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Willi Münzenberg

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Willi Münzenberg nel 1936

Wilhelm "Willi" Münzenberg(1889 – 1940), politico tedesco, dirigente del Partito Comunista di Germania all'epoca della Repubblica di Weimar.

Citazioni su Wilhelm "Willi" Münzenberg

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  • Bolscevico d'intensa fede rivoluzionaria, Münzenberg più che un teorico è un uomo dell'agit-prop[1]. Non ha il gusto dei dibattiti e delle mozioni in cui s'affrontano i dirigenti del partito e perciò è lontano dalle battaglie d'apparato, diverso dagli altri, in quanto estroverso, interamente rivolto al proselitismo e alla propaganda. Se fosse stato americano avrebbe fatto carriera alla Hearst. Essendo tedesco, proletario, militante rivoluzionario, serve la causa bolscevica con lo stesso talento che nel mondo borghese l'avrebbe reso ricco e influente.
  • Sino al 1937 è stato un fedele esecutore, come un qualsiasi altro militante del vasto gesuitismo burocratico di Mosca. Ma la storia gli ha assegnato un ruolo su misura; all'epoca della svolta antifascista è stato quasi un ministro clandestino della propaganda del Comintern nel mondo e prima di tutto in Europa occidentale: una funzione adatta al suo modernissimo talento per la pubblicità politica e la manipolazione di immagini e parole.
  • Vagamente sospetto agli apparatčiki[2] di Mosca, detestato soprattutto dal gruppo tedesco (composto dai futuri capi della Germania dell'Est), visse solo pochi anni felici a Parigi, tra il 1934 e il 1937, al tempo del Fronte popolare. Convocato a Mosca nel 1937, nel periodo buio del grande terrore, si mostrò esitante, cadde malato e alla fine restò in Francia, contentandosi di scrivere una lettera a Stalin. Nel 1939 era ormai senza patria: la Germania e l'Unione Sovietica volevano la sua testa. I francesi lo internarono in un campo come tedesco. Nel giugno 1940, quando evase per sfuggire a Hitler, si ha ragione di credere, sebbene non esistano prove, che venne assassinato da un agente della GPU[3].
  • Definito da Trockij «il più infame degli agenti di Stalin», proprio in lotta con Stalin si sarebbero svolti gli ultimi anni della sua vita, privato di tutte le cariche, espulso dalle organizzazioni che aveva contribuito a creare, calunniato e diffamato con quella tecnica della disinformazione che egli stesso aveva contribuito a rendere un'arma micidiale. Sì, perché è a Münzenberg e al suo insegnamento che noi dobbiamo la strategia dell'attenzione e dell'arruolamento degli intellettuali, la manipolazione dei mezzi di informazione, la creazione degli organismi nominalmente indipendenti, di fatto guidati dagli apparati di partito... È lui il teorizzatore dei «compagni di strada», degli «utili idioti», delle marce pacifiste a senso unico, dei «documenti di solidarietà», dei tribunali internazionali, degli «appelli», tutto l'armamentario di sigle, comportamenti, riflessi condizionati che ancor oggi vediamo rispuntare dietro i fatti più diversi.
  • La grande stagione di Münzenberg coincise con l'epoca dei «Fronti popolari», strategia che del resto egli aveva perseguito fin da quando il termine socialista era per l'Internazionale Comunista ancora sinonimo di traditore o, peggio, di fascista.
  • Il 14 luglio del 1937 Münzenberg, che vede la sua organizzazione sfaldarsi, amici e parenti arrestati, lui stesso sottoposto a inchieste, biasimato ufficialmente e privato di alcuni incarichi, decide di rivolgersi direttamente a Stalin, procedura inusuale, una sorta di extrema ratio. Ribadisce la «fiducia assoluta e illimitata» nei suoi confronti, fa atto di sottomissione, ma insiste nel difendere le sue posizioni politiche. I mesi che seguono sono un tiramolla terribile. «Vieni a Mosca a spiegarti», è il leitmotiv che arriva dal Komintern. «Sento dire che se venissi a Mosca sarebbe per essere fucilato», è la risposta. Chiede una commissione d'inchiesta, ricorda il suo passato, insiste sulla sua fedeltà. Nel marzo del '30, il terzo processo di Mosca chiude l'epoca delle «purghe». [...] Nel gennaio dell'anno dopo si dimette dal partito, precedendo l'espulsione; in agosto è ratificato il patto russo-tedesco di non aggressione. Münzenberg va allo scoperto con una serie di articoli «Tu Stalin sei il traditore», termina il primo di essi. È l'amara conclusione di un'avventura politica e intellettuale prestigiosa e incredibile. Ci vorrà ancora un anno prima che la longa manus di Stalin ponga termine anche a una vita senza pari.
  • Lo trovarono ai piedi di una quercia, in terra di Francia, il 17 ottobre del 1940. Era sdraiato sul dorso, le gambe ripiegate, il braccio sinistro lungo il fianco, il destro sul petto. Del volto erano rimaste solo le ossa, il corpo era in avanzato stato di putrefazione, il tanfo orribile. Nelle tasche, oltre i documenti, un paio di occhiali e una protesi dentaria. Annodati intorno al collo c'erano trenta centimetri di spago; da un ramo, a oltre tre metri dal suolo, ne penzolava un altro metro. Il medico legale chiamato a constatare il decesso fu sbrigativo: «Morte dovuta a suicidio per impiccagione». Nel suo rapporto non c'è alcuna indicazione di una indagine, sia pur minima, per verificare la fondatezza di tale referto.

Note

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  1. Da "agitazione e propaganda", in riferimento al Dipartimento per l'agitazione e la propaganda del Partito comunista dell'Unione Sovietica.
  2. Termine colloquiale russo per indicare un funzionario del Partito comunista o del governo dell'Unione Sovietica.
  3. Acronimo di Gosudarstvennoe političeskoe upravlenie (Direttorato politico dello Stato), polizia segreta del regime sovietico.

Voci correlate

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