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Rita Marcotulli

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Rita Marcotulli nel 2015

Rita Marcotulli (1959 – vivente), compositrice e pianista italiana di musica jazz.

Olga Chieffi, jazzitalia.it, 16 agosto 2003.

  • Il cinema di Truffaut mi ha sempre emozionato, la sua estetica e un po' quella della Nouvelle Vague, di usare il cinema come strumento di rivelazione del reale, al di fuori delle regole codificate, il carattere di "scrittura", di linguaggio autonomo da impiegare in nuove strutture estetiche, analoghe a quelle della letteratura, della lirica, la personalizzazione della visione del mondo, attraverso la quale poter filtrare i fatti e i problemi dell'attualità, l'espressione cinematografica in assoluta libertà, al pari delle altre arti, dalla pittura alla musica, il piano dell'intimo colloquio, del parlar sottovoce, che spazia dallo scatto d'umore all'impennata fantastica, la proiezione della sua esistenza, mi ispirò il compact The woman next door, a cui Maria Teresa De Vito ha inteso aggiungere una sequenza di immagini tratte dai film che mi hanno ispirato quei pezzi.
  • L'improvvisazione jazz attiva una serie complessa di interscambi. Vi è un livello "intramusicale", in cui i musicisti dialogano tra di loro sulla base di sensibilità e competenze condivise, che generano uno scambio comunicativo e sociale complesso all'interno del gruppo, poiché i musicisti mettono in gioco le proprie idee, le proprie esperienze, al fine di attivare un dialogo ora armonioso ora conflittuale; un secondo livello è quello "intermusicale" che abbraccia l'appropriazione della scrittura e della "riscrittura" di un brano, la sua reinvenzione, la terza è la completa "liberazione" di un brano che si apre all'interazione con l'ascoltatore che parteciperà "creativamente", secondo il suo sentire e sapere, alla rinascita della forma e del senso.
  • Per me la musica è la vita stessa. Ma se il gioco è specchio della vita, il sillogismo dà risultato positivo.
  • Nel jazz, ogni cellula musicale viene fagocitata dal solista che la possiede, la plasma genialmente e la regala al pubblico, in un eterno gioco associativo, che non siamo in grado di spiegare, poiché è un modo di svegliarci alla vita che stiamo vivendo.

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