Trace Lysette
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Trace Lysette (1987 – vivente), attrice statunitense.
Dall'intervista di Marco Consoli a Vanity Fair Italia nº 48, 2022; citato in vanityfair.it, 24 novembre 2022.
- [Sulla decisione di alcuni Festival di abolire la categoria binaria uomo-donna per il premio alla migliore interpretazione] Credo che una decisione del genere possa rivelarsi un'arma a doppio taglio: le donne nell'industria cinematografica sono ancora oppresse e dunque avere due categorie, maschile e femminile, aumenta le loro probabilità di essere premiate. D'altro canto, però, capisco che il gender stia diventando sempre meno importante come costrutto sociale, quindi c'è un aspetto positivo in tale abolizione.
- In un mondo perfetto, in cui le opportunità sono equamente distribuite, ogni attore dovrebbe essere libero di interpretare chi vuole. Ma, negli ultimi anni, molti attori cisgender hanno ricevuto nomination o vinto l'Oscar per ruoli da trans [tra gli altri, Eddie Redmayne per The Danish Girl, Hilary Swank per Boys Don't Cry, Felicity Huffman per Transamerica, Jared Leto per Dallas Buyers Club, ndr], mentre a noi [trans] non vengono date le stesse possibilità.
- [Sulla transfobia] L'odio nei nostri confronti nasce nella società: è una specie di malattia, e i parenti dei trans ne sono vittime. La dimostrazione è che i bambini, a cui non è ancora stato fatto il lavaggio del cervello, quando vedono un trans lo accettano per quello che è. Bisognerebbe educare le persone a disimparare l'odio: in questo senso un film [...] è molto più efficace di mille prediche.
- Sono sempre stata povera, la mia famiglia non aveva risparmi e così il college non è mai stato un'opzione per me. Non avendo grandi possibilità di scelta nel mondo del lavoro, sono finita a ballare e spogliarmi allo Scores e in altri strip club di New York. Però, diciamoci la verità, anche se ben pagato non era quello che avrei voluto fare per tutta la vita. Così ho iniziato a usare i miei guadagni per prendere lezioni di recitazione. Per me è diventato anzitutto uno sfogo per esprimere la mia creatività e, all'inizio, consideravo la cosa soltanto un hobby. [...] Quando ho partecipato a Law & Order avevo già completato la transizione, quindi mi presentavo come donna per interpretare una donna. Avevo imparato a mentire bene negli strip club, dove mai e poi mai avrei potuto rivelare che ero trans: quei locali sono dominati da una cultura maschilista, mi avrebbero fatto a pezzi. In un certo senso, credo che i trans siano più preparati a calarsi in un personaggio perché, nella vita di tutti i giorni, sono abituati a recitare, anche se lo fanno solo per difendersi dalla malvagità. Dieci anni fa i ruoli di trans erano pochissimi e così qualcuno mi ha suggerito: "Se vuoi lavorare non rivelare mai chi sei veramente". [«Quando ha cominciato a dire la verità?»] Quando mi hanno offerto il ruolo di Shea [in Transparent] ho pensato che fosse giunto il momento di fare coming out. Per me è stato traumatico: è stato come svelarsi una seconda volta dopo aver confessato a mia madre, molto giovane, che avrei iniziato la cura ormonale. Avevo paura di perdere il mio lavoro allo strip club [abbandonato successivamente quando il suo personaggio ha trovato un posto fisso nella serie, ndr], ma fortunatamente le cose sono andate per il verso giusto. Però mi creda, tutt'oggi non è facile: a volte penso che chi mi guarda mi riterrà troppo femminile per interpretare una trans e non abbastanza per ruoli da donna cisgender, che sono quelli invece a cui punto.
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