Valentina Acava Mmaka
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Valentina Acava Mmaka (1971 – vivente), scrittrice, educatrice e attivista italiana.
Intervista di Michela Chessa, michelachessa.altervista.org.
- Sono arrivata in Sudafrica piccolissima e qui ho vissuto fino all'età di tredici anni. È stata l'esperienza più importante della mia vita, non solo perché coincideva con il periodo dell'infanzia e della prima adolescenza, ma anche per la complessità della società sudafricana di allora, quando il paese era sotto il giogo dell'apartheid. Questo essere dentro la Storia mi ha reso una testimone diretta di una società fondata sull'ingiustizia, su un principio di diseguaglianza che classificava l'umanità in "giusti" e "sbagliati" a seconda del colore della pelle. Il filosofo Jean Grenier diceva: "Esiste in ogni vita, soprattutto al suo inizio, un attimo che decide tutto". Per me quell'attimo che ha deciso tutto è stato il Sudafrica.
- Ho cominciato a svolgere l'attività di mediazione collaborando con le scuole, proponendo una serie di laboratori ludico–didattici, condividendo tutte le conoscenze che ho acquisito nella mia vita in Africa, non solo in Sudafrica ma anche in Kenya, Tanzania, Zanzibar dove ho vissuto un'altra parte importantissima della mia esistenza: laboratori di fiabe, laboratori di giocattoli sostenibili costruiti con materiali essenziali, laboratori di teatro ispirati alla tradizione favolistica di diverse culture africane, etc... Ho poi scritto e pubblicato in Italia tre libri per bambini in cui ho affrontato diverse tematiche universali, quali la tutela ambientale, la pace, la diversità, sotto una prospettiva diversa, raccontandola dal punto di vista dei bambini africani e proponendo "soluzioni" vicine al sentire e al pensare dei popoli africani protagonisti.
- La letteratura africana ha il merito di essere espressione di un impegno politico che si rinnova costantemente. Ieri era il colonialismo, oggi è l'imperialismo economico dell'occidente o fenomeni come la corruzione o il terrorismo, ma certamente oggi ha un ruolo fondamentale anche nella creazione di quella che Nadine Gordimer chiama una cultura letteraria, ovvero la possibilità che lo scrittore in quanto artista possa scrivere ed essere letto, che la sua opera possa essere diffusa e rappresentare i cambiamenti della sua società, unendo l'impegno politico e la qualità della sua creazione letteraria.
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