Sinclair Lewis

Harry Sinclair Lewis (1885 – 1951), scrittore e drammaturgo statunitense.
Citazioni di Sinclair Lewis
[modifica]- Cosa è l'amore? È la stella del mattino e quella della sera.
- What is Love [...]? [...] It is the morning star and it is also the evening star.[1]
- Io non sapevo che la Bibbia fosse poesia! Pensavo che non fosse altro che religione![2]
- Non sono esattamente sicuro di cosa questa qualità mistica dello «stile» possa essere, ma trovo la parola così spesso citata negli scritti dei critici minori che suppongo che esso esista.
- I am not exactly sure what this mystic quality «style» may be, but I find the word so often in the writings of minor critics that I suppose it must exist.[3]
Qui non può succedere
[modifica]La bella sala da pranzo dell'hotel Wessex, con i suoi scudi dorati di gesso e il murale raffigurante le Green Mountains, era stata prenotata per la Cena delle Signore del Rotary Club di Fort Beulah.
Qui in Vermont la cosa non era così pittoresca come avrebbe potuto essere nelle praterie dell'Ovest. Oh, ebbe i suoi momenti: ci fu uno sketch in cui Medary Cole (farine e mangimi) e Louis Rotenstern (sartoria e tintoria) si presentarono come i famosi protagonisti della storia del Vermont, Brigham Young e Joseph Smith, e con le loro battute su molteplici mogli immaginarie lanciarono frecciatine in quantità a tutte le signore presenti. Ma l'occasione era sostanzialmente seria. Tutta l'America era seria ora, dopo i sette anni di depressione seguiti al 1929. Era passato abbastanza tempo dalla Grande Guerra del 1914-1918 perché la gioventù nata nel 1917 fosse pronta per andare al college... o in un'altra guerra, praticamente qualsiasi cara vecchia guerra si presentasse.
Citazioni
[modifica]- Il generale Edgeways stava finendo il suo discorso virile e al tempo stesso mistico sul nazionalismo: «... perché questi Stati Uniti, soli in mezzo alle grandi potenze, non hanno alcun desiderio di conquista straniera. La nostra ambizione più alta è essere lasciati in pace, per la miseria! La nostra unica relazione genuina con l'Europa risiede nell'arduo compito di prendere le masse crasse e ignoranti che l'Europa ci ha imposto e provare a educarle a una parvenza di cultura americana e di buone maniere. Ma, come vi ho spiegato, dobbiamo essere pronti a difendere le nostre coste contro tutte le bande straniere di delinquenti internazionali che si definiscono "governi" e guardano sempre con invidia febbrile le nostre miniere inesauribili, le nostre foreste torreggianti, le nostre città titaniche e lussuose, i nostri campi biondi e sconfinati.
«Per la primissima volta nella storia, una grande nazione deve continuare ad armarsi sempre di più, e non per conquista, non per invidia, non per la guerra, ma per la pace! Pregate Dio che non debba mai essere necessario, ma se le nazioni straniere non prestano la massima attenzione al nostro avvertimento, allora, come quando vennero seminati i proverbiali denti di drago, sorgerà un guerriero armato e coraggioso per ogni metro quadrato di questi Stati Uniti, così faticosamente coltivati e difesi dai nostri padri pionieri, di cui dobbiamo essere l'immagine armata di spada... o soccombere!» (cap. 1) - [Doremus Jessup rivolgendosi all'industriale Francis Tasbrough] Con tutto il malcontento del paese a trascinarlo, il senatore Windrip ha altissime probabilità di essere eletto presidente il prossimo novembre, e se così sarà, probabilmente la sua banda di avvoltoi ci spingerà in qualche guerra, semplicemente per ingrassare la sua folle vanità e mostrare al mondo che siamo la nazione più forte in circolazione. E allora io, il Liberale, e te, il Plutocrate, il finto Conservatore, saremo trascinati fuori e fucilati alle tre del mattino. (cap.2)
- [Il banchiere R.C. Crowley rivolgendosi a Doremus Jessup] Perché hai tanta paura della parola "fascismo", Doremus? È solo una parola, solo una parola! E potrebbe non essere così male, con tutti gli scansafatiche che abbiamo oggigiorno a elemosinare i sussidi e vivere sulle tasse sul reddito mie e tue... potrebbe non essere così peggio avere un vero uomo forte, come Hitler o Mussolini, come Napoleone o Bismarck dei bei tempi andati, e lasciargli davvero guidare il paese rendendolo di nuovo efficiente e prospero. In altre parole, avere un dottore che non tolleri obiezioni, ma comandi a bacchetta il paziente e lo faccia stare meglio, volente o nolente! (cap. 2)
- Niente esalta un contadino spossessato dei suoi averi o un operaio che riceve un sussidio tanto quanto l’avere una razza, qualunque essa sia, da guardare dall’alto in basso. (cap. 11)
- E comunque avevano gli ebrei e i neri da guardare con disprezzo, ogni giorno di più. […] Ognuno è re, finché può guardare qualcun altro dall’alto in basso. (cap. 17)
- Ascolta, Karl: hai sempre detto che la differenza tra socialisti e comunisti era che voi credevate nella completa proprietà di tutti i mezzi di produzione, non solo di quelli essenziali; e che voi ammettevate l’idea di una lotta di classe violenta, mentre i socialisti no. Sono sciocchezze! La vera differenza è che voi comunisti siete al servizio della Russia. È la vostra terra promessa. Be’, la Russia è in tutte le mie preghiere, dopo la mia famiglia e il Capo, ma il paese che mi interessa rendere più civile e proteggere dai suoi nemici non è la Russia, è l’America. È una cosa banale da dire? Be’, non sarebbe banale per un compagno russo dire che ha a cuore la Russia! E l’America ha sempre più bisogno della nostra propaganda. Un’altra cosa: io sono un intellettuale piccolo borghese… Non userei mai una definizione così sciocca per descrivermi, ma dato che voi rossi avete coniato il termine, me lo dovrò far andar bene. La mia classe sociale è quella, e quella mi interessa. I proletari probabilmente sono gente nobilissima, ma non credo proprio che i loro interessi siano gli stessi di quelli degli intellettuali piccolo borghesi. Loro vogliono il pane. Noi vogliamo… sì, dai, dillo, vogliamo le brioche! E quando un proletario diventa ambizioso al punto di volere anche lui le brioche, be’, in America diventa subito un intellettuale piccolo borghese, se ci riesce! (cap. 20)
- Adesso capisco perché uomini come John Brown sono diventati pazzi assassini! (cap.23)
- [Doremus Jessup rivolgendosi al figlio Philip] Se sento un’altra volta quella frase sulla frittata, potrei commettere io stesso un omicidio! Serve solo a giustificare le atrocità sotto ogni dittatura, fascista, nazista, comunista o dei sindacati americani. Frittata! Uova! Perdio, l’anima e il sangue della gente non sono gusci d’uovo che i tiranni possono rompere! (cap. 24)
- Eludendo i sospetti di Emma e Sissy, ma anche di Buck e Lorinda, [Doremus Jessup] prese da parte Julian: «Senti, ragazzo. Penso che sia arrivato per me il tempo di fare un po’ di alto tradimento. […] Avrai capito che i comunisti sono troppo teocratici per i miei gusti. Ma ho l’impressione che abbiano più coraggio, devozione e ingegno strategico di chiunque altro dopo i primi martiri cristiani, a cui peraltro assomigliano per via della villosità e della passione per le catacombe. Voglio mettermi in contatto con loro e vedere se c’è del lavoro sporco che posso fare… tipo distribuire un po’ di volantini paleocristiani di san Lenin agli incroci. (cap. 25)
- [Dialogo tra Lorinda e Doremus] «Sì. Andare via da te e da me stessa. Il mondo è incatenato, e io non posso essere libera di amare finché non avrò contribuito a strappare queste catene.» «Il mondo non sarà mai libero dalle catene!» (cap. 27)
- Nessuno di loro, certamente non Doremus, si lamentava. Si abituarono a dormire in un condensato di fumo di tabacco e fetore umano, a mangiare stufati che li lasciavano sempre nervosamente affamati, a non avere più dignità o libertà di una scimmia in gabbia, esattamente come un uomo si abitua all’oltraggio di dover sopportare un cancro. Solo che tutto questo lasciava in loro un odio omicida verso i loro oppressori, tanto che essi, tutti uomini di pace, avrebbero volentieri impiccato ogni Corpo, buono o cattivo che fosse. Ora Doremus capiva molto meglio John Brown. (cap. 31)
- L’Attesa. Divenne qualcosa di distinto, tangibile, personale e reale come il pane o l’acqua. Quanto tempo sarebbe rimasto lì? Quanto tempo sarebbe rimasto lì? Se lo chiedeva notte e giorno, quando si addormentava e quando si svegliava, e accanto alla sua branda vedeva il fantasma dell’Attesa, uno spettro grigio e ripugnante. (cap. 31)
- Sulla «Voix littéraire» di Parigi, l’illustre e geniale professore di letteratura Guillaume Semit scrisse con la sua consueta sensibilità: […] Peccato, ahimè, che la Francia e la Gran Bretagna si dibattano ancora nella melma del parlamentarismo e della cosiddetta democrazia, sprofondando ogni giorno di più nel debito e nella paralisi industriale, a causa della codardia e del conservatorismo dei nostri politici liberali, uomini deboli e antiquati che temono di scegliere il fascismo o il comunismo; che non osano – o che sono troppo avidi di potere per volerlo fare – abbandonare metodi ormai superati, come i tedeschi, gli americani, gli italiani, i turchi e altri popoli davvero coraggiosi, e porre il controllo sano e scientifico dello stato totalitario e onnipotente nelle mani di uomini risoluti! (cap. 31)
- Anche un esercito di schiavi doveva essere persuaso di essere composto da uomini liberi che combattevano per la libertà, altrimenti quelle canaglie avrebbero potuto passare dall’altra parte e unirsi al nemico! (cap. 35)
- Da giornalista qual era, Doremus ricordava che gli unici giornalisti che travisavano e nascondevano i fatti con maggior spregiudicatezza dei capitalisti erano i comunisti. Temeva che la lotta che tutto il mondo contemporaneo era chiamato a combattere fosse non quella del comunismo contro il fascismo, ma quella della tolleranza contro il bigottismo predicato in ugual misura dal comunismo e dal fascismo. Ma capiva anche che in America questa lotta era inquinata dal fatto che i peggiori fascisti erano quelli che rinnegavano la parola «fascismo» e predicavano la schiavitù del capitalismo come parte della Libertà Costituzionale e Tradizionale del Popolo Americano. Perché erano ladri non solo di salari ma anche di onore. E a tale scopo osavano citare non solo le Scritture ma anche Jefferson. (cap. 36).
Il suo ospite gli stava dando un buffetto sulla spalla, mormorando: «Ho appena ricevuto una telefonata. Una squadra dei Corpo la sta cercando». Così Doremus se ne andò, salutato dal canto delle allodole, e viaggiò per tutto il giorno, finché raggiunse una capanna nascosta nei boschi del Nord, dove altri uomini tranquilli aspettavano notizie di libertà. E Doremus prosegue ancora nella luce rossa dell’alba, perché un Doremus Jessup non può mai morire.
Il giudice Timberlane
[modifica]Fino a che Jinny Marshland non fu chiamata a deporre, il giudice aveva sonnecchiato in modo veramente deplorevole.[4]
Velocità
[modifica]Rabbit Tait, pomposamente seduto su una sedia di cucina, davanti alla «Stazione di Rifornimento e Benzina a tutte le ore» di Meccanopoli, nello stato di New York, attendeva i clienti.[4]
Note
[modifica]- ↑ Elmer Gantry, parafrasando l'eloquenza dell'"ateo" Robert G. Ingersoll nel suo sermone. Da Elmer Gantry, 1927.
- ↑ Da Opera d'arte, traduzione di Mario Borsa, Arnoldo Mondadori Editore, 1954, p. 24.
- ↑ Dal discorso per la premiazione del Nobel The American Fear of Literature, 12 dicembre 1930; riportato in Sinclair Lewis, nobelprize.org.
- ↑ a b Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937
Filmografia
[modifica]- Infedeltà (1936)
- Il figlio di Giuda (1960)
Bibliografia
[modifica]- Sinclair Lewis, Qui non può succedere, traduzione di Albertine Cerutti, Giulia Frare, Aimone Gronchi, Paolo Lucca, Davide Martiranii, Chiarelettere, Milano, 2024.
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