Alfonso La Marmora
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Alfonso Ferrero della Marmora, o Alfonso della Marmora o più comunemente Alfonso La Marmora (1804 – 1878), generale e politico italiano.
Citazioni di Alfonso La Marmora
[modifica]Io non sarei abbastanza sincero se nascondessi che a questa pubblicazione fui anche spinto da un sentimento personale, ma pur naturale e legittimo, di difendere il mio onore da varii pubblicisti oltraggiato, senza che coloro i quali avevano il dovere di giustificarmi se ne dessero il pensiero.
Se un cittadino ha il dovere di sacrificare, occorrendo, la carriera, le sostanze e la vita per il suo Re e la sua Patria, egli non può e non deve mai permettere, come già altri disse, che venga manomesso e calpestato l'onor suo.[1]
Citazioni su Alfonso La Marmora
[modifica]- Io mi permetto di credere che non fosse assolutamente necessario per l'Italia che il G.[2] La Marmora, dopo averne diretta per circa due anni la politica, ne dirigesse anche gli Eserciti: forse egli non era da tanto. E pur rendendo omaggio alla sua cavalleresca lealtà, alla sua abilità politica e diplomatica, è permesso fare alcune riserve sulla sua abilità come Generalissimo. Certamente egli si credeva in grado di dirigere una grossa guerra[3]. Fu una fatalità per noi che anche altri lo credessero. (Alberto Pollio)
- Lamarmora era un generale incapace, un politico mediocre ed inesperto, ma un uomo onesto e un devoto servitore della monarchia. (Denis Mack Smith)
- «Non si ripensa, scrive il Bonghi, ad Alfonso La Marmora senza rimorso.» Vero purtroppo e, salvo alcuni amici di lui, tutti, chi più e chi meno, in alto ed in basso, un po' di questo rimorso ce lo siamo meritati. Perduta la battaglia di Custoza[4] il disinganno fu così amaro e crudele, che quasi nessuno seppe stare in cervello. Arrecarlo a sola ingiuria di fortuna non pareva che bastasse, convenire che la colpa era di molti, di tutti forse, come il Villari osò dire, sapeva di umiliazione quasi peggiore della sconfitta. Ci buttammo dunque volentieri al rimedio della gente fiacca; cavarsi la croce di dosso e caricarne le spalle ad uno, che la porti per tutti, e quest'uno fu Alfonso La Marmora. (Ernesto Masi)
- [dopo la sconfitta nella battaglia di Custoza] si svolge la parte più profondamente drammatica della vita del La Marmora! Quest'uomo, che, pochi giorni innanzi era tutto, pochi giorni dopo è peggio che nulla. La sua popolarità è perduta e di questo facilmente si consolerebbe, perché non l'ha mai cercata. Ma se gli amici suoi e non della ventura gli rimangono fedeli, la loro stessa amorevole sollecitudine attesta il vuoto che si è fatto intorno a lui. Il Re[5] lo dimentica, i più miti lo sfuggono, i più tristi lo accusano, e di che? Nient'altro che d'aver pattuita la sconfitta... lui, Alfonso La Marmora, il vecchio soldato di Pastrengo e della Cernaia[6], il padre dell'esercito italiano, l'onore, la lealtà, la virtù in persona! In questo orrendo contrasto, a cui fu messo l'animo del Generale La Marmora, consiste il vero momento psicologico della sua biografia. Tacere, chiudersi in sé, contentarsi del testimonio della propria coscienza, disprezzare le accuse, gli accusatori e l'indifferenza ingenerosa, che tiene il sacco, aspettare giustizia dal tempo e dalla storia... È presto detto! Ma nella condizione del La Marmora a me pare supremamente umano e giusto, che quell'amarezza infinita, quella universale cospirazione d'ingiustizia e d'ingratitudine trionfino alla fine l'animo suo e lo trascinino a protestare e a difendersi. (Ernesto Masi)
Note
[modifica]- ↑ Da Un po' più di luce sugli eventi politici e militari dell'anno 1866, G. Barbera Editore, Firenze, 1873, Prefazione, pp. VII-VIII.
- ↑ Generale.
- ↑ La terza guerra d'indipendenza italiana del 1866.
- ↑ Il 24 giugno 1866, l'esercito italiano comandato da Alfonso La Marmora fu sconfitto a Custoza.
- ↑ Vittorio Emanuele II.
- ↑ Battaglie della prima guerra d'indipendenza (1848) e della guerra di Crimea (1855).
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