Theodore Maynard

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Theodore Maynard

Theodore Maynard (1890 – 1956), poeta, critico letterario e storico britannico.

Il buffone di Dio. Vita di san Filippo Neri[modifica]

Incipit[modifica]

  • A uno degli ultimi piani della paterna casa fiorentina, un ragazzo di nove anni stava affacciato alla finestra, intento a recitare un salmo insieme con la sorella minore, Lisabetta. Era un ragazzo particolarmente simpatico, con un'aria d'innocenza che attirava. Era facile accorgersi come fosse rispettosissimo, non solo verso i genitori, ma con tutti i più anziani di lui. In città era conosciuto come Pippo Buono. Tutti gli volevano bene.

Citazioni[modifica]

  • Venne il giorno in cui l'abitudine all'estasi si era fatta in lui talmente inveterata, che l'unico modo di ritornare in terra quel tanto che gli bisognava per riuscire a dir messa , era di farsi leggere una pagina o due di quel libro.[1]
    Esso conteneva la quintessenza dello spirito fiorentino; o, per lo meno, d'un lato di codesto spirito che consiste in una specie di eccentrica bonomia. Il pievano Arlotto ebbe dunque molta influenza sulla formazione di quel santo poco comune. «Non è cosa meravigliosa», domanda l'editore del gioviale abate, «che quest'uomo, con la sua bontà e il suo senso acuto del comico, abbia conquistato la fantasia di tutti gli uomini, rendendoli fratelli ed amici?» In tale domanda, costui, per così dire, dipingeva profeticamente lo stesso Filippo. (p. 16-17)
  • [...] questo mistico, questo estatico, fu sempre pronto alla chiamata del primo venuto. Era inteso che in qualunque momento lo si poteva distogliere dalla preghiera, se c'era chi desiderava parlargli. Perché questo altro non era, come spesso diceva Filippo, che un lasciar Dio per Dio. Egli fu il contemplativo più socievole che il mondo abbia mai visto [...] (p. 57)
  • Forse è giusto quanto dice il Ponnelle, che «con l'avvento di Paolo IV, Filippo diventò, per contrasto, l'uomo del omento; lo diventò grazie al suo carattere amabile via via che il Papa si mostrava sempre più intollerante e severo. Era proprio l'uomo che ci voleva per togliere alla riforma, alla quale tutti dovevano soggiacere, volenti o nolenti, i suoi aspetti più odiosi, rendendola attraente». Questo però è un giudizio retrospettivo; lì per lì la cosa non era punto evidente. La posizione di Filippo [sotto il pontificato di Paolo IV] era tutt'altro che solida [...] (p. 89-90)
  • La gioia, anche quando non appariva a Filippo un segno di santità, era secondo lui una delle vie più dirette per raggiungerla. Sapendo, come sapeva, che la maggior parte delle infelicità proviene dall'amore di se stessi, e che gli egoisti sono invariabilmente tristissimi, si dedicò soprattutto a condurre il prossimo all'umiltà. Sono questi i due punti gemelli del corpo della sua dottrina, se si può dire che ne avesse una.
    Tra essi, di gran lunga più importante era naturalmente l'umiltà. Egli sapeva infatti che dall'umiltà sarebbe fluita senza fallo la gioia. (p. 165)
  • Filippo non si faceva illusioni quanto a rivelazioni e cose simili, in rapporto alla santità. È realtà storica nuda e cruda il fatto che molti santi, anche grandissimi, non conobbero mai tali fenomeni, e che coloro ai quali invece sono capitati furono pressoché unanimi nel dichiarare di non potersene fidar troppo. Benché il mondo sia incline a misurare i mistici col metro delle cose meravigliose che di loro si raccontano, questo non è il metro usato dai mistici stessi. E di nessun mistico ciò è più vero che nei riguardi di Filippo. (p. 194)

Note[modifica]

  1. Motti e facezie del Piovano Arlotto.

Bibliografia[modifica]

  • Theodore Maynard, Il buffone di Dio. Vita di san Filippo Neri, traduzione di Marcella Hannau, Marietti , Genova-Milano, 2011. ISBN 978-88-211-6516-0

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