Yagan

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Femmine fuegine di etnia Yagan nel 1882

Citazioni sugli Yagan, detti anche Yamana, indigeni della Terra del Fuoco.

  • Per quanto incredibile possa sembrare, la lingua [la lingua yamana] di una delle tribù umane più derelitte, di un popolo privo di letteratura, di poesia, di canti, di storia e di scienza, può disporre, attraverso la specificità della sua struttura e delle sue esigenze, di una quantità di parole e di un'organizzazione stilistica superiori a quelle di altre tribù assai più avanzate nelle arti e negli agi della vita. (Thomas Bridges)

Daniele Del Giudice[modifica]

  • Dell'aldilà non pensavano nulla, né premi né castighi, e se qualcuno parlava loro dei morti si offendevano. Erano beffardi, imprevedibili, bugiardi. Avevano una lingua complessa e poetica, una di quelle lingue 'di situazione' o deissi; conoscevano almeno cinque parole per dire neve e per spiaggia ne avevano ancora di più perché la scelta del vocabolo dipendeva dagli stati d'animo di chi parlava o dalla sua ubicazione rispetto all'interlocutore o dalla posizione dell'interlocutore rispetto al paesaggio, se a separarli c'era terra o acqua, oppure all'orientamento geografico della spiaggia.
  • Erano il popolo più meridionale del mondo, tremila chilometri più a sud del Sudafrica, venticinque paralleli più di Buenos Aires e trenta gradi di temperatura in meno. Tenevano i fuochi accesi anche nelle canoe.
  • FitzRoy riportò in Inghilterra quattro di loro con la lodevole intenzione di indurli a una vita migliore e più felice: un giovane che fu battezzato Boat Memory, "Ricordo della Nave", un altro chiamato York Minster, "Monastero di York", il nome di un'isola vicina a Capo Horn, una bambina di nove anni, Fuegia Basket dunque "Cesta Fuegina", e infine Jemmy Button perché dicono che l'avesse pagato a suo padre un bottone. Ma è un racconto ridicolo, nessun indio avrebbe venduto suo figlio nemmeno per l'intero Beagle con tutto il carico che aveva a bordo; almeno scrisse così Lucas Bridges nel suo El Ùltimo Confín de la Tierra, osservando semplicemente che quando gli uomini bianchi battezzano gli indigeni amano scegliere i nomi più fantasiosi.
  • Gli ultimi individui di questa popolazione, un tempo numerosa, industriosa e potente, sono quasi tutti concentrati attorno alle missioni evangeliche di Ushuaia e Tekenika, se non altro al sicuro dalla fame. Qualche viaggiatore li ha fatti passare per antropofagi; ed è vero che dopo ininterrotti giorni di burrasca, impossibilitati a procurarsi qualsivoglia alimento, spinti dalla fame, si vedono costretti a sacrificare uno di loro per la salvezza della loro tribù.
  • Gli Yagan devono questo nome a Thomas Bridges che lo derivò da Yaganashaga, il canale tra l'isola di Navarino e quella di Hoste, al centro delle terre che essi popolano. Tra di loro si definiscono "Yamana" che significa "essere umano", e sotto questo nome si credono i soli esseri dotati di ragione. È questa un'idea comune a ogni selvaggio.
  • Gli Yagan, presso i quali si possono osservare gli stessi caratteri fisici degli Alakaluf, sono meno sudici; anch'essi vivono di pesca ma vanno a caccia di uccelli adoperando fionde che manovrano abilmente, e anche a caccia di foche, con arpioni in legno dalle punte d'ossa di balena.
  • Non seguono il costume del tatuaggio ma in cambio si dipingono il viso di bianco o di rosso. In altri tempi il loro abbigliamento consistette in una pelle di foca gettata sulle spalle; oggi vestono gli avanzi europei, spesso provenienti dagli ospedali delle grandi città, come essi stessi ci dissero.

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