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Ferdinando I delle Due Sicilie

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Ferdinando I delle Due Sicilie

Ferdinando I di Borbone (Ferdinando Antonio Pasquale Giovanni Nepomuceno Serafino Gennaro Benedetto; 1751 – 1825), re di Napoli con il nome di Ferdinando IV di Napoli, nonché re di Sicilia con il nome di Ferdinando III di Sicilia. Con l'unificazione delle due monarchie nel Regno delle Due Sicilie, fu sovrano di tale regno con il nome di Ferdinando I delle Due Sicilie. È passato alla storia anche con i nomignoli di Re Lazzarone e di Re Nasone.

Citazioni di Ferdinando I delle Due Sicilie

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Citazioni su Ferdinando I delle Due Sicilie

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  • Aveva sulla coscienza la vita di migliaia d'infelici, morti sulla forca e nelle galere solo per aver voluto un po' di libertà. Era stato spergiuro. Non aveva conosciuto che disfatte e fughe ignominiose di fronte al nemico. Politicamente, era rimasto fermo alla concezione settecentesca del più retrivo assolutismo. Non aveva fatto che i propri interessi, e più ancora i propri comodi, della regalità prendendosi solo i piaceri. Non aveva saputo che incrementare l'ignoranza di cui egli stesso era campione. Eppure, il cordoglio popolare per la sua morte non ci stupisce, perché un dono lo aveva avuto: la genuinità. Questo Re fellone e fannullone non aveva mai cercato di apparire diverso da quel che era: uno scugnizzo dei «bassi», prepotente, ridanciano e sboccato, nato per caso con una corona in testa e che aveva sempre concepito la sua parte come quella di un buon capo-camorra. Non aveva interpretato che i caratteri deteriori del popolo napoletano, ma anche i più appariscenti e riconoscibili. (Indro Montanelli)
  • Queste [dopo aver descritto l'ostinato rifiuto di concedere la grazia a Luisa Sanfelice] sono le opere scellerate dal fedifrago Ferdinando Borbone, maledetto da migliaia di vittime, figurato sotto le sembianze di Minerva da Antonio Canova, posto dall'astronomo Piazzi nel cielo, e al dire di una medaglia di bronzo, restituito per la divina Provvidenza nel Regno, nel quale lo vedremo in appresso tradire le promesse giurate sui santi Evangeli, e ferocemente flagellare gli uomini della generazione novella, i figliuoli dei vecchi uccisi per aver fidato nella santità dei trattati. (Atto Vannucci)
  • Si crede di ascoltare un racconto inventato quando si sente dire, non solo che il re di Napoli pesca, ma anche che venda lui stesso il pesce che ha preso. Niente di più vero: Io ho assistito a questo spettacolo divertente e unico nel suo genere, e io ve ne offro la ricostruzione.
    Solitamente il re pesca nella parte del mare che è vicina al promontorio di Posillipo a tre quattro miglia da Napoli. Dopo aver riportato un ampio bottino ritorna a terra e quando è sbarcato si dedica al suo massimo divertimento. Mette in mostra sulla riva tutti i prodotti della pesca, e allora i compratori si presentano e mercanteggiano con il monarca in persona. Ferdinando non dà niente a credito: egli vuole sempre toccare le monete prima di pesare la sua mercanzia, e mostra una diffidenza assai sospettosa. In questi casi tutti possono avvicinarsi al re, e i lazzaroni soprattutto hanno questo privilegio, perché il principe mostra nei loro confronti molta più amicizia che a tutti gli altri spettatori. Questi lazzaroni hanno anche del riguardo verso gli stranieri che vogliono vedere il monarca da vicino. Appena la vendita comincia la scena diventa estremamente comica. Il re vende al massimo prezzo possibile: e mostra la sua mercanzia prendendo i pesci nelle sue mani reali, e dice tutto ciò che crede capace di convincere i compratori. I napoletani che sono solitamente molto liberi, trattano il re in questa occasione con la più grande libertà, e lo offendono come se fosse un pescatore qualunque che voglia un prezzo esagerato. Il principe si diverte molto a queste invettive che lo fanno qualche volta ridere a crepapelle: egli poi subito dopo va a trovare la regina e le racconta tutto ciò che è successo durante la pesca e la vendita del pesce, e su questo argomento lui fornisce un ampio panorama di facezie; ma durante tutto il tempo che il re si occupa di caccia o di pesca la regina e i ministri governano a loro fantasia e gli affari non vanno certamente meglio. (Giuseppe Gorani)
  • Sono accusato di aver disertato il mio re nelle sue avversità e di essermi unito ai suoi nemici. L'accusa è del tutto falsa, poiché il re disertò me ed i suoi sudditi. A tutti voi[1]è noto, o signori, che la nostra frontiera era coverta da un esercito comandato dal generale Mack, superiore a quello del nemico che avvicinavasi. Voi conoscete bene che il nerbo della guerra è il danaro. Il re, sotto pretesto di dover pagare quell'esercito, riunì tutto quello che poteva essere convertito in numerario; l'imbarcò sul vascello Vanguard della flotta inglese, unitamente all'enorme ammontare di 500 botti, e fuggì con quella preda verso Palermo per gavazzare in lussuriosa sicurezza. Chi fu allora il traditore, il re o io? Dopo questa impudente, e debbo dirlo, codarda diserzione del re, l'esercito di Mack si sbandò, per non aver ricevuto la paga, ed i Francesi occuparono Napoli. (Francesco Caracciolo)

Note

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  1. I membri del Consiglio di guerra incaricati di giudicarlo.

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