Walter Siti
Walter Siti (1947 – vivente), critico letterario, saggista e scrittore italiano.
Citazioni di Walter Siti
[modifica]- [Sul libro Casanova di se stessi] Altro che satira della borghesia lombarda post-industriale! C'è anche quello, naturalmente, ma compreso in un percorso ben più serio ed emotivamente impegnato. Senza paura per il proprio dolore, ma anzi usando il proprio dolore come un grimaldello. Di fronte a una società che si presenta nuova e ricca di mutazioni sorprendenti, Busi concepisce il romanzo come un "meccanismo testimoniale" che ricava dai particolari privati indicazioni sui fenomeni pubblici, sapendo che in indagini del genere è impossibile non essere personalmente coinvolti, fino ai nodi più oscuri e alle resistenze più profonde. [...] Busi sta dalla parte del romanzo come conoscenza e rivendicazione, contro il romanzo come "arredamento"; ma mentre in molti lo auspichiamo, lui lo fa.[1]
- Forse l'impressionante punto d'arrivo rappresentato da Suicidi dovuti (impressionante per la concentrazione, l'immobilità e la clausura quasi beckettiane, confrontate agli orizzonti amplissimi e sempre in movimento dei primi libri) conferma ciò che era intuibile anche dall'andamento picaresco del "Seminario" o del "Venditore di collant": la vera dimensione della scrittura di Busi non è quella specificamente romanzesca ma quella "epica". Un'epica dei vinti, com'è nella tradizione moderna, ma un'epica che mescola interno ed esterno: i segni dello sfruttamento sociale, il sadomasochismo come pratica psicologica diffusa, e l'affabulazione ininterrotta che sale dai paesaggi interiori dell'autore, perché l'autore non può smettere di percepire se stesso come un escluso. Anche questa è sincerità.[2]
- Sono venuto a Milano come gli elefanti che vanno a morire dove sono nati.[3]
''leparoleelecose.it, 5 febbraio 2022.
- Quando mi hanno scritto che era morta Cristina Annino poco dopo aver compiuto gli ottant'anni, non ho potuto fare a meno di pensare che la sua morte assomigliava alle sue poesie: antisentimentale, stridente, non consolata né consolatoria.
- I suoi temi erano inamovibili, quotidiani e bizzarri allo stesso tempo: la madre vedova ritratta nella sua gigantesca piccolezza, con un amore che rasentava la crudeltà; il cane vitalissimo a cui mancava una zampa, il suo "cane dei miracoli"; e poi Madrid, la città d'elezione di cui rimpiangeva il periodo franchista, non per fede politica ma per voglia di pulizia, di disciplina, di luce senza sbavature. Sugli uomini aveva idee che ora, col clima di fluidità imperante, sarebbero inconcepibili ma anche trenta o quarant'anni fa erano un bel po' controcorrente: si innamorò di un generale spagnolo che la recluse e dovette fuggire dalla finestra, poi in Italia si sposò con un militare macho e gelosissimo che odiava le sue poesie e vedeva rivali dappertutto (perfino io dovetti cambiare numero di telefono per sfuggire a quei deliranti monologhi aggressivi). Un amore vero, masochista, cannibale, su cui Cristina scrisse un romanzo (Connivenza amorosa) forte e completamente trascurato dai critici.
- Io non la conoscevo quando Aldo Rostagno mi portò un fascicolo di versi dicendomi che erano di una sua amica; rimasi colpito dal fatto che fossero tutti scritti con un io lirico maschile e all'inizio mi convinsi che fosse un escamotage di quel burlone di Aldo per farmi leggere in realtà versi suoi – poi una sera mi presentò Cristina e scoprii che non era nemmeno lesbica: un suo gemello, mi spiegò, era morto durante il parto e lei si era data come missione di scrivere per conto del gemello mai nato. Decisi di includere una parte di quei versi nell'antologia einaudiana che stavo curando: mi colpivano la metrica puntuta, volontaristica e obbligata allo stesso tempo, la totale indistinzione tra animato e inanimato, il suo realismo ateo e senza pietà, le metafore tese al massimo del consentito ma senza nessuna esibizione sperimentale.
- Ormai ho rinunciato a convincere la critica mainstream che si tratta di una delle voci più interessanti degli anni Settanta e Ottanta e Novanta del secolo scorso; forse il modo per farle pian piano conquistare il posto che le spetta è quello di antologizzarla – scegliendo magari per ora i versi più accessibili: quelli sulla madre sia in vita che in morte, alcuni di quelli sul marito violento, una misteriosa poesia su un'usanza filippina di divorare il cervello di scimmia. E le sue amiche spagnole. È morta sola, senza amici e con un bizzarro amore lontano, di cinquant'anni più giovane di lei.
Bontà
[modifica]«Fare schifo è un atto politico»: Ugo ci ripensa stando seduto sul water, a questa frase scritta con mano incerta e vernice bordò su una saracinesca di viale Monza, letta casualmente mentre tornava dall'aver mezzo litigato con un amico in via dei Transiti[4].
Un dolore normale
[modifica]Piangere fa venire gli occhi belli, diceva mia nonna; peccato che ora non sia capace di spremere una lacrima. Di solito sono un uomo che piange, che scioglie il catarro nelle lacrime e ne riempie fazzoletti; i materassi sobbalzavano galleggiando sul mio muco, non è per vantarmi – né per giustificarmi, del resto. La tranvata è stata forte, il muso contro la porta quando già ero sicuro di entrare.
Note
[modifica]- ↑ Da L'Indice, 2000, n. 6.
- ↑ Da L'Indice, 1997, n. 2.
- ↑ Intervista di Teresa Ciabatti, «Il contagio» di Siti fa una vittima: Salemme, La Lettura, suppl. del Corriere della Sera, 17 settembre 2017, pp. 32-33.
- ↑ Se rivelassi qui le ragioni del litigio anticiperei di troppo lo snodo principale del racconto; ma siccome a quel momento dell'intreccio questo «amico» sarà uscito dall’orizzonte del libro, permettetemi almeno di dire che soltanto a lui il nostro protagonista ha dichiarato con slancio di cuore intenzioni ancora nebulose, e che solo lui forse avrebbe potuto impedire gli accadimenti annunciati – la sua assenza dunque, certificando la solitudine siderale del protagonista, ha permesso al presente libro di esistere.
Bibliografia
[modifica]- Walter Siti, Bontà, Einaudi, 2018. ISBN 9788806238582
- Walter Siti, Un dolore normale, Einaudi, 1999. ISBN 8806149741
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