Troia

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Fortificazioni della città di Troia

Citazioni su Troia o Ilio.

Citazioni[modifica]

  • Così, ricordando quei lutti, resistevano in su la rocca; | e intorno a loro aleggiava l'affanno penoso | come se già Troia ardesse avvolta nel fuoco funesto. (Quinto Smirneo)
  • Elena di Troia... Troia... Troia: questo nome non mi è nuovo. (L'imperatore di Capri)
  • I medici prestano il giuramento di Ippocrate, il cui principio essenziale è "non nuocere ad altri". Mi chiedo: quante altre professioni possono permettersi di mettere questo scopo sopra tutti gli altri? Schliemann, riportando Troia alla luce, diede vita all'archeologia moderna, generandola nel peccato. I suoi scavi maledetti hanno straziato porte e templi fino alla profondità di quaranta livelli — tremila anni — disperdendo con indifferenza ciò che avrebbe potuto essere setacciato, decifrato, con l'unico scopo di provare un fatto che non sarebbe servito a nulla. La pazienza avrebbe rivelato la stessa verità, col tempo. (David Brin)
  • La caduta di Troia è una bella leggenda. La rovina di Cartagine (descritta da Polibio che ne fu testimonio) una vergona per la viltà di quella città commerciale. Invece l'assedio e l'incendio di Sarmizegetusa una vera tragedia, che non ha l'uguale in tutta la storia antica. (Simion Mehedinți)
  • Ma già [Giunone] contezza avea ch'era di Troia | per uscire una gente, onde vedrebbe | le sue torri superbe a terra sparse, | e de la sua ruina alzarsi in tanto, | tanto avanzar d'orgoglio e di potenza, | che ancor de l'universo imperio avrebbe: | tal de le Parche la volubil rota | girar saldo decreto. Ella, che tema | avea di ciò, non posto anco in oblio | come, a difesa de' suoi cari Argivi, | fosse a Troia acerbissima guerriera: | ripetendone i semi e le cagioni, | se ne sentia nel cor profondamente | or di Pari il giudicio or l'arroganza | d'Antigone, il concubito d'Elettra, | lo scorno d'Ebe, alfin di Ganimede | e la rapina e i non dovuti onori. (Publio Virgilio Marone, Eneide)
  • Qui giunsi dell'Egèo dai salsi bàratri, | dove, danzando, le Nerèidi volgono | il bellissimo piede: io son Posídone. | Poiché, da quando Febo ed io le pietre | levammo a fil di squadra, onde le torri | sursero, in questo suolo, a Troia intorno, | mai dal cuor mio l'amor non fu bandito | per la città dei Frigi. Essa conversa | in fumo è adesso: ché le argive cuspidi | l'hanno distrutta e saccheggiata. (Euripide)
  • Si pecca tanto fra le mura d'Ilio quanto fuori. (Quinto Orazio Flacco)

Voci correlate[modifica]

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