Taittirīya Upaniṣad

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Taittirīya Upaniṣad.

Incipit[modifica]

Hari Oṁ.
Possa Mitra donarci pace,
possa Varuna donarci pace,
possa Aryaman donarci pace,
possano Indra e Brhaspati donarci pace,
possa Visnu, colui che va lontano, donarci pace,
Sia onore a Brahman!
Sia onore a Vayu!
Tu sei in verità il Brahman visibile.
Io ti proclamerò il Brahman visibile.
Io dirò il giusto, dirò la verità.
Possa questo proteggermi, possa proteggere il mio maestro!
Possa questo proteggermi, possa proteggere il mio maestro!
Oṁ pace, pace, pace!

[in I Veda. Mantramañjarī]

Citazioni[modifica]

oṃ śāntiḥ śāntiḥ śāntiḥ
ॐ शान्तिः शान्तिः शान्ति:
  • Oṁ è Brahman. (I, 8; 2001)
  • Dona con fede; non dare nulla senza fede. (I, 11, 3; 2001)
  • Dalla consapevolezza si dispiega il sacrificio; | esso dispiega anche i mondi. | Tutti gli Dei meditano su Brahman | come la suprema saggezza. | Colui che conosce Brahman come saggezza | e non è negligente, che ha distrutto | il peccato nel proprio corpo – tale uomo realizza | tutti i suoi desideri.
    Questo dimora nello stesso ātman corporeo del precedente. L' ātman che consiste di beatitudine è diverso dall'ātman che consiste di coscienza; è interno ad esso e lo riempie. Ora, questo ha la forma di una persona e poiché questo ha la forma di una persona, anche l'altro ha la forma di una persona. La sua testa consiste di amore, il suo lato destro di piacere, il suo lato sinistro di estremo piacere, il suo sé è beatitudine; il suo sostegno inferiore è Brahman. (II, 5; 2001)
  • [Śiva è] colui dal quale gli esseri nascono, mediante il quale, una volta nati, vivono, nel quale si fondono allorché muoiono. (3, 1; 2008, p. 221)
'Devi ardentemente desiderare di conoscere Quello dal quale, invero, questi esseri nascono, per mezzo del quale vivono, nel quale ritornano e si riassorbono. Quello è il Brahman'. (III, I, 1; 2010)
  • Sappi che il Brahman è beatitudine (ānanda), perché dalla beatitudine nascono invero gli esseri viventi, mediante la beatitudine, una volta che sono nati, vivono, nella beatitudine ritornano allorché muoiono. (III, 6, 1; 2008)
  • La divinità abita nella parola in quanto potere di protezione.| Nel respiro inspirato ed espirato in quanto potere di prendere e di dare. | Nelle mani in quanto potere di agire. | Nei piedi in quanto potere di muoversi. | Nell'ano in quanto potere di liberarsi degli escrementi. | Nel mondo degli elementi è la pioggia e il potere di estinguere la sete. | Nella folgore è la forza, nel bestiame la ricchezza. | È la luce delle stelle. | Nello sperma è il potere di generare. | Nel rapporto sessuale è il potere di godere. | Come l'etere, è in tutte le cose, e là dove risiede bisogna venerarlo. (3, 10; 2008)
Per colui, il quale così conosce [si concretizza il frutto seguente]: la stabilità della parola, l'acquisizione e la stabilità nella esalazione e nella inalazione [...]. (III, 10, 2; 2010)

Note[modifica]

  1. Panikkar non esplicita il numero di strofa quando l'anuvāka ne possiede una soltanto, quindi qui sarebbe (I, 1, 1).

Bibliografia[modifica]

  • Raimon Panikkar, I Veda. Mantramañjarī, a cura di Milena Carrara Pavan, traduzioni di Alessandra Consolaro, Jolanda Guardi, Milena Carrara Pavan, BUR, Milano, 2001.
  • Alain Daniélou, Miti e dèi dell'India, traduzione di Verena Hefti, BUR, 2008.
  • Upaniṣad, a cura e traduzione di Raphael, Bompiani, 2010.

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