Ugo Volli
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Ugo Volli (1948 – vivente), semiologo e filosofo italiano.
Intervista di Giulio Meotti, ilfoglio.it, 2 marzo 2021.
- [Sulla diffusione del "politicamente corretto" di stampo anglosassone nelle università italiane] Bisogna aggiungere che la "correttezza politica" si è instaurata anche a livello burocratico. Per esempio, in molte università sono stati adottati dei regolamenti di "linguaggio inclusivo" che condizionano il modo di scrivere i documenti ufficiali dell'università, spesso con risultati piuttosto comici, come l'asterisco impronunciabile che viene usato per neutralizzare il genere grammaticale: non ci si rivolge più ai "colleghi", maschi o femmine che siano, e neppure a "colleghe e colleghi", ma a "collegh*". Sono rituali di gruppo imposti a tutti, anche a chi non è d'accordo.
- Gli accademici italiani in genere sono molto sensibili alle tendenze politico-culturali dominanti. Durante il ventennio furono fascisti. Su 1.225 professori di ruolo, nel 1931 solo dodici rifiutarono di prestare giuramento di fedeltà al regime. Nessuno di loro insegnava letteratura, lingue o storia contemporanea. Cinque erano di origine ebraica e probabilmente intuivano dove sarebbe andata a finire quella storia. Nel dopoguerra per diversi decenni l’accademia si è divisa quasi a metà fra "cattolici" e "comunisti"; poi questa divisione ha progressivamente perso rilievo, ma l'orientamento generale della docenza universitaria è stato massicciamente di sinistra, dal "progressismo" generico all'estremismo fino alla complicità attiva con i tentativi "rivoluzionari". L'esperienza delle agitazioni e delle occupazioni, a partire dal Sessantotto, è diventata una tappa quasi necessaria nella formazione dei docenti universitari. Del resto la docenza universitaria, insieme alla magistratura, fornisce il serbatoio principale per il personale politico della sinistra.
- L'egemonia del "progressismo", che non esiste più sul piano elettorale o politico, è totale nell'ambito della cultura e della comunicazione. Dai tempi della vecchia Rusconi non esiste più una casa editrice di destra che abbia un peso di mercato in Italia, anche se Mondadori e Rizzoli appartengono a Berlusconi. Lo stesso va detto per le televisioni: basta guardare ai talk-show per vedere che il "progressismo" prevale per dieci a uno. Lo stesso vale per riviste e altri luoghi del pensiero. Bisogna aggiungere che la guardia a questi mezzi di comunicazione è strettissima e che la preclusione per coloro che non si adeguano è molto stretta, secondo una logica di controllo del territorio che somiglia per certi versi a quello della criminalità organizzata: se non sei dei nostri, gira al largo. È dunque molto difficile svolgere un lavoro intellettuale senza adeguarsi al conformismo. Il che autorizza fra l'altro i portatori dell'ideologia progressista nel loro pregiudizio per cui tutti i loro oppositori sarebbero rozzi e ignoranti.
- L’omologazione c'è nella cultura, nella comunicazione e nella scuola. È un vero e proprio blocco egemonico, che negli ultimi anni è stato capace di assorbire avversari tradizionali come la chiesa e la grande imprenditoria. Il punto debole è la sua capacità di creare consenso di massa, come mostrano i risultati elettorali in mezzo mondo, ma anche la crisi di diffusione di giornali, televisioni, in genere i media tradizionali. Le ricette, i gusti, le grammatiche di questo blocco egemonico non convincono fasce consistenti della popolazione, che dipende ormai largamente dalla comunicazione "virale" della rete per formarsi la propria immagine del mondo. È una situazione instabile: l'egemonia culturale religiosa e anche economica non riesce a ottenere un consenso diffuso. È probabile che questo squilibrio sarà in definitiva deciso a livello politico. Ma vi è un altro fattore in gioco: il controllo della rete. Il blocco sociale che resiste all'egemonia progressista non è stato organizzato da partiti, giornali, chiese, bensì si è coagulato molecolarmente per effetto della rete e soprattutto dei social.