno repudiata: era una ipotesi, della quale ora si ridono piacevolmente gli stessi fanciulli. Dove son dunque i meriti del proclamato precursore del metodo sperimentale, o quali sono i prestigi che hanno affascinati tanti suoi ammiratori? Di questi prestigi uno è senza dubbio l'aureola, come dicono, del martirio, e l'altro è l'esempio dato dall'ardente Nolano della rivolta contro ogni autorità sacra e profana, cosa che va tanto a genio de' settari di lui, ma il più affascinatore è il buio delle filosofiche speculazioni. È una grand'arte, a sedur certi ingegni com'usano sventuratamente oggidì fra noi, quella di saper dir cose che nessuno intende, o che ciascuno può intendere a suo modo e ritrovarci il suo; arte dalla quale dipende così la fortuna incontrata da Giordano Bruno, come quella incontrata da tanti sistemi di Filosofia e da tanti libri di letteratura, specialmente tedesca. (tomo I, parte I, pp. 60-61)
  • L'aspetto, sotto cui si è presentato Galileo agli occhi affascinati di tutti, è proprio quello ch'ei divisava nelle sue intenzioni: a nessun altro meglio che a lui è riuscito mai di farsi credere al mondo qual'ei voleva apparire, l'unico sole che sorge, senz'esser preceduto da aurora, a illuminare le tenebre del mondo; il creatore insomma dal nulla di ogni scienza sperimentale. Ma chiunque, dai pregiudizi, non s'è lasciato in tutto privare del senno, comprende assai facilmente che una tal pretensione è contraria ai fatti, ed è contraria ai consueti ordini della natura, com'è giusto contrario a questi stessi ordini che il sole nasca sull'orizzonte, senz'esser preceduto da aurora. (tomo I, parte II, pp. 139-140)
  • Chi dipinge il Baliani invidioso delle glorie di Galileo e suo competitore, non lesse bene addentro nell'animo, e ne' libri di lui. Il Trattato De motu naturali è, nell'aperta intenzione dello stesso autore, una conferma dei teoremi dimostrati ne' Dialoghi delle Scienze Nuove, conclusi per una via diversa e in un altro modo, che, per il lucido ordine e per la brevità, riesce maraviglioso. Chi vuol vedere qual fosse l'animo del filosofo genovese verso il Principe della Nuova Filosofia, ne legga il commercio epistolare, specialmente là dove la libertà del giudizio concilia fede alla sincerità dell'ossequio. (tomo I, parte II, p. 148)

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