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Vercelli

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Xilografia della basilica di Sant’Andrea, Vercelli

Citazioni su Vercelli.

  • Vercelli città posta ne' primi termini del Piemonte, sede ora del Signor Duca di Savoja, chè i Francesi gli hanno occupato Torino, è assai ben popolata e abbondantemente fornita di vettovaglie e di ogni sorte merci... Vi sono assai belle contrade con buoni casamenti, per le quali si vedevano anche di molti gentiluomini andare innanzi e indietro per i fatti loro. Per la città passa certa acquetta, che porta fuori tutte le immondizie, tirata di qua e di là per le contrade, come usano fare in molti luoghi di quel paese. (Andrea Minucci)
  • A qual di voi è ignorata l'antichità e la dignità della Chiesa vercellese? E con quale altra d'Italia, dalla Romana in fuori, non può venire a paragone, o sia che si riguardi alla sua origine, sendo che fu ammaestrata nella fede dallo stesso principe degli apostoli, secondo porta l'antichissima tradizione, o si consideri che prima ancora del magno Eusebio fu governata successivamente da Vescovi, mentre gran parte delle italiche città non avevano, e mancarono molti anni ancora di chi le reggesse, e solo da passeggieri annunziatori aveano alcun lume di fede?
  • Adunque per ciò che spetta ai diritti, e perché non fosse corrotta la giustizia, ordinarono che inviolabili fossero le vite de' Vercellesi; che la facoltà del far leggi non fosse in chi teneva il supremo potere; che il podestà, sempre forestiero acciocché non si movesse per affetto di parte, fosse esecutore, non giudice; che nel principio del suo governo giurasse di mantenere la pace, obbligato ad esser pronto di giorno e di notte alle richieste de' cittadini; che con eguale misura si ponessero le taglie a' castellani, a' nobili e a'cittadini; che i giudici non si eleggessero comunque , ma quei soli che i poveri, le vedove, e gli orfani avessero un giudice particolare che senza spesą rendesse loro ragione; che i beni degl'infermi e degli ospedali e i diritti loro da uffiziali del comune si curassero; che questi fossero privi d'uffizio se in qualche modo ricevessero doni, o si fossero posti alle mense dei cittadini, e che tutti al termine dell'uffizio loro si ponessero a sindacato. Il che era e saviamente ordinato e con grandissima parte di pubblico bene mantenuto; poiché dall'offesa giustizia nascono assai frequente que' turbamenti che tornano a danno comune, quando i privati non hanno modo di ristorarsi, e gli offenditori hanno speranza d'impunità.
  • Io so bene non poter essere chi contraddica alle mie parole, se affermo essere questa città gloriosissima per ciò che è antichissima, e che avanzando ogni età di cui si hanno memorie scritte, è sì per la lunghezza della sua vita degnissima d'ammirazione, sì per la remota sua origine in tanta lontananza di secoli veneranda. Perciocché, chi ben considera, è questo argomento di grandissima felicità, che per mezzo il corso di tanti secoli manomessa da' barbari, travagliata da esterne guerre, lacerata nelle più vitali sue parti per le discordie de' cittadini, possa una città non che stare, avanzarsi, e per infiniti pericoli crescere e prosperare.
  • Ma queste leggi [suntuarie] che di tanta luce di sapienza risplendono, dove e al comune e a' privati opportunamente è provveduto, e che qual monumento di vera gloria, di cui potrebbe vantarsi qualunque delle italiane città, possono additarsi agli stranieri e ai vicini, sarebbero tuttavia rimaste imperfette nel conseguimento dell'effetto loro, se non avessero eziandio procurato che gli animi de' cittadini ingentilendosi per oneste ed utili discipline, smettessero alquanto di quella rozzezza ch'era effetto dei secoli precedenti, e a più facile e cittadinesco vivere s'adusassero. Videro questo i savi fattori delle leggi , e vi ripararono: ed in vero gode l'animo a leggere in quegli antichi statuti come colla vercellese università degli studi s'avvisassero di nobilitare la patria; nè lo saprei con più degne parole, se non se colle loro, rappresentare quanto illuminata carità di patria mostrassero. Imperciocchè non contenti che dalla sapienza de' padri loro si fosse aggiunta a questa Città la chiarezza e lo splendore delle lettere, ordinando che fossero quattordici cattedre, dove i professori dello studio di Padova leggessero il diritto civile e canonico, la fisica, la dialettica e la rettorica, vollero dopo, che per legge del comune fosse l'università mantenuta e conservata. «Perché niente, diceano, v'ha di più utile e bello, che applicar l'animo alla cognizione delle lettere e degli studi del diritto, della medicina, e di quelle arti e discipline per le quali gli uomini vengono in nobiltà, e i poveri arricchiscono; e perché le città e i luoghi ogni altro s'illustrano, e di buoni cittadini per varie guise s'accrescono, come per la stessa efficacissima esperienza de' fatti si manifesta; ed essendo ancora che le spese fatte pe’ dottori, e il denaro che loro si dà, e quello degli scolari rimane in città e spargesi fra cittadini; e che l'entrate e rendite del comune per essi aumentano e crescono, perciò è deliberato che inviolabilmente e perpetuamente si curi, che nella città di Vercelli, dove già fu ab antico, sia e sempre debba essere lo studio generale, e che a procurarlo sia strettamente obbligato qualunque Podestà, e che a spese del comune continuamente leggano i professori: e inoltre siavi chi di tutte le scienze abbia opere correttissime, per accomodarne tutti che vogliano leggere o rifarne esemplari.» Colle quali parole, ch'io volli riferire le stesse, voi ben vedete quale provvidenza mostrassero i maggiori vostri nel curare le utilità della patria, e qual diligenza nel procurare che in quell'avara penuria di libri, gli studiosi avessero facoltà di facilmente attendere agli studi, e comodità di facilmente percorrerli. Del che per avventura furono pochi esempi in Italia.
  • Passata da colonia a Municipio, prima che Torino ed Aosta, troviamo che gli storici la nominano con egual titolo di lode, che Milano e che uno de' migliori oratori di quel tempo, chiaro per facondia e festività d'ingegno , accetto agli imperatori Vitellio, Vespasiano e Domiziano era il vercellese Vibio Crispo; e se il tempo non ne avesse invidiate le eloquenti orazioni, avrebbe per avventura la superiore parte d'Italia chi contrapporre all'oratore d'Arpino, giacché l'averlo annoverato il severo Tacito tra' primi, e l'essere confermate le sue lodi dagli scrittori de' tempi, è chiaro argomento del merito di quel sommo. E qui pure fiorirono nobilissime famiglie, i cui nomi conservarono i marmi, i quali, se non come ora dispersi, ma per provvido consiglio ordinati fossero e in un sol luogo adunati, avrebbe la Città vostra un parlante argomento di gloria da additare a ' vicini, e manterrebbe vieppiù viva ne' suoi la memoria del suo antico splendore.
  • Quando penso e pongo mente alla sapienza de maggiori vostri, quasi mi sdegno a vedere che tanto bene non abbiano saputo colla concordia mantenere, e che essi medesimi guastassero dopo quello che poche ore innanzi aveano sayiamente ordinato; il che fu non dubbia cagione, perché la Città a maggiore grandezza non pervenisse, e che a guisa d'inferma viziata nelle interne sue parti, fosse costretta a languire. Perciocché se riguardiamo al modo del suo reggimento, e alla sapienza delle sue leggi, vediamo che due principalissimi intenti, donde la prosperità e la pace derivano, si proponeva; l'uno di rafforzarsi in la guisa da non temere de' forestieri, l'altro di mantenersi dentro tranquilla.
  • Queste furono le arti di pace con che la sapienza degli antichi Vercellesi fondò e mantenne quasi due secoli una università: istituzione e per sé lodevolissima, ma per rispetto de' tempi degna d'ogni maggiore lode, mentre che l'Italia appena risorta dalle tenebre vedeva alcun lume di lettere, e queste che altrove più per opera de privati, che per pubblica volontà rifiorivano, qui non solamente desideravansi, ma ricercavansi, non benignamente ricevute, ma cupidissimamente abbracciate, non di qualche grazia privilegiate, ma dal pubblico con denaro e con opera conservate e sostenute. Tanto era in quegli animi generosi l'amore del vero e del bello! Né potranno recarselo a male i convicini popoli subalpini, se colla scorta de' documenti certissimi della storia, io dico, che da Vercelli vide il Piemonte uscire primieramente quella luce che della passata infelicità l'ammoniva, e con migliori speranze avvisava di quanto sarebbe un giorno glorioso.
  • Vercelli mena vanto che nel Vescovo Attone avesse uno de' primi luminari d'Italia, che qui si aprissero ospedali agl'infermi, che qui si attendesse allo studio de' canoni, che qui fra le mura de' chiostri si mantenessero in vita gli studi, che qui nella Biblioteca Eusebiana s'adunassero codici di sacre e profane lettere: prezioso tesoro che fece maravigliare l'Andres e il P. Bianchini, e trasse più volte a visitarlo i forestieri, e quel lume d'Italia Angelo Mai; che da un qualche monaco si recassero i morali d'Aristotele, e le Tulliane lettere a Lentulo, che avrebbe dopo qui discoperte primo il Petrarca; che qui con opere di scultura e di mosaico s'ornassero i templi. E i viventi i quali non senza dolore ricordano come nella memoria, de' padri loro il più splendido monumento dell'arti di que' tempi, fosse atterrato, mostrerebbero ora nella Basilica fondata da Costantino, restaurata da Teodelinda, consecrata da Eugenio III, celebrata pel Concilio di Leone IX, che anche in mezzo della ignoranza seppero gli antichi loro, e conservare le opere delle arti belle, e di non spregevoli ornamenti arricchirle.

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