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Vittorio Bertoldi

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Vittorio Bertoldi (1888 – 1953), linguista e glottologo italiano.

Un ribelle nel regno de' fiori

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  • Il colchico, l'ultimo fiore de' pascoli alpini, possiede tali caratteristiche nell'aspetto esterno, nella vita e nella struttura interna che non fu soltanto argomento di studio per i botanici o fonte di ispirazioni per i poeti, ma attirò anche l'attenzione del popolo per l'epoca insolita del suo apparire (fiorisce d'autunno!), colpì la fantasia del contadino per la sua «nudità» (il fiore è privo di foglie!), attrasse la curiosità de' giovani pastori per la forma de' suoi frutti, come oggetto di trastullo durante i pascoli, destò infine l'interesse e la preoccupazione del campagnolo in causa del suo veleno. (Introduzione, p. 1)
  • Tutto questo doveva creare attorno a quest'umile fiorellino una ricca varietà di nomi, di detti, di usi, di credenze, di frottole; la fantasia popolare s'è veramente sbizzarrita nell'andar in cerca delle più graziose e delle più peregrine immagini: è «il fiore malvagio che i fiori uccide e semina le brume», è «il fiore della natura moribonda», è il profeta del tempo, è il segnale della prossima fine de' pascoli e del principio delle veglie, è il regolatore infallibile delle ultime operazioni campestri dell'anno, della seminagione e della raccolta del grumereccio, è il malinconico amico della vecchierella che fila, è il compagno di gioco de' pastori sul prato, è il terrore delle mandre pascolanti, è il farmaco occulto delle fattucchiere, è la droga velenosa degli speziali ecc. ecc. (Introduzione, p. 1)
  • [...] il colchico, come ogni altra cosa d'autunno, emana un vago senso d'amarezza e il suo apparire mette la malinconia anche nel core più semplice, in quello del pastore come in quello del poeta. Nel linguaggio popolare dei fiori esso esprime: 'meditazione, rammarico'; portato sul petto da una contadinella, il colchico significa: 'i miei giorni felici sono passati!'; offerto da un pastore all'amante d’un tempo, il colchico dice: 'non t'amo più come una volta!'. La sua apparizione è il primo annuncio che s'appressa l'inverno, il nemico degli ammalati di petto; chi ne presente la prossima fine, alla vista di questi fiori, suole dire sospirando: «les poitrinaires peuvent s'apprèter, voici les voillottes qui se montrent!»[1]. (parte prima, cap. I, pp. 13-14)
  • Una delle note tristi sul finir dell’ estate è quel gracchiare stridulo e cupo dei corvi e delle cornacchie, che in questa stagione s’adunano in maggior copia sopra le messi mature, facendone qualche volta addirittura strage. Questi uccelli sono nel regno animale quello che il colchico è nel mondo de' fiori: tristi presagi del brutto tempo, come il canto del cuculo e l'apparire di certi fiori sono le prime liete novelle che «zefiro torna, e 'l bel tempo rimena». (parte prima, cap. I, p. 21)

Note

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  1. Informazione avuta privatamente dal prof. Jud (lettera del 6 febbraio 1920). il proverbio vale, a quanto pare, per la Franca-Contea. [N.d.A.]

Bibliografia

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Altri progetti

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