Wilhelm Siegmund Teuffel

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Wilhelm Siegmund Teuffel

Wilhelm Siegmund von Teuffel (1820 – 1878), filologo classico tedesco.

Storia della letteratura romana[modifica]

Incipit[modifica]

Mancavano ai Romani l'agilità, la versatilità e la fantasia de' Greci; i loro pregi consistono nella sobrietà ed acutezza del pensiero, nella fermezza e costanza della volontà. Il loro ingegno s'indirizzava all'utile e degenerava anche in egoismo ed astuzia, come la loro fermezza in ostinazione e rigidezza. Nel campo della politica e del diritto queste qualità produssero cose grandi e durevoli; all'arte ed alla letteratura furono assolutamente sfavorevoli.

Citazioni[modifica]

  • Tra le varie specie di poesia il dramma ritrae maggiormente del carattere popolare romano. Come tutti gl'Italiani, avevano anche i Romani lo sguardo acuto per ciò che cade sotto i sensi, il dono di una fina osservazione, di una viva imitazione e rapida riproduzione. L'improvvisare, le canzoni per burla ed ischerno, così come la forma de' dialoghi e delle canzoni a vicenda, sono perciò cose antichissime in Italia. (vol. I, p. 3)
  • I Fescenini presero il loro nome da Fescennio, villaggio posto a mezzodì dell'Etruria, ma sono generalmente proprii dell'Italia media. Essi erano un elemento di un divertimento campagnuolo, venivano rappresentati in liete occasioni, e quelli che vi prendevano parte uscivano in reciproci motteggi, in rudi arguzie secondo il gusto grossolano del popolo e simili. Quest'uso che si praticò in origine anche nelle feste villereccie (p. es. dopo la messe, alla festa della dea Tellure e del dio dei boschi), si vide a poco a poco ridotto in più breve cerchia e limitato alle nozze. Quando, caduta la repubblica, la poesia artistica si appropriò i Fescennini, essa li tolse in parte dal loro lato burlesco, in parte dal loro uso nelle nozze. (vol. I, p. 4)
  • [...] anche gli oratori Asinio Pollione e M. Messala, che erano sopravvissuti[1] alla repubblica, si vedevano l'un di più che l'altro sparir dinanzi il loro campo; ormai non c'era più mezzo: o bisognava star muti, o adattarsi alla nuova foggia d'un'eloquenza artificiata che non avea scopo nè sugo, valeva dire alle declamazioni. (vol. I, p. 482)
  • Quanto ad Asinio Pollione ei si dava l'aria del soprastante, massime col suo criticismo; e il suo colore d'opposizione politica faceva sì che nessuno fra i membri degli altri circoli, tranne qualcuno dei meno ligi, qual era Orazio, s'arrischiava d'immischiarsi con lui. (vol. I, p. 487)
  • Domizio Afro di Nimes [...] sostenne alti uffici sotto Tiberio e Caligola e Nerone ed erasi innanzi esercitato nel foro, miglior dicitore che uomo, sebbene anche la fama di buon dicitore lo abbandonò prima della vita. (vol. II, p. 23)
  • In parte sotto Tiberio e in parte sotto i suoi successori, Fedro di Pieria, liberto, pubblicò cinque libri di favole esopiche in ben costrutti senarii giambici. Alle favole propriamente dette sono frammischiati anche aneddoti di cose avvenute allora o non molto prima. Le varie persecuzioni ch'ebbe a soffrire l'autore, lo fanno qua e là prorompere in isfoghi di risentimento. Lo stile è scorrevole, negli ultimi libri spesso anche prolisso; il tuono sereno, talvolta risentito; la lingua corretta, ma non senza tracce del tempo. Del resto questa raccolta non ci venne intera. (vol. II, p. 50)
  • Seneca è il soggetto più notevole di questo tempo. Nel brio e nell'agilità della forma non ha chi gli somigli, fuori da Ovidio: ma Seneca ebbe ad un tempo un sentimento vivo di queste sue qualità; e tanta n'era la forza, che ad ogni occasione che gli si fosse offerta, non sapea tenersi dal darne mostra, né gli balenava concettino in mente ch'ei nol cogliesse. Tuttavia solo di rado può dirsi ch'egli abbia fatto un uso biasimevole delle sue grandi doti e dell'alta sua condizione; e se la sua vita mostra sovente una sapienza abbassata al grado di prudenza, la sua morte per altro ha l'impronta d'una rinunzia deliberata ai beni di questa vita. (vol. II, p. 61)
  • Anche nella qualità di scrittore, Seneca è una fedele imagine del suo tempo, che stimava più lo splendore che la profondità. Scrisse a quel modo per intima persuasione della sua bontà, e si giocò per questo l'approvazione dell'età seguente. (vol. II, p. 63)

Note[modifica]

  1. Nel testo "sepravissuti"

Bibliografia[modifica]

  • G. S. Teuffel, Storia della letteratura romana, prima traduzione dal tedesco dell'abate prof. Domenico Favaretti, vol. I, Stabilimento di P. Prosperini, Padova, 1873.
  • G. S. Teuffel, Storia della letteratura romana, prima traduzione dal tedesco dell'abate prof. Domenico Favaretti, vol. II, Stabilimento di P. Prosperini, Padova, 1873.

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